Autore:  Alberto Lombardoni Data documento:  26/12/2003
Titolo:  FACCIAMO IL PUNTO SUI FATTI DI GHIAIE DI BONATE

 FACCIAMO IL PUNTO SUI FATTI DI GHIAIE DI BONATE

Elenco aggiornato al 15 luglio 2003

Pubblicato sulla rivista SENAPA, in tre puntate (N. 4, 5 e 6 dell'anno 2003)

In questi ultimi tre anni, molti passi avanti sono stati fatti verso la verità. Molti archivi si sono aperti, molte persone hanno portato la loro preziosa testimonianza ed hanno finalmente reso pubblici i documenti che custodivano gelosamente da decenni.

Molto interessante è stata la scoperta della bozza della lettera che Adelaide ha scritto a Papa Giovanni, il 13 maggio 1960. Una lettera drammatica, inedita, in cui la veggente svelava al Pontefice il suo grande dolore per non aver, da bambina, abbastanza difeso le apparizioni. Una lettera importante che chiarisce alcuni punti rimasti insoluti per tanti anni. Mons. Capovilla, Segretario di Papa Giovanni XXIII, ha recentemente confermato che Adelaide Roncalli aveva effettivamente scritto al Papa il 13 maggio 1960 e che lettera fu consegnata personalmente dal Card. Gustavo Testa.

Sono state fatte minuziose ricerche in Italia e all’estero e sono stati consultati migliaia di documenti di cui molti inediti che evidenziano una storia piena di soprusi e di irregolarità, una storia dai risvolti drammatici come risulta dai fatti documentati di seguito sinteticamente riportati in modo cronologico.

1) Ci sono prove concrete ed affidabili che Lucia di Fatima, in un incontro segreto col Papa, predisse a Pio XII nel febbraio 1944, l'imminente apparizione della Madonna ad una bambina in Italia. Adelaide incontrò in seguito Lucia di Fatima a Roma (Fonte: Testimonianze riportate su Senapa, n. 5, anno 2002).

2) Il 31 maggio 1944, qualcuno osò persino, dalla Curia di Bergamo, invitare la Madonna a non comparire mai più alla bambina (il fatto è riferito proprio da Don Cortesi nei suoi primi due libri sui Fatti di Ghiaie “Le visioni della piccola Adelaide”, pag. 32, “Storia dei fatti di Ghiaie” pag. 170).

3) Il parroco di Ghiaie Don Cesare Vitali e il curato Don Italo Duci, nel 1944, raccolsero le testimonianze di circa 300 guarigioni di cui ottanta furono scelte minuziosamente e documentate, ma l'imponente dossier non venne mai esaminato dalla Curia di Bergamo. Anche il Card. Ottaviani ne sconsigliò l’esame, visto che le apparizioni non risultavano sufficientemente provate. I diari dei sacerdoti di Ghiaie parlano chiaramente delle molte guarigioni avvenute sul luogo (in particolare il diario di Don Italo Duci). Risulta inoltre da più documenti che una commissione medica visitava quotidianamente, a Ghiaie, le persone miracolate durante le apparizioni e durante i giorni successivi.

4) Malgrado il divieto del Vescovo Bernareggi, molti sacerdoti si recarono a pregare a Ghiaie quei giorni. Il filmato storico del sig. Vittorio Villa e le fotografie dell'epoca mostrano senza equivoci decine e decine di sacerdoti davanti al recinto durante gli ultimi giorni delle apparizioni. Don Italo Duci, curato di Ghiaie nel 1944, scrisse nel suo diario che il 12 luglio ne contò un migliaio. Anche Mons. Bernareggi si recò più volte sul luogo delle Apparizioni per vedere l’avanzamento dei lavori di costruzione della “Cappelletta” (ci sono molte fotografie che documentano quei momenti). Vi si recò anche Mons. Piazzi, nel mese di novembre 1959, come testimoniano Don Italo Duci e lo studioso Achille Ballini in un loro resoconto di quella visita.

5) Nel decreto vescovile del 14 giugno 1944, al n. 5, si parla di “organi d’inchiesta già debitamente costituiti” mentre la commissione d’inchiesta sarà costituita soltanto più tardi, il 28 ottobre 1944. Sempre al n. 5 del suddetto decreto si dice anche che nessuno può e deve fare indagini sulle apparizioni e intanto Don Cortesi, irrispettoso verso il decreto del Vescovo, continuò arbitrariamente la sua inquisizione.

6) Emergono fatti raccapriccianti sulle violenze fisiche e psicologiche subite dalla bambina per mezzo di Don Cortesi e di alcune suore delle Orsoline di Gandino e della Sapienza di Bergamo (Fonti: testimonianze di Adelaide; Relazione di Suor Bernadetta e di Suor Maria Maddalena del 17/06/47; Relazione di Mons. Bramini del 02/02/47; ammissioni di Don Cortesi riportate nei suoi libri; Gente, articolo del 01/10/77). Il 5 Luglio del 1944, Adelaide venne tra l’altro sottoposta, nel convento di Gandino, dal Prof. Cazzamalli ad un’offensiva visita alle pudende (parte intima) in presenza di Don Cortesi e di altre persone, visita che non aveva nulla a che fare con le Apparizioni. Don Cortesi, cercò di convincere in vari modi la bambina a sottoporsi a quella visita che fu eseguita all’insaputa del Vescovo e dei famigliari della bimba stessa. Un fatto gravissimo. (La visita è descritta in dettaglio alle pagine 43, 44, 45, 46 del libro “La Madonna di Bonate” del Prof. Ferdinando Cazzamalli, pubblicato nel 1951.)

7) Don Cortesi eseguì nell’agosto 1944, in convento, all’insaputa del Vescovo e della famiglia Roncalli, degli esperimenti delicati che dovette poi abbandonare perché ritenuti disonesti, (lo afferma lui stesso in “Il problema delle apparizioni di Ghiaie”, pag. 23). Eseguì anche esperimenti che a Ghiaie sarebbero stati giudicati dei sacrilegi (lo afferma in “Storia dei fatti di Ghiaie”, pag. 120).

8) Don Cortesi disubbidì più volte al Vescovo e continuò a vedere, a vezzeggiare e a tormentare la bambina nel convento di Gandino, e in altri luoghi, isolandola totalmente dal mondo esterno. La terrorizzò con la paura dell’inferno e del peccato usando anche il Sacramento della Confessione, la vezzeggiò all’inverosimile e con l’inganno riuscì a farle firmare un biglietto di ritrattazione (Fonti: ammissioni di Don Cortesi riportate nei suoi libri; lettera di Adelaide a Papa Giovanni del 13/05/1960; lettera di Papa Giovanni a Mons. Battaglia, 08/07/60; numerose altre testimonianze.)

9) Il 28 ottobre 1944, il Vescovo di Bergamo, Mons. Bernareggi, istituisce una Commissione Teologica che inizierà la sua attività solo nel dicembre 1945. In questo periodo i suoi membri non si riunirono mai e lasciarono campo libero a Don Cortesi.

10) Nella sua Relazione alla Commissione Teologica, datata 2 febbraio 1947, Mons. Bramini, difensore di Adelaide, denunciò il vergognoso comportamento di Don Cortesi verso la piccola veggente: “…nessuna autorità avrebbe mai potuto approvare tutto quello che egli ha fatto nei riguardi della bambina Roncalli, quando la sottoponeva a lunghi interrogatori e ad esperimenti non sempre commendevoli, a prove di assai discutibile saggezza, prudenza e pedagogia, quando la coccolava, la abbracciava e baciava e si lasciava da lei baciare, quando la cumulava di regali anche vistosissimi, quando la visitava ad ogni ora del giorno e della sera avanzata, quando la fotografava e faceva fotografare in tutte le pose e in tutte le fogge di vestire, come fosse una diva del cinema (e di ciò fa fede il copioso, troppo copioso documentario fotografico in atti), quando la faceva visitare da questo o da quello, nonostante la disposizione dell’isolamento...”

11) È stato recentemente rinvenuto uno scritto inedito della giovane Adelaide che dichiarava quanto segue, qualche anno dopo le Apparizioni: “Certamente Don Cortesi, nel suo modo d’agire, poco serio, avrà avuto qualche santa intenzione, ma è pur vero che ripensando io al passato, non mi posso trattenere dal credere che certi gesti fatti verso di me bambina ignorante, troppo familiari ed affettuosi fossero sconvenienti ad un’anima sacerdotale.” (Fonte: foglio manoscritto di Adelaide, scoperto in un archivio privato.)

12) Si sa per certo che, il 15 settembre 1945, Don Cortesi terrorizzò la bambina prima di estorcerle il biglietto di negazione delle Apparizioni. Adelaide raccontò alla cugina Annunciata quanto segue: “Don Cortesi per farmi scrivere il biglietto mi diceva che mio papà e mia mamma erano stati messi in prigione per colpa mia; che le mie sorelle erano state portate lontano, e la casa era stata chiusa con la chiave; non c’era più nessuno. Tutto per colpa mia, perché ho detto che ho visto la Madonna. Se sempre dicevo che l’avevo vista il papà e la mamma sarebbero sempre stati in prigione, e le mie sorelle non sarebbero più venute a casa. Non avrei più visto nessuno. Dopo mi ha dato la sua penna stilografica e la carta per scrivere il biglietto”. (Fonte: Achille Ballini, “Una fosca congiura contro la storia”, pag. 115; altre testimonianze private).

13) Contravvenendo al segreto istruttorio, Don Cortesi “fece poi vedere a tanti personaggi di più o meno autorità” quel biglietto di ritrattazione del 15 settembre 1945, sottratto con l’inganno e la paura ad Adelaide Roncalli e fatto scrivere senza nessun testimone. Che valore può avere quel foglio macchiato, sbandierato da Don Cortesi ai quattro venti che risulta, dopo un esame più approfondito, essere stato manomesso (certe lettere e la data non risultano essere della grafia di Adelaide). Prima di consegnarlo nell’incartamento dell’organo giudicante, l’inquisitore lo fece anche fotografare per poterlo diffonderlo. (Fonte: “Una fosca congiura contro la storia” di A. Ballini, pag. 116). È grazie ad una di quelle copie che si può oggi studiare attentamente e riprodurre quel documento.

14) Don Cortesi, e in seguito alcune suore della Sapienza, esasperarono talmente la bambina che alla fine fu creduta indemoniata (fonte: Relazione del 17 giugno 1947 di Suor Bernadette e di Suor Maria Maddalena, suore della Sagesse). Nel giugno 1948, qualcuno interpretando quei disturbi psicologici (dovuti ai traumi delle violenze psicologiche subite) come manifestazioni di possessioni diaboliche, costrinse la piccola a subire un nuovo ed umiliante calvario sottoponendola ad un esorcismo, trasferendola in gran segreto, ad Aosta a Notre-Dame de la Guérison (Fonte: “Adelaide speranza e perdono” di G. Arnaboldi Riva, pag. 140).

15) Il Vescovo Bernareggi fu tenuto all’oscuro delle continue visite di Don Cortesi alla piccola Adelaide nel convento di Gandino. In un suo pro-memoria, la signora Carolina Finazzi Falsetti rivela una confidenza che le fece Don Belotti, ospite di quel convento nell’estate del 1944. Per non dare un dispiacere al Vescovo, Don Belotti mentì al suo superiore perché non ebbe il coraggio di dirgli la verità e cioè che Don Cortesi continuava imperturbabilmente a vedere e interrogare la bambina, malgrado il divieto assoluto del prelato di avvicinare ed interrogare la bambina. (Fonte: Pro-memoria di Carolina Finazzi Falsetti del 25/02/78).

16) Emergono chiari rapporti di amicizia e di connivenza tra Don Cortesi, l’inquisitore di Adelaide, e il capitano Langer delle SS, che abitava anche lui nel Seminario di Bergamo. Don Cortesi mantenne per alcuni anni contatti con quel personaggio. Uno studioso delle Apparizioni di Ghiaie, il maestro Luigi Stambazzi, cercò di mettersi in contatto, dopo la guerra, con il capitano Langer ma quest’ultimo non si recò, per paura, all’appuntamento concordato. Disse di rivolgersi a Don Cortesi che sapeva tutto (fonte: testimonianze scritte di Luigi Stambazzi).

17) Adelaide fu veramente in pericolo e fu spostata e nascosta in diversi luoghi. Intorno ai fatti di Bonate si era scatenata l’ostilità dei tedeschi e dei fascisti. La bambina aveva detto che la guerra sarebbe finita presto e che sarebbe accaduto qualcosa d’importante il 20 luglio. Arrivò l’ordine da Berlino di farla tacere. “C’era grande attesa per quel giorno e quando arrivò la notizia dell’attentato a Hitler, i tedeschi diventarono feroci. Il capitano nazista Langer ricevette ordini direttamente da Berlino di smentire tutto quello che la veggente diceva e, se fosse stato necessario, sequestrarla”. Ufficiali delle SS la cercarono per portarla via; si presentarono all’Italcementi di Bergamo per interrogare il Sig. Verri, persona ben informato sui fatti. Lo prelevarono e si recarono in Curia dal Vescovo. Le SS intimorirono Mons. Bernareggi che promise loro di nominare una “Commissione Ecclesiale per smentire ogni cosa”. Esiste una testimonianza dettagliata su quei fatti dell’Ing. Baroni, amico e collega all’Italcementi del Sig. Verri. (Fonti: testimonianza di Mons. V. Bonomelli; Gente, articolo del 15/10/77; dichiarazione dell’Ing. Baroni a Don Renzo del Fante del 25/07/86; nuova dichiarazione del 07/09/02, rivista Senapa, n. 6, anno 2002).

18) Presso la Curia vescovile di Bergamo esisteva già prima delle apparizioni un Tribunale ecclesiastico, con ufficiale, viceufficiale, notaio ecc.) composto da sacerdoti venerandi per età e saggezza. Perché le indagini non furono subito affidate a quel tribunale e si preferì lasciarle fare, ufficiosamente, al giovane Don Cortesi?

19) La Commissione preferì avvalorare le tesi discutibili di un medico occultista non credente, il prof. Cazzamalli, invece di sentire i pareri di illustri esperti in medicina, psichiatria e psicologia infantile. Il prof Cazzamalli, arrestato e incarcerato dalla SS, comparve improvvisamente a Ghiaie con Don Cortesi il 31 maggio 1944. I due cercarono di screditare l’apparizione tentando di convincere la bambina in preda ad una “strana” colica (dopo l’ingestione di gelati propinatile da Don Cortesi) ad abbandonare il luogo dell’apparizione. (Fonte: “Le visioni della piccola Adelaide” di Don Cortesi, pag. 175.)

20) Emerge chiaramente la lotta tra Bergamo e Milano. Padre Gemelli venne anche lui isolato perché l'affare Ghiaie doveva rimanere ad ogni costo chiuso fra le mura di Bergamo. Don Cortesi ebbe parole irriguardose verso l’illustre esperto (Fonte: “Adelaide speranza e perdono”, G. Arnaboldi Riva; contatti epistolari di Don Cortesi con Padre Gemelli e la sua assistente; “Il Problema delle Apparizioni di Ghiaie”, Don Luigi Cortesi, parte III, capitolo III).

21) Il libro di Don Cortesi “Il problema delle apparizioni di Ghiaie” è datato 15 settembre 1945. Comprende 232 pagine e 32 pagine di appendici. Visto che era già in circolazione l’8 ottobre 1945 (come indicato nel diario di Don Italo Duci, a quel tempo curato di Ghiaie) nessuno si è mai chiesto come fece Don Cortesi, con i mezzi a disposizione di allora (non c’erano i computer), a far dattiloscrivere, comporre, impaginare, controllare e correggere le bozze, stampare, rilegare, e distribuire il corposo volume in così poco tempo, e in quei tempi difficili? Ebbene Don Cortesi aveva già dato alla stampa da molti mesi i suoi scritti, almeno fino alla pagina 206, datata 31 dicembre 1944, dove dava già per scontato che l’origine delle apparizioni non era divina ma era “umana”. È lo stesso Don Cortesi a confermarci direttamente, alla pagina 207, che il suo studio era già in stampa quando emersero “gravissimi dati decisivi” e il problema “entrava nella fase risolutiva e s’avviava a grandi passi verso la catastrofe”.

22) Il valore peritale della tesi di Don Cortesi è nullo per vizio di forma, perché emise nel suo libro “Il problema delle Apparizioni di Ghiaie”, S.E.S.A. 1945, delle disquisizioni di natura medico-psichiatrica, con sentenze personali di diagnostica clinica e semeiologica, con chiari riferimenti di biotipologia nei confronti di Adelaide e dei suoi familiari e congiunti, senza averne i titoli accademici necessari. Emise dei giudizi personali pesanti di natura medico-psichiatrica pubblicandoli, avendo così l’impudenza di anticipare di alcuni anni le conclusioni del Tribunale Ecclesiastico e della Commissione, scavalcando quei due organi giudicanti e il suo Vescovo.
I giudici che avevano in mano il libro di Don Cortesi, lo usarono per gli interrogatori. Infatti nel verbale della prima seduta del Tribunale si legge “Mons. Cavadini legge a pag. 229 del vol. III° di Don Cortesi…”. Alla fine il Tribunale confermò la tesi, i giudizi e le conclusioni di un prete laureato in Filosofia e non in campo medico perché consta che, a quei tempi, Don Luigi Cortesi non avesse conseguito nessun dottorato in medicina e chirurgia, in psichiatria o in psicologia, e non fosse abilitato o tanto meno specializzato in quelle materie (Fonti: “Il pungolo su Bonate” n. 2, aprile 78, pagine 12, 13; Verbale delle sedute del Tribunale diocesano).

23) Mons. Bramini nella sua Relazione alla Commissione del 02/02/1947 denunciò le seguenti irregolarità:
a) Commissari decisero di adottare il libro di Don Cortesi come base dei lavori.
b) Nessun membro della Commissione non emise mai nelle mani del Vescovo il giuramento prescritto dal Codice di Diritto Canonico per tutti gli atti ecclesiastici di una certa rilevanza.
c) Gli interrogatori furono condotti in modo disordinato, ora dall’uno ora dall’altro dei commissari senza alcun formulario.
d) I Commissari trascurarono il voluminoso materiale depositato in Curia proveniente dal lavoro della Commissione Locale costituita al tempo delle apparizioni presso la parrocchia di Ghiaie.
c) La quasi totalità dei membri della Commissione appartenevano allo stesso cerchio relazionale, intellettuale e affettivo di Don Cortesi.
d) I Commissari evitarono di studiare la veridicità storica dei fatti e non nominarono esperti e periti qualificati per questo lavoro.
e) I Commissari si rifiutarono di verificare i numerosissimi casi di guarigioni miracolose concedendo ampi poteri ad un medico occultista, il prof. Cazzamalli, che, il 5 luglio 1944, col favore di don Cortesi, nel convento delle Orsoline dove la bimba era stata reclusa, aveva compiuto su di lei una visita completa, fino alle pudende.
f) I Commissari non hanno voluto considerare seriamente la possibilità di una estorsione violenta della confessione da parte di don Cortesi.
g) Lo stesso Vescovo è stato costretto a consultare “solamente i membri della Commissione residenti a Bergamo.

24) Il difensore, Mons. Bramini, nel febbraio 1947, dopo poco più di un anno dalla sua nomina, chiese ufficialmente al Vescovo la soppressione della Commissione e l’apertura di un Tribunale Ecclesiastico che effettui un corretto esame delle apparizioni secondo la procedura canonica per i processi ordinari di beatificazione dei servi di Dio. La sua proposta trovò subito il Vescovo del tutto consenziente. Purtroppo però, con suo grande stupore, nel documento di istituzione del Tribunale, la Commissione non venne soppressa, ma tenuta in vita e, addirittura, con “maggiore libertà di iniziativa”; anzi: il Tribunale fu istituito addirittura come strumento minore, “a lato della Commissione”, la quale venne confermata con un ruolo primario e decisivo, superiore a quello del Tribunale, che alla stessa Commissione doveva riferire le proprie conclusioni. Oltretutto due membri della Commissione furono trasferiti direttamente dalla Commissione al Tribunale.
Mons. Bramini fu escluso dal processo, assieme a Mons. Figini di Milano e Mons. Tomasoni di Brescia. Il processo doveva essere un processo di soli Bergamaschi.

25) Mons. Bernareggi aveva costituito, con decreto dell’8 maggio 1947, un Tribunale “il quale abbia a procedere agli interrogatori ed agli esami necessari, secondo le norme procedurali sia comuni sia proprie delle cause di beatificazione” nominando, al punto 1/d del decreto, Mons. Angelo Bramini di Lodi, esperto di diritto canonico, “postulatore e avvocato per le apparizioni”.

Violando l’articolo 1648 del diritto canonico, il Tribunale contravvenne alle disposizioni del decreto del Vescovo. Mons. Bramini fu escluso dal dibattimento e quindi la difesa non fu mai sentita durante il procedimento, un fatto di inaudita gravità. Il Tribunale non fece giungere al difensore, nel maggio 1947, la convocazione alla prima seduta del Tribunale, negando così alla bambina qualsiasi assistenza legale durante il suo interrogatorio. La prima seduta non fu sospesa per assenza della difesa e Adelaide fu interrogata da sola, fu fatta giurare e dovette persino, nella quarta seduta, firmare la sua deposizione, anche se minorenne. Molti esperti in diritto canonico sono concordi nell’affermare che il processo è da ritenersi completamente invalidato. (Fonte: Decreto dell08/05/47 del Vescovo; Verbale delle sedute del Tribunale diocesano.)

26) Alla prima seduta del Tribunale, il 21 maggio 1947, svolta presso la casa del Noviziato delle Suore della Sapienza erano presenti soltanto cinque giudici (Can. P. Merati, Sac. C. Patelli, Sac. B. Carrara, Can. V. Cavadini, Sac. G. B. Magoni). Mons. Bramini, il difensore delle Apparizioni non era presente. Nessuno sospese la seduta e si procedette con il giuramento di una bambina di solo dieci anni, minorenne. Adelaide venne interrogata direttamente, da sola davanti ai giudici e senza il sostegno di un difensore. Venne steso un verbale della seduta, tra l’altro molto impreciso perché non furono verbalizzate le domande poste dai giudici, ma solo le risposte. Si procedette con molta superficialità perché, delle 13 apparizione, venne esaminata soltanto la prima. Adelaide denunciò i maltrattamenti che subì in collegio, ma il Tribunale passò oltre senza ordinare un supplemento d’inchiesta. Adelaide raccontò anche come le fu fatto scrivere il biglietto di ritrattazione: “Questi fogli li ho scritti in una stanza delle Orsoline in città Bassa; c’era presente appena Don Cortesi. Lo scritto me lo ha dettato lui. Mi dettava come in classe e io scrivevo. Io capivo le parole e le scrivevo… me le ha dettate lui: io non sapevo come scrivere. Io gli dicevo le cose in bergamasco e lui mi dettava in italiano quello che gli dicevo: ma ha messo bene in italiano”. Poi, venne commessa un’altra grave irregolarità perché, dopo aver fatto uscire tutti, Mons. Merati interrogò la bambina da sola, senza alcun testimone, assumendo sia la funzione di giudice Presidente, sia la funzione incompatibile di testimone quando riferì e fece verbalizzare quanto Adelaide gli riferì personalmente. (Fonte: Verbale della prima seduta del Tribunale diocesano.)

27) La seconda seduta del tribunale si svolse il 23 maggio 1947 ancora presso la casa delle Figlie della Sapienza. Iniziò alle 16.20. Secondo il verbale erano “Presenti tutti i membri del Tribunale” ma sembra invece che Mons. Bramini non fosse presente visto che nel verbale della Terza seduta è scritto che gli “si danno a leggere i verbali delle precedenti sedute”.
Alle 16.30, entrò Suor Bernadette dell’immacolata a cui era affidata la custodia di Adelaide. I giudici le posero 10 domande ma nel verbale vennero riportate solo le risposte della suora.
Alle 18.15, fu il turno di Adelaide a cui vennero poste 10 domande di cui si verbalizzò soltanto le risposte della bambina. Poi i giudici le posero anche altre domande. Regnò confusione nell’interrogatorio. Ci si soffermò su dettagli irrilevanti e si trascurò completamente di esaminare le 13 apparizioni.
(Fonte: Verbale della seconda sedute del Tribunale.)

28) La terza seduta del Tribunale si svolse in Curia, alle 9.30 del 2 giugno 1947. Vi fu molta confusione nello stendere il verbale. Infatti il notaio scrisse che erano “presenti tutti i membri del tribunale, eccetto don Carrara e Mons. Bramini, al quale si danno da leggere i verbali delle precedenti sedute. Don Carrara giunge alle ore 10.15”. Sembra invece che Mons. Bramini fosse effettivamente presente, poiché il verbale riporta che gli venne chiesto notizie di una lettera della bambina. Non vi furono interrogatori. I giudici programmarono i confronti da fare nelle prossime sedute. (Fonte: Verbale della terza seduta del Tribunale).

29) La quarta seduta si svolse di nuovo dalla Suore della Sapienza alle ore 9.30. Erano tutti presenti tranne Don Carrara che sarebbe giunto più tardi. Mons. Bramini venne rimproverato di aver “edotto di tutto un certo Mons. G. Della Coppa” che si trovava a Lodi.
Fu sentita per prima Suor Bernadetta dell’Immacolata. Poi fu il turno di Adelaide alle 10.30 a cui vennero poste 7 domande di cui si verbalizzò solo le risposte. Le vennero poste ancora altre domande. Non si parlò delle 13 apparizioni. Adelaide indifferente (aveva imparato bene la lezione da Don Cortesi) confermò ancora di aver inventato tutto e di aver visto solo “delle nuvole”.
Questa volta, le venne letta e fatta approvare la sua deposizione, e alla fine dovette anche sottoscriverla, malgrado la sua minore età.

Alle 11.05 iniziò il confronto di Don Cortesi con Adelaide. Si parlò della lettera scritta al Vescovo contenente il segreto. Poi Don Cortesi fece la genesi del biglietto di negazione del 15 settembre 1945. La versione di Don Cortesi fu che lui si era “fermato seduto sul sofà” e la bambina scriveva e a lui chiedeva semplicemente se si scriveva “con l’h o senza acca, con un –g o con due” e lui diceva. “La bambina buttava fuori espressioni tipo bergamasco” chiedendogli come si scriveva in italiano e lui rispondeva secondo le regole della buona grammatica.
Nessun cenno o commento fu fatto sul comportamento di Don Cortesi verso la bambina. Alla fine, la deposizione venne fatta firmare a Don Cortesi e anche alla bambina e la seduta venne tolta alle 12.10.
(Fonte: Verbale della quarta seduta del Tribunale)

30) La quinta seduta si svolse in Curia, il 9 giugno alle ore 10.50.
Presenti soltanto tre giudici (Merati, Patelli e Cavadini). Venne interrogato il parroco di Ghiaie, Don Cesare Vitali.
L’ultima seduta, la sesta, fu invece indetta alle ore 16 del 10 giugno 1946, nella casa del Parroco delle Ghiaie, alla presenza di tutti i membri,.
Venne interrogato per primo il curato Don Italo Duci, poi alle 17.00, la Nunziata Roncalli e infine, alle ore 18.10, Suor Celestina Algeri.

Il processo si concluse così, molto frettolosamente. Il Tribunale Ecclesiastico se ne guardò bene dal procedere ad analisi peritali alcune, non esaminò le 13 apparizioni e i fatti ad esse collegati ad esse (ascoltò soltanto da Adelaide il racconto della prima apparizione); non convocò, né interrogò i tanti miracolati e se ne guardò bene d’indagare sui 6 grandi fenomeni solari osservati da centinaia di migliaia di persone. Non ascoltò mai le tesi della difesa ed escluse Mons. Bramini dal dibattimento. Non si chiese minimamente con quale percentuale di credibilità e di attendibilità era da classificare e da recepire tutta l'opera su Ghiaie di Don Luigi Cortesi, che avrebbe dovuto essere dichiarata nulla per vizio di forma. Ed infine non diede nessun peso e non indagò sulle violenze denunciate dalla bambina durante il suo interrogatorio, avvalorando il comportamento vergognoso dell’Inquisitore e di alcune suore verso la loro piccola vittima

31) Il 12 giugno 1947, il Tribunale decise di ritenere esaurito il suo compito, dopo solo 6 sedute (5 sedute con interrogatori e 1 senza), senza aver mai ascoltato la difesa, e di rimettere gli atti dell’istruttoria alla Commissione Vescovile. Il 14 giugno, due giorni dopo la chiusura di tutti lavori del Tribunale, e un giorno dopo il decreto di spoliazione della Cappella (decreto del 13 giugno 1947), il notaio del Tribunale, Mons. Magoni, commise una grave irregolarità. “Dimenticando” che il Tribunale aveva già esaurito il suo compito, il notaio scrisse quel giorno al difensore Mons. Bramini che “Il Tribunale era ancora in attesa dei documenti richiesti”. Furono violati sotto ogni aspetto i diritti della difesa di Adelaide e delle Apparizioni e si avvalorò l’unica tesi in mano ai giudici, quella negativa preparata in anticipo da Don Luigi Cortesi. (Fonti: D. Argentieri, “La Fonte sigillata”; Documenti dell’archivio di Mons. A. Bramini).

32) Aperti il 21 maggio 1947, i lavori del Tribunale incaricato di esaminare le grandi apparizioni di Ghiaie, si chiuderanno il 12 giugno 1947 tre settimane più tardi, dopo 5 sedute con interrogatori e 1 senza. Non si capisce come fece il Tribunale a preparare quel giorno 12 tutto l’incartamento, a verbalizzare le sue conclusione e a passarle lo stesso giorno (o la notte stessa) alla Commissione che avrebbe dovuto riunirsi con regolare convocazione per esaminare il tutto, trarre le sue conclusioni e trasmetterle al Vescovo per l’esame finale. E quindi come fece il Vescovo ad esaminare tutto l’imponente “dossier Ghiaie” e ad emettere il 13 giugno, giorno successivo alla chiusura dei lavori del Tribunale, il decreto di spoliazione della Cappella?
Perché ci fu tanta fretta per chiudere quel capitolo?

33) La fretta del Tribunale, della Commissione, del Vescovo di chiudere “l’Affare Ghiaie”, fanno pensare che si volesse soltanto salvare le apparenze, per dare una vernice di legalità a decisioni maturate molto prima. Tutta quella fretta dimostra senza ombra di dubbio la predeterminazione di demolire le Apparizioni di Ghiaie e di cancellarne l’autenticità.
Fu quindi un processo farsa, irto di irregolarità e di violazioni del diritto canonico e dei diritti alla difesa di una fanciulla di 10 anni. Nessuno, quindi, poté contro interrogare e confutare le tesi precostituite di Don Cortesi adottate dai giudici.

34) Resta quindi incomprensibile come mai gli scritti di Don Cortesi furono dati nel 1945 (cioè tre anni prima dell'emissione del “non consta”) come base di studio alla Commissione Vescovile d'inchiesta, influenzandola negativamente così che il Processo Canonico celebrato nel 1947 non poteva avere che l'ineluttabile epilogo che tutti noi conosciamo visto che i giudici, come risulta dai verbali del Processo, interrogarono con in mano il III° libro di Don Cortesi. L’inquisitore era così sicuro che il suo lavoro sarebbe stato determinante per il giudizio che avrebbe emesso la Commissione, che ebbe l'impudenza di anticipare, nel suo libro “Il problema delle Apparizioni di Ghiaie”, le conclusioni della medesima e di scrivere già il 31 dicembre 1944 a pag. 206 “Tuttavia non nascondo il mio scetticismo: l’avvenire non ci recherà la convalidazione divina delle apparizioni, ma soltanto la dimostrazione della loro origine umana… la mia speranza di giorno in giorno s’illanguidisce e smuore. Anzi è già morta.”

Inoltre, il 15 settembre 1944, a pag. 230 concluse con la sentenza: “L'episodio si chiude PER SEMPRE, come uno dei più luttuosi che la storia umana registri”. Che titoli aveva Don Cortesi per chiudere con quell’allucinante affermazione, senza nessuna possibilità di appello, senza il minimo dubbio una così grande storia di un popolo in cerca di speranza e di pace? Nessun titolo!

35) Non risulta, secondo i documenti consultati fino ad oggi, che Don Luigi Cortesi avesse ricevuto un incarico scritto ufficiale di preparare “qualcosa come un’istruttoria e che venne stampata in un numero assai limitato di copie, distribuite, sotto grave obbligo di segreto, ai membri della Commissione teologica e ai vari periti chiamati ad interloquire” perché il libro “Il problema delle Apparizioni di Ghiaie”, già dall’8 ottobre 1945, circolava nella cerchia degli amici e conoscenti di Don Cortesi e in certi ambienti, e fu in seguito facilmente reperibile anche in biblioteca (Il libro è depositato e liberamente consultabile da tanti decenni alla Biblioteca civica Angelo Maj di Bergamo, a due passi dalla Curia).
Anche Mons. Masoni, nella sua lettera a Don Cesare Vitali del 20/11/1945, è molto chiaro sul libro di Don Cortesi: “Mentre vi è una commissione appositamente costituita dalla autorità diocesana, perché mai Don Cortesi si prese la libertà di diffondere il suo elaborato, a stampa clandestina pel foro ecclesiastico? Ha voluto demolire quanto prima egli stesso ha costruito, ma ciò venne a demolire sé stesso…”

36) Non furono tenuti in considerazione i sei fenomeni solari (del 20, 21 maggio, 29 e 31 maggio, del 13 giugno e del 13 luglio 1944), simili a quello di Fatima del 1917, osservati non solo a Ghiaie ma in tanti altri luoghi, e il Tribunale non indagò in merito e non convocò nessun esperto in materia. A Fatima il fenomeno fu limitato a quella fascia di territorio della Cova da Iria dove erano stipate 70.000 persone mentre a Ghiaie i fenomeni solari coinvolsero centinaia di migliaia di persone sparse su una larga area, e talvolta lontane da Ghiaie. Se i 6 fenomeni solari di Ghiaie non sono stati convincenti, si dovrebbe rimettere in discussione la veridicità delle Apparizioni di Fatima con il loro unico fenomeno solare limitato ad una piccola area.
(Fonte: Studio riportato sulla rivista Senapa, n. 2, anno 2003)

37) Gli effetti fisici riscontrati e le numerose testimonianze di persone che hanno assistito personalmente ai fenomeni solari, escludono con certezza l’ipotesi di un’allucinazione collettiva, sia quella di proiezioni di immagini mentali caratteristiche degli stati ipnotici o consimili e consentono di stabile che a Ghiaie di Bonate, come a Fatima, qualunque sia la sorgente del fenomeno, questa sorgente fu reale e fu esterna ai testimoni (Fonte: Senapa, n. 2, anno 2003).

38) Il 19 giugno 1947, Mons. Bramini di Lodi, difensore delle apparizioni, constatate tutte le gravissime illegalità commesse, decise di inviare al Card. Fumasoni-Biondi, della Sacra Congregazione “de propaganda fide”, una lettera di denuncia con preghiera di inoltrarla al SS Tribunale del Santo Ufficio presso il quale era depositata buona parte del materiale relativo alle apparizioni. Per quei gravi motivi, il 10/11/1947, Mons. Bramini decise di dimettersi dalla sua carica di difensore delle Apparizioni (Fonte: Documenti dell’archivio Mons. A. Bramini).

39) La pubblicazione del decreto del Vescovo Bernareggi “non consta” fu ritardata per non danneggiare la Democrazia Cristiana nelle elezioni politiche del 18 aprile 1948. Si barattò fede nell'apparizione contro un pugno di voti. (Fonte: “La Fonte sigillata” di D. Argentieri, pag. 70.)

40) Non solo Don Cortesi ma anche altri tramarono contro le Apparizioni di Ghiaie, come Mons. Merati che architettò il giallo della svestizione di Adelaide nel convento di Lodi.
Ci fu una congiura per far uscire Adelaide dal convento di Lodi ed impedire così l'avverarsi della seconda profezia. L'Ordine delle Sacramentine rischiò di spaccarsi in due perché molte suore si opposero al provvedimento. Alla fine, vinse la paura di ritorsioni e Adelaide fu costretta alla vestizione (Testimonianza di Madre Alipia). All'insaputa dei suoi famigliari e contro il suo volere, Adelaide fu condotta a Roma e segregata, sotto falso nome (Maria Rosa), a Palazzo Salviati. Poco tempo dopo, per fortuna, fu riconosciuta casualmente da due giovani sposi di Ghiaie, in viaggio a Roma e ospiti di quell’istituto, i quali avvisarono subito la famiglia. La sorella Vittoria, informata dell’accaduto, partì immediatamente per la capitale per cercare Adelaide, e malgrado la reticenza di alcune persone che tentarono di negare la presenza di Adelaide in quell’istituto, riuscì alla fine ad incontrare la sorella in quel palazzo. (Fonti: Pro-memoria D.G.B.; testimonianza di Vittoria Roncalli.)

41) Molti sacerdoti rimasero in contatto segreto per molti anni e cercarono di opporsi alla congiura contro Ghiaie. Molto interessanti e significativi sono i contatti epistolari tra Mons. Bramini, Don Cesare Vitali, Don Italo Duci, Don Murachelli, Mons. Piccardi ed tanti altri sacerdoti. (Fonti: Diari e lettere varie di sacerdoti.)

42) La storia della piccola Adelaide, è una storia piena di soprusi, intrighi e inganni, nella quale non secondario è stato l’apporto della Massoneria, invitata fin da quegli anni ormai lontani, dallo stesso Don Cortesi, l’inquisitore e tormentatore della bambina, ad un’alleanza con la Chiesa addirittura sulle pagine di una grande opera culturale prodotta dalla Chiesa di Bergamo: l’Enciclopedia Ecclesiastica Vallardi, voce “Massoneria” (Fonte: “Adelaide speranza e perdono” dello scrittore G. Arnaboldi Riva, pagine 140 e 152).
Tra l’altro, un piano massonico del 1947 ritrovato recentemente in un archivio privato, è molto chiaro in merito alla graduale distruzione dei valori fondamentali della Chiesa e della Famiglia. E guarda caso, poco prima, nel 1944, a Ghiaie di Bonate era proprio apparsa la Sacra Famiglia e la Madonna si era identificata come la Regina della Famiglia. (Fonte: “Piano massonico per la distruzione della Chiesa Cattolica Romana”, testo massonico del 1947.)

43) Il Card. Ottaviani, Assessore della S. Congregazione del S. Ufficio, supervisò da Roma l'Affare Ghiaie. Lo conferma Mons. Magoni, ex Cancelliere, che fu membro della Commissione e del Tribunale nel 1947, la cui relazione è riportata a pag. 423, del libro “Adriano Bernareggi - Vescovo di Bergamo 1932-1953 Studi e memorie”. Fu il Cardinale a dire che era inutile esaminare le guarigioni se le apparizioni non risultavano sufficientemente provate e fu ancora lui a suggerire, nella stesura del decreto “non consta” l’aggiunta di una clausola concernente le guarigioni verificatesi a Ghiaie.

44) I Papi non furono ben aggiornati sull'affare Ghiaie. Lo dimostra Pio XII che giunse persino a chiedere, in modo riservato, al Pittore Galizzi di Bergamo di procurargli tutti i libri pubblicati che riguardavano i fatti di Ghiaie (Fonte: lettera autografa del pittore G. B. Galizzi al Papa del 15/08/1957). Ci si chiede il perché quel grande Papa non passò tramite i canali della Curia.
Pio XII chiese durante un’udienza a Mons. Roncalli, di ritorno dalla Turchia, se avesse delle notizie fresche su Ghiaie perché il Papa non ne aveva da mesi e voleva sapere se la devozione continuava in quel luogo (Fonte: Mons. Capovilla, luglio 2002).

45) Malgrado fosse stato emesso nel 1948 il decreto “non consta”, Pio XII ricevette lo stesso, in udienza privata nel giugno 1949, la piccola veggente Adelaide (Fonte: lettera di Don Cesare Vitali, 24/06/49), che rivelò finalmente al Papa il segreto che la Madonna le aveva confidato.
Secondo Mons. Capovilla, Papa Giovanni non sapeva che Adelaide era stata ricevuta da Pio XII altrimenti l’avrebbe ricevuta senz’altro anche lui (Fonte: Mons. Capovilla, luglio 2002). Si sa anche per certo che qualcuno impedì che Adelaide incontrasse Papa Giovanni, quando la giovane si recò a Roma per l’ordinazione di Padre Candido Maffeis nel 1959 (Fonte: lettera di Adelaide a Don Duci del 10/04/59; testimonianza scritta di Elsa Bertuetti dell’11/02/1973.)

46) Alla morte del Vescovo Mons. Bernareggi, il suo testamento fu manomesso perché fu occultata la parte che riguardava le Apparizioni di Ghiaie di Bonate nella quale il Vescovo chiedeva di sottoporre il tutto al giudizio del Papa. Gli esecutori testamentari si presero la responsabilità di non inserire quella parte nella pubblicazione del testamento che giudicavano “di poco conto” (Testimonianze di Mons. Piccardi e di Mons. Berta, di Achille Ballini; lettera di R. Reich e P. Paganoni del 01/10/55 al cardinal Ottaviani; articoli di vari giornali di cui l’ultimo di “Cronache dell’Isola” dell’6/09/2002 col titolo “Anche il vescovo fu boicottato”).

47) Vennero presentati esposti e ricorsi, ma non vennero mai tenuti in considerazione e furono archiviati sia a Bergamo, sia a Milano sia in Vaticano, perché era inopportuno, anche di fronte a prove schiaccianti di irregolarità commesse, di riaprire il caso (Fonti: esposto di Mons. Bramini al Santo Ufficio; istanza dell’Associazione di ricerche storiche di Bonate ’44; ricorso del Dott. Oliviero Gulot dell’11/11/88; petizioni varie…) Sembra tra l’altro, se le nostre fonti sono attendibili, che la Curia di Bergamo inviò in Vaticano solo una parte della documentazione dell’Affare Ghiaie. Carte giudicate “di poco conto” rimasero nell’archivio di Bergamo.

48) Sembra, da voci attendibili, che Don Cortesi si sia “dichiarato pentito di quello che aveva fatto” e che abbia “anche messo per scritto il suo pentimento”. (Fonti: Testimonianze riservate; Testimonianza dell’Ing. Baroni, rivista “Senapa”, pag. 29.)

49) Si sa con certezza che Don Cortesi utilizzò una parte dei soldi dei pellegrini e precisamente: Lire 65.878 di allora per pagare la S.E.S.A. per la pubblicazione dei suoi scritti contro Ghiaie, Lire 133.085 di allora per pagare “la pensione” prigionia di Adelaide presso le Suore Orsoline di Gandino, per pagare i medici, i testimoni graziati, i viaggi e le numerose fotografie che faceva fare; in tutto il bell’ammontare dell’8,1% dell’ingente cifra raccolta quei giorni (Fonte: dichiarazione manoscritta e relazione di Don Cesare Vitali del 21/04/48.)

50) Le apparizioni di Ghiaie di Bonate del 1944, se da una parte non erano credibili per la Curia di Bergamo, dall’altra portarono un enorme flusso di danaro provvidenziale nelle casse della Parrocchia e della Curia stessa. Risulta documentato che in merito ai fatti avvenuti nel 1944, la Parrocchia di Ghiaie di Bonate ha riscosso in quel periodo entrate per Lire 2.430.440, un’ingentissima fortuna per quel tempo (Fonte: dichiarazione manoscritta e relazione di Don Cesare Vitali del 21/04/48). Altri fonti parlano invece di ingenti somme, “quattrini portati via a sacchi… un milione al giorno per tre mesi, nel 1944” (Fonte: Corriere della sera, articolo del 16/09/77; Il Pungolo su Bonate, n. 1, anno1978)
Si stima che dal 1944 ad oggi, sono entrate grosse somme di denaro, tra offerte, lasciti e proventi della Cancelleria della Cappelletta. Attualmente la costruzione dell’Oratorio di Ghiaie di Bonate è finanziata, in parte, anche con le entrate della Cappelletta. (Fonte: “Il Piano finanziario” da “Comunità Cristiana di Ghiaie”, dicembre 2001.)

51) Malgrado il caso sia “chiuso” dal decreto di Mons. Bernareggi del 1948 (è la risposta che viene data ad ogni richiesta di apertura o di chiarimento), dietro la Cappelletta esiste, da molto tempo, una piccola Cancelleria nella quale si vendono rosari, statuette, immaginette, cartoline… e libri che ricordano le Apparizioni della Sacra Famiglia alla piccola Adelaide Roncalli del 1944. Non è una contraddizione vendere quel materiale se la Curia di Bergamo non crede a quelle Apparizione e le contrasta? (Fonte: Il Giornale di Bergamo, lettera al Direttore della Sig.ra Luisa Colombo, articolo 13/05/2002)

52) In questi 60 anni, gli incarichi per indagini suppletive sui Fatti di Ghiaie di Bonate del 1944, sono sempre stati affidati a persone della cerchia di Don Cortesi, come per esempio l’incarico del 1978 a Mons. Chiodi, per un’indagine segreta suppletiva che si è risolta in un “nulla di nuovo” (e si noti bene che Mons. Chiodi, nel 1960, aveva già sconsigliato a suo tempo Papa Giovanni di riaprire il caso). Possible che Mons. Chiodi, esperto in materia, non abbia riscontrato nessun tipo d’irregolarità nelle carte processuali e nel voluminoso incartamento sui Fatti del 1944 da lui studiato? In realtà non volle vedere, perché come ha affermato in una lettera “sarebbe iniquo pensare che, nel circolo delle autorità allora e oggi interessate all’argomento, e tra le persone incaricate, anche una sola abbia agito contro la verità, di proposito, Don Cortesi compreso” (Fonte: lettera di Mons. Chiodi del 09/03/81.)

Pare impossibile che Mons. Chiodi, esperto in materia, non abbia notato le irregolarità commesse dai giudici del Tribunale quando fecero giurare ed interrogarono, senza nessun difensore, una bambina di 10 anni. (Nel verbale della prima seduta non figura segnato, tra i presenti, il difensore Mons. Bramini di Lodi, membro del Tribunale).

Pare impossibile che Mons. Chiodi non abbia rilevato, nel voluminoso e segretissimo dossier, prove delle violenze fisiche e psicologiche subite dalla bambina da parte delle Suore e da Don Cortesi (Fonti: Verbale delle sedute del Processo; affermazioni di Don Cortesi nei suoi libri; relazione delle Suore della Sapienza); non abbia notato le denunzie scritte di Mons. Bramini e di Padre Gemelli contro Don Cortesi per le sue particolari attenzioni verso la piccola Adelaide, indegne di un sacerdote. Possibile che non vi sia traccia, nell’incartamento, della vergognosa visita alle “pudende” che ha dovuto subire Adelaide, il 5 luglio 1944, in presenza di Don Cortesi che aveva voluto quella visita…
Eppure chi ebbe la fortuna di consultare, un tempo, quel fascicolo, affermò che era zeppo d’irregolarità. Purtroppo lo si potrà verificare soltanto quando la Curia metterà finalmente a disposizione del pubblico tutto l’incartamento su Ghiaie.

53) Benché qualcuno abbia tentato d’impedire la pubblicazione della lettera di Papa Giovanni dell’8 luglio 1960 indirizzata a Mons. Battaglia Vescovo di Faenza, che si riferiva ai Fatti di Ghiaie di Bonate, dicendo che l’avvocato del diavolo avrebbe avuto materia per la causa di beatificazione di Papa Giovanni, Mons. Battaglia decise di rendere pubblica quella lettera. La causa andò avanti comunque e Papa Giovanni fu beatificato anche se si era interessato dell’Affare Ghiaie e credeva a quelle Apparizioni.
(Fonti: “Il Pungolo su Bonate”; vari giornali dell’epoca.)

54) Si sa da testimonianze scritte attendibili, che si cercò di far tacere il Vescovo di Faenza, Mons. Battaglia, possessore della lettera di Papa Giovanni tentando di farlo rinchiudere, con uno stratagemma che si rivelò pericoloso, in una clinica dove sarebbe stato tenuto sotto controllo. Il tentativo per puro caso fallì. (Fonti: Il giornale “Cronache dell’Isola”, del 06/09/2002, articolo “Una storia costellata di menzogne” di G. Arnaboldi Riva; testimonianza Luigi Stambazzi; altre testimonianze scritte.)

55) Coloro che si interessarono ai Fatti di Ghiaie del 1944 e portarono avanti la causa furono perseguitati; il caso più eclatante fu quello di Achille Ballini, negli anni Cinquanta. (Fonte: “Una fosca congiura contro la storia” di Achille Ballini, capitolo 6° e 7°). Anche Don Cesare Vitali, allora parroco di Ghiaie fu pedinato e controllato (Fonte: lettera di D. C. Vitali a Don Felice Murachelli, 14/10/47) e anche Padre Candido Maffeis fu fortemente ostacolato. Altri ancora viventi, non parlano per paura di ritorsioni. (Fonti: testimonianze riservate.)

56) I Vescovi hanno sempre detto, in questi decenni, che ci volevano fatti nuovi, ragioni valide per riprendere in esame la questione…, un segno straordinario. Fatti, ce ne sono stati, ma nessuno ha voluto riaprire il caso. Ora si dice, che non ci sarà nessuna apertura per colpa dei giornalisti e degli studiosi che hanno sollevato un grosso polverone… Tutte scuse, perché non c’è nessuna volontà di rivedere le posizioni del 1948. Perché la verità è che si vuole e si deve salvare Don Cortesi e conferma ne fu data già nel lontano 1959 allo studioso Achille Ballini quando, chiamato in Curia per “finire la storia di Ghiaie”, gli dissero che la storia da lui scritta bastava per riaprire il caso ma che “occorreva salvare Don Cortesi”. Al diniego sul modo in cui lo studioso Ballini avrebbe dovuto salvarlo, gli fu detto: “Allora non andrà più avanti!” E così è stato fino ad oggi. (Fonte: lettera manoscritta di Ballini, 12/07/65)

57) I vescovi che si sono succeduti hanno sempre confermato le decisione di Mons. Bernareggi (decreto del 1948) e non hanno voluto riaprire il caso o almeno studiare attentamente l’incartamento. Mons. Gaddi promise di farlo ma probabilmente non lo fece perché dimostrò di non conoscere i casi più eclatanti di guarigioni documentate (vedasi il caso di Suor Sala) (Fonte: Lettera di D. G. B. a Mons. Gaddi del 14/03/1985 e risposta del 19/03/85). Anche Mons. Oggioni non guardò gli atti ed affermò tra l’altro ad un sacerdote: “mi fido totalmente del verdetto della Commissione composta da degnissime persone - io non ho nemmeno voluto guardare gli atti”. (Fonte: lettera di D.G.B. a Don A. Goggi del 08/08/91).

58) “Prega per il Papa e digli che faccia presto perché voglio essere premurosa per tutti in questo luogo” disse la Madonna ad Adelaide nella 13° Apparizione. Ma il Papa non ha fatto presto, non ha potuto far presto perché nessuno ufficialmente da Bergamo ha fin’ora sottoposto direttamente al giudizio personale del Papa il Caso Ghiaie e il decreto “non consta” del 30/04/1948, secondo le ultime volontà di Mons. Bernareggi che lasciò nel suo testamento spirituale un biglietto riferito proprio ai quei Fatti. Mons. Bernareggi aveva scritto: “Riguardo ai fatti delle Ghiaie, pur confermando il mio giudizio, tuttavia, per la maggior gloria di Dio e della Madonna, desidero che il mio decreto sia sottomesso al giudizio del Santo Padre”. All’apertura del testamento, alcuni canonici, assumendosene tutta la responsabilità, non ritennero di pubblicare tale volontà del vescovo. (Fonti: Testimonianze di Mons. Berta, Mons. Piccardi, Rosa Reich, e numerosi articoli di giornali)

59) Nelle terza parte del libro “Il problema delle apparizioni di Ghiaie”, stampato senza l’imprimatur, Don Cortesi scrisse pagine irriguardose ed offensive verso la piccola Adelaide, verso la sua famiglia e verso la cugina Nunziata,passibili di molte denunce.
Ma, a quei tempi, nessuno avrebbe mai osato denunziare ed intentare una causa verso un prete, perché, in quell’epoca, si aveva un rispetto elevatissimo, un grande timore e una fiducia illimitata verso la figura del sacerdote. Nel corso degli anni, le cose cambiarono e nel 1978, la famiglia di Annunciata Roncalli (Nunziata) venuta a conoscenza delle falsità contenute nel libro di Don Cortesi, prese in considerazione l’ipotesi di presentare una querela per diffamazione contro Don Luigi Cortesi. Trattandosi poi di un sacerdote, sembra che furono fatte determinate pressioni perché non si desse corso a nessun procedimento (Fonte: “Il pungolo su Bonate”, n. 2, aprile 1978).
Che sarebbe avvenuto se i fatti fossero accaduti oggi? Un giornalista ci ha confidato recentemente che la stampa avrebbe dato grande rilevanza alle violenze subite dalla bambina e gli inquisitori di Adelaide sarebbero stati “spellati vivi dai mass-media” e sarebbero andati incontro a guai seri per sequestro di persona, maltrattamenti di minorenne, violenza psicologica, falsità, …).

60) Perché si ha tanta paura di affrontare e di trattare il “Caso Ghiaie”?
Tutti dicono di conoscere bene il caso, ma pochi hanno approfondito ed hanno veramente capito la grande portata e il significato di quell’evento.
Quante volte purtroppo la stampa nazionale e la televisione si sono mosse per argomenti assai meno importanti! Ma dobbiamo dire che nel “caso Ghiaie” la stampa è venuta meno a un dovere imprescindibile, quello di informare sulla verità. Tutti chiedono materiale inedito, saggi di libri, copie di documenti e promettono interventi altolocati ma poi… si contano sulle dita coloro che veramente si danno da fare, perché?

Un giornalista ci ha dato la risposta: “l’affare Ghiaie scotta; le violenze subite da quella bambina e l’intricata vicenda possono molto colpire l’opinione pubblica. Il caso di queste apparizioni è di primissimo interesse perché riguarda la famiglia. Ghiaie avrebbe dovuto essere un grande centro di spiritualità mariana dedicato alla famiglia, forse l’unico al mondo. Purtroppo la Chiesa di Bergamo non è stata lungimirante! La posta in gioco è molto alta, è per questo che la storia è travagliata. I giornalisti sono certamente attenti al caso; tutti sono pronti allo scoop, ma nessuno vuol prendere l’iniziativa per primo e bruciarsi. Si aspetta che qualcuno faccia il grande passo. I gravi misfatti del caso Ghiaie sono noti a molti, ma manca ancora il coraggio di denunciarli e di esporsi per primi in una battaglia nazionale e mondiale che implica mettere in gioco la carriera, la credibilità, la reputazione e anche il posto di lavoro, quando la testata con cui si collabora è controllato da un certo ambiente. Infatti per certi giornali, la parola “Ghiaie” è tabù per tutti, da decenni!”

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Questo elenco non è il risultato finale delle nostre ricerche della verità. È solo una parte. Verrà aggiornato e completato con tanti altri punti che non abbiamo voluto per intanto divulgare data la loro complessità e la loro delicatezza. Basterebbero avere la volontà di esaminare alcuni di questi punti per riaprire il caso. Rimangono ancora tante cose da chiarire perché se è vero quanto è stato affermato recentemente da qualcuno che “la verità l’hanno solo loro in Curia e basta!”, vuol dire che quelle carte forse celano ancora altre irregolarità, altre verità sconcertanti.

Sono ormai sessant’anni che i fedeli delle apparizioni di Ghiaie sospirano un segno dalla Chiesa di Bergamo sperando nella Sua capacità di ravvedimento, come ha insegnato il Santo Padre Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa.
La Curia preferisce però non riconoscere la verità, non riconoscere le gravi violazioni del diritto naturale compiute da alcuni suoi membri molto tempo fa contro una bambina e contro persone povere e indifese. Pur conoscendo la verità, hanno continuamente girato le spalle allontanando le speranze che l’umanità intera possa trovare a Ghiaie quel riferimento di ecclesialità capace di far intravedere ad ognuno la vera via della riconciliazione e della pace, la via che può condurre ogni uomo ad essere famiglia con l’altro.

La storia delle Apparizioni del 1944, è una storia piena di indicibili sofferenze, è comunque provvidenziale perché ha fatto comprendere, a chi vuol vedere con cuore sincero e umile, come al centro del messaggio di Ghiaie ci sia proprio la Chiesa e la sua vera Unità.

Sono sessant’anni che i fedeli di Ghiaie aspettano dal Vescovo un gesto che farebbe grande la Chiesa di Bergamo. Perché non mettere la parola “Perdono” ed aprire quella grande fonte di luce per tutte le famiglie del mondo?

Le ricerche continuano e se il Signore vorrà, farà lui emergere tutta la verità sulle Apparizioni della Sacra Famiglia a Ghiaie di Bonate, sconfiggendo per sempre l’opera del “cupo genio del male”, chiunque sia.

Sito web:  www.madonnadelleghiaie.it E-mail:  info@madonnadelleghiaie.it
Allegato   Data inserimento:  26/12/2003