Relazione manoscritta di Mons. Angelo Bramini, stesa 25 anni dopo la causa sui Fatti di Ghiaie di Bonate
IL TRIBUNALE ECCLESIASTICO
Visto come procedevano gli atti della Commissione e la confusione che in essi dominava, insistetti, per dovere di coscienza, col vescovo, Bernareggi perché facesse chiudere i lavori della Commissione e costituire un Tribunale ecclesiastico che rifacesse tutto da “normam juris” e prescrivendo che si seguisse per analogia la procedura prescritta dal C.J.C. per i processi di beatificazione e canonizzazione di Servi di Dio. Finalmente il vescovo accolse la mia istanza con decreto in data 8 maggio 1947. Ma come? Ecco : il Tribunale ecclesiastico veniva costituito a lato della Commissione, con lo stesso presidente di essa, il cui cancelliere diventava anche notaio. Di nuovo si introducevano due ecclesiastici amici di don Cortesi che conoscevano i fatti dai suoi libri. In più si aggiungeva il promotore della fede, e si nominava postulatore della causa chi scrive, “Considerata l’opportunità che l’ufficio di presidente venga scelto un membro della Commissione, in modo che egli possa procedere con maggior competenza e celerità in base alle cognizioni già da lui acquisite....” ( vedi testo del decreto allegato) Che dire ? una beffa ! Infatti si aveva fretta, cosa inusitatissima in procedimenti di questo genere ! Il Tribunale iniziava i suoi lavori dopo l’8 maggio e li dichiarava esauriti il 12 giugno ! Cinque sole sedute ! Ma in pochi giorni quanti errori ! La analogia con la procedura prescritta per i processi di beatificazione e di canonizzazione dei servi di Dio che il decreto vescovile imponeva esisteva solamente solo in ordine ai processi informativi diocesani. Invece fu grossolanamente stabilita da quel tribunale con i processi apostolici (v. mia risposta ai rilievi del Can. Magoni). Di conseguenza la prescrizione del decreto vescovile di procedere “ad esami e perizie tecniche intorno alle guarigioni che si affermano ottenute in relazione alle presunte apparizioni della Madonna” fu completamente trascurata, perché - si disse - nei processi di beatificazione e canonizzazione, quando non si possano produrre miracoli scientificamente provati non si procede più oltre! Che confusione! “La fretta del Tribunale, della commissione, del Vescovo fanno pensare che si volesse salvare soltanto le apparenze per dare una vernice di legalità a decisioni maturate molto prima! Involontariamente la mente corre al processo di Gesù, che fu una finzione di legalità”. Ma non è tutto. Quando io chiesi al vescovo Bernareggi che la bambina Roncalli fosse interrogata da persona pedagogicamente preparata e competente (e indicai una figlia delle suore della Sapienza con la quale Adelaide aveva molta confidenza) e che all’interrogatorio insistessero - non veduti - un giudice e un notaio, inviai a Bergamo anche un formulario completo di interrogatorio; ma il Can. Magoni, a nome - scrisse - del Vescovo mi fece sapere che S. E. non aveva ritenuto di accogliere la mia proposta! Così la bambina decenne fu interrogata more adultorum, “davanti al Sinedrio”! (1) Le fu imposto il giuramento (cosa enormemente grave dal punto di vista giuridico per una bambina !) e si insistette da Mons. Merati, che la invitò a confidarsi con lui solo! finché la bimba, tanto indebitamente e antipedagogicamente tormentata e indispettita, affermò di aver visto “nuvole e nuvole”! Si arrivò poi all’assurdo di metterla a confronto con D. Cortesi, proprio colui che l’aveva suggestionata psichicamente e moralmente e anche materialmente condotta alla prima negazione! E il tribunale ecclesiastico credette di poter chiudere i suoi lavori e di rimandare tutto alla Commissione. Quanta saggezza e serietà! A meno che il Diritto Canonico vigente a Bergamo fosse diverso da quello vigente in tutta la Chiesa... In base a tutto questo venne il decreto Bernareggi del “non consta” e la odiosa prescrizione di rimuovere tutti gli ex voto accumulati nella Cappella del Torchio. Persino una statua della Madonna di Lourdes recatavi dai fedeli! Sembra incredibile, ma purtroppo è vero. Giunte le cose a questo punto, chiesi il consiglio illuminato dell’Emmo Ildefonso Schuster (che per suo desiderio era sempre stato tenuto da me al corrente di tutto) sul da farsi. Il suo consiglio fu esplicito: “se l’opera sua è tanto contrastata è meglio dimettersi dall’ufficio che le è stato conferito”. Raccolsi allora tutta la voluminosa e copiosissima documentazione da me raccolta in quasi tre anni di lavoro e la inviai alla Curia Vescovile di Bergamo rassegnando le mie dimissioni da postulatore della causa. Così venivo a scindere ogni mia responsabilità dalla Commissione e dal così detto Tribunale. Di tutta la documentazione però, ne tenni presso di me una copia completa, dalla quale ho potuto attingere copiosamente quanto ho raccolto in questa pubblicazione. Il “cupo genio del male” del quale il Cortesi scrive nell’ultimo capitolo del suo terzo volume “Malinconico Epilogo”, aveva dunque trionfato sulla causa delle apparizione delle Ghiaie? Molti lo hanno creduto con lui. Ma a ragione? Invece la causa di Ghiaie, ritenuta morta e sepolta per sempre, dopo venticinque anni, è ora più viva che mai. Nessun cupo genio del male può trionfare quando “entra in campo la Signora”.
(1) Si legga: D. Argentieri – La Fonte sigillata – pag. 56
========================================================================================== Fonti: - Archivio privato. - Archivio Mons. Bramini - Curia vescovile di Lodi
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