Autore:  Bergamo Sette Data documento:  10/06/2002
Titolo:  Adelaide scrisse a Papa Giovanni XXIII?

 ADELAIDE RONCALLI SCRISSE A PAPA GIOVANNI XXIII?

Recentemente, è stata messa a disposizione degli studiosi una copia della bozza manoscritta della lettera che Adelaide Roncalli avrebbe inviato a Papa Giovanni XXIII tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta. Il documento è in possesso di una devota con altri documenti e fotografie appartenuti ad una nobil donna che si era molto prodigata per Ghiaie e che aveva ospitato, nella sua casa di Bergamo Adelaide, già grandicella, per un certo periodo di tempo.

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Bozza della lettera di Adelaide Roncalli a Papa Giovanni XXIII

Beatissimo Padre, chi osa mandare questa lettera è l’ultima delle vostre figlie, che ora mai non ha, come ultimo scampo che il vostro immenso cuore di padre.
Sono Adelaide Roncalli del Torchio di Ghiaie di Bonate, quella figliola che bambina di sette anni, nel maggio 1944 vide tredici volte la Madonna, più volte però con S. Giuseppe e Gesù Bambino e da cui sentii quelle cose che scrissi e che ho ancora vive nel cuore.
Dico che ho visto perché io in coscienza sento proprio così e darei la mia vita per confermare questa mia convinzione.
Anche in quell’anno 1944 io ero certa di aver visto la Madonna, ma dopo, quando mi interrogarono i sacerdoti incaricati dal vescovo e mi fecero giurare, prima dissi di sì e poi di no, perché avevo paura di fare un grosso peccato mortale affermando di aver visto la madonna.
Durante i giorni dell’apparizione mi portarono via dalla mia casa e dai miei genitori, dalle suore Orsoline in via Masone. Là veniva solo don Cortesi e mi seguiva sempre una suora da lui scelta a vigilarmi.
Un po’ alla volta egli mi andava persuadendo che io avevo visto colla fantasia appena l’apparizione, mentre in realtà fuori dai miei occhi non c’era stato niente.
Anche don Cortesi diceva allora che aveva visto anche lui di queste visioni della Santa Famiglia, ma non si era mai sognato di dire di aver avuto delle apparizioni.
Anche tanti altri – continuava a dirmi – hanno gli stessi fenomeni di fantasia, ma se ne guardano bene di dire di aver avuto delle apparizioni..
Ero dalle suore Orsoline in via Masone, don Cortesi un po’ alla volta mi persuase che io facevo un grosso peccato mortale a dire di aver visto la Madonna perché era stata tutta una mia fantasia.
Facevo fatica ad ammettere questo, ma mi faceva tanta paura di andare all’inferno che scrissi un biglietto come voleva don Cortesi per dire che io avevo fatto una bugia a dire che avevo visto la Madonna.
Dentro nel mio cuore però io sentivo che l’avevo proprio vista e lo dicevo ancora, ma poi avevo paura di aver fatto peccato e andavo a confessarmi.
Anche quando andai in collegio dalle suore francesi in Città Alta io ero sempre in questo stato d’animo e là quando i sacerdoti incaricati dal vescovo mi fecero giurare per domandarmi se avevo visto la Madonna prima dissi di si e narrai come l’avevo vista, ma poi per paura di aver fatto peccato dissi che non l’avevo vista.
Dopo andai un po’ a casa ma poi mi portò via una signorina di Milano, per un po’, di anni, ma ho sofferto tanto allora.
Poi entrai dalle Sacramentine di Bergamo e io ero tutta contenta perché mi facevo suora come mi aveva detto la Madonna, ma facevo solo la postulante, perché monsignor Bernareggi non voleva che diventassi suora.
Quando egli morì io ero a Lavagna nella diocesi di Lodi. Monsignor Benedetti allora permise che facessi la vestizione, ma poi venne là monsignor Merati che, a nome della santa sede – diceva – mi fece svestire e ordinò di uscire dal convento.
Io non so poi il motivo perché fecero questo. Tornai nel mondo e andai a lavorare un po’ da una parte e un po’ dall’altra per vivere e aiutare i miei che dal tempo delle apparizioni vedevo solo ogni tanto. Quanto mi costò stare tanto lontano da loro, dalla mia casa, dal mio paese, sin da piccolina un po’ in mano di tutti!
A contar tutto sarebbe troppo lunga.
Anche spiritualmente non avevo mai trovato un direttore spirituale, perché poi avevo sempre paura, dopo quello che mi era capitato. Solo un po’ tardi ebbi la fortuna di confidarmi con un buon Padre e potei ritrovare la pace piena.
Il passato con tante alternative di sì e di no, di verità e di peccato era cessato. Solo mi rimase l’amaro rimorso di aver negato la Madonna e di aver così impedito il riconoscimento della Sua Apparizione.
Se in quegli anni però io non avessi avuto paura di fare peccato a dire che l’avevo vista non l’avrei certo negata a costo di qualunque sacrificio.
Ora Beatissimo Padre mi sento più sollevata per aver versato nel vostro animo un po’ della mia storia che poteva essere tutta bella ma che invece io feci brutta e che mi fece soffrire tanto in tutti i modi. Perdonatemi Padre Santo per quello che ho fatto negando la Madonna. Non l’ho proprio fatto apposta, chiedo il vostro perdono, come non mi stanco di chiederlo a Gesù e a Maria.
Voi che potete tutto, fate rivedere la storia delle apparizioni di Ghiaie di Bonate ve lo chiedo per la Madonna.
Io lo so ci farò una brutta figura; non importa. Basta che trionfi la Madonna.
Voi solo potete far questo. Forse è stata la Madonna a volervi Papa perché della terra di Bergamo, possiate rivendicare la sua apparizione nella Bergamasca.
E ancora una supplica: lasciate che quanti amano e continuano a credere alla Madonna possano andare liberamente sul luogo delle apparizioni. Sono quindici anni che la gente ci va, ma c’è anche la proibizione.
E per me Santo Padre non ci sarà un segno di misericordia e di perdono ?
Sballottata dalla mia infanzia ad ora, un po’ da ogni parte, mi sono portata nel cuore, sotto nome diverso da quello del mio battesimo, il ricordo vivo dell’Apparizione, il rimorso di averla negata e il desiderio di tornare ad essere Sacramentina. Ma non me lo hanno più permesso. Da anni sono qui infermiera al Policlinico di Milano e aspetto ancora, aspetto sempre che si compia il desiderio della Madonna su me. O sarà un’attesa vana?
Dite una parola Beatissimo Padre e tutto andrà a posto.
Ed ora mi prostro a baciarvi non uno ma i due Santi Piedi, che hanno camminato portati da un grande amore per la Madonna e chiedo per me, per la mia famiglia che ha sofferto umiliazioni e calunnie per la Madonna per quanti mi hanno voluto e mi vogliono bene unico conforto della mia vita tanto provata, ma che sono stati travolti nella mia causa e nel mio dolore, per la nostra terra di Bergamo e per il mio paesino così prediletti dalla Madonna, la vostra grande Paterna Benedizione Apostolica.

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I destinatari odierni della lettera

Amorevolmente custodita per lunghi anni in una casa di Bergamo sede di un gruppo di preghiera raccolto attorno alla Regina della Famiglia apparsa a Ghiaie, questa lettera può essere provvidenzialmente e finalmente divulgata a tutti, affinché tutti possano ascoltare direttamente dalla stessa Adelaide, in poche righe, la storia del suo doloroso martirio e l’autentica confessione della verità. Continuamente respinta dalle istituzioni religiose di Bergamo, lasciata sola, senza alcuna difesa, col suo grande tormento, dimenticata e abbandonata al “mondo”, con questa lettera Adelaide ha voluto lanciare un ultimo appello, affidando le sue ultime speranze al beato Papa Giovanni XXIII, destinatario della lettera, come “ultimo scampo”. E quale “ultimo scampo”, il prezioso documento che oggi viene pubblicato rinnova questo estremo appello di Adelaide alle autorità ecclesiastiche e al Vescovo di Bergamo, affinché possano riflettere nuovamente sul martirio sopportato da lei e finalmente rispondano alle sue domande di comprensione e di giustizia. Di fronte alla sincerità espressa da Adelaide le autorità ecclesiastiche di Bergamo e il Vescovo non possono rimanere ancora silenti. Di fronte alle sofferenze confessate in queste righe non possono non seguire l’esempio del beato Papa Giovanni, non possono non credere alla “fondatezza di quanto la veggente asserisce” e restituirle la verità.
Così come non possono non accogliere l’appello di Adelaide gli stessi giornalisti cattolici, in particolare quelli dell’Eco di Bergamo, paralizzati finora dal comando curiale di “far silenzio”, che li ridicolizza perché rivela a tutti la condizione illiberale e di grave ricatto nel quale anche loro sono costretti, dovendo obbedire a un potere dispotico, divenendo così complici moralmente di tanti comportamenti violenti e illegali.


La paura dell’Inferno

Anche se queste righe sono cariche di tale evidenza che ogni commento potrebbe sciuparne l’interezza desidero comunque aggiungere ad esse alcune riflessioni a cominciare da alcune considerazioni sulla paura dell’inferno ricordata più volte da Adelaide rammentando come don Cortesi l’abbia terrorizzata per lunghi mesi; una paura dietro la quale ognuno può facilmente vedere le ignobili violenze da lei subite e che ho raccontato nel mio libro “Adelaide , speranza e perdono”. A tal fine vorrei ricordare che, non solo don Cortesi l’ha tormentata psicologicamente con la paura dell’inferno, ma che lo stesso don Cortesi, ha terrorizzato suore e sacerdoti per imporre a tutti le sue scelte e muoverli secondo i propri progetti di inquisitore diffondendo di Adelaide un’immagine mostruosa e vergognosa: “l’anima di Adelaide è un nodo di vipere uno scrigno chiuso custodito da sette draghi!” ha scritto pubblicamente il prete bergamasco aggiungendo a questo giudizio terrificante numerosi altri connotati orribili che compongono di lei un ritratto disgustoso ricolmo di vizi e inclinazioni perverse, un’ombra paurosa, che oggi si riflette con tutta la sua terribile putredine sulla stessa curia bergamasca non avendola mai espulsa dal proprio seno, ma conservata invece sempre come propria.
Leggendo la lettera di Adelaide si può facilmente capire dunque, quanto la paura confessata da Adelaide a Papa Giovanni sia stata davvero terribile, una paura che l’ha accompagnata per molto tempo creando in lei forti turbamenti interiori. Oggi, probabilmente, non accadrebbe più un fatto simile nella Chiesa. Nessuna suora picchierebbe una bambina e nessun prete la terrorizzerebbe. Ma proprio per questo chiedo ai sacerdoti della curia che osservano una grande prudenza nel parlare dell’inferno sapendo bene come questa realtà possa essere usata strumentalmente per piegare le anime fragili, se non ritengano necessario un atto di riparazione nei confronti di Adelaide. Profittando della sua debolezza e della sua povertà, quando ancora era una bambina di sette anni, Adelaide è stata minacciata costantemente di finire all’inferno ed è stata messa sull’orlo della pazzia per essere poi costretta alla confessione sacramentale, usata come un luogo di tortura solo per demolire a tutti i costi e con qualunque mezzo le apparizioni.
C’è infine un altro paradosso, ancor più inquietante, che vorrei sia attentamente pensato, ed è questo: proprio la piccola Adelaide chiamata dalla Madonna alla preghiera e alla penitenza per salvare i peccatori dalla dannazione eterna, è stata presentata come un essere infernale impedendole, con la violenza ed il terrore, di realizzare questa preziosa vocazione voluta dal Cielo proprio in un tempo segnato dall’allontanamento di molte anime da Dio. E mi chiedo : a quale spirito obbedivano i suoi persecutori ?


La svestizione

Il secondo punto sul quale vorrei fermare l’attenzione riguarda l’episodio della svestizione forzata di Adelaide e precisare che, nel ricordare l’opposizione di monsignor Bernareggi alla sua vestizione come suora, la veggente di Ghiaie ignorava ovviamente le gravi difficoltà del Vescovo di Bergamo, pressato e condizionato da alcuni sacerdoti della curia determinati a distruggere tutto. Questi sacerdoti infatti, trasferendo l’inquisizione di don Cortesi nelle stesse istituzioni curiali, avevano processato illegalmente la piccola Adelaide per condizionare fortemente l’autorità episcopale, determinati ad annientare, oltre che le apparizioni, la volontà del vescovo e la stessa vocazione di Adelaide. La giovane, chiamata ad entrare fra le suore Sacramentine, ignorava inoltre che il Vescovo Bernareggi confidava in un cambio nella stessa curia e aveva deciso di prendere tempo. Per lui, purtroppo però, la morte giunse prima, attraverso una misteriosa malattia indecifrabile dagli stessi medici accorsi al suo capezzale. E si spense, impossibilitato dalla morte a riaprire tutta la questione delle apparizioni di Ghiaie. Tuttavia le nuove condizioni, se da un lato impedivano, mancando il vescovo, una revisione del processo, permettevano però ad Adelaide di coronare il proprio sogno : diventare finalmente suora Sacramentina. Così, trasferita da Bergamo a Lodi, circondata dalla stima e dall’affetto delle suore, poté essere vestita. Ma proprio questo atto legittimo compiuto dal vescovo di Lodi, monsignor Benedetti, suscitò l’ira e la contrarietà furiosa di alcuni sacerdoti della curia di Bergamo che ricorsero addirittura a “Roma” dove, mostrando il libro di don Cortesi, si suppone andarono a raccontare allarmati che il vescovo di Lodi aveva vestito da suora una pericolosa indemoniata presentandola nell’orribile ritratto dipinto dal suo inquisitore, don Cortesi. E poco dopo, di gran carriera giunse a Lodi, da Bergamo, munito di un misterioso ed inquietante documento prodotto con l’inganno, monsignor Merati, il presidente del Tribunale Ecclesiastico responsabile di aver condotto contro Adelaide un processo illegale, che arrogantemente pretese dal vescovo di Lodi la immediata svestizione di Adelaide e la sua espulsione dal convento. Un atto arrogante nei confronti del vescovo di un’altra diocesi, un atto intimidatorio e tracotante che provocò una vera e propria tempesta nel convento e dentro lo stesso Ordine delle suore Sacramentine, molte delle quali si ribellarono a questa imposizione totalitaria chiedendo di essere allontanate e liberate da incarichi di responsabilità manifestando così apertamente la loro solidarietà con Adelaide. Sembra addirittura che per evitare un’opposizione ancor più decisa, la giovane veggente di Ghiaie sia stata chiusa in gabinetto la notte prima di essere espulsa dal convento e trasportata, di primo mattino, forzatamente a Roma, ridotta poi a fare la cameriera in un albergo tenuto dalle stesse suore Sacramentine senza nemmeno avvertire i suoi famigliari. Per comprendere inoltre quanto gravi siano state le intimidazioni da parte della curia di Bergamo, desidero riferire una testimonianza assai inquietante, da me raccolta dalla viva voce di una religiosa, che riguarda suor Elisa Grisa, superiora delle suore Sacramentine, la quale, terrorizzata dalla minaccia di soppressione dell’Ordine, non resse all’angoscia, si chiuse in se stessa e in poco tempo morì di crepacuore.

La missione di Adelaide

Quel che è davvero paradossale, ma infondo può spiegare tanto accanimento verso le apparizioni, è proprio la missione alla quale la Madonna aveva chiamato la piccola Adelaide : una missione di unità estremamente necessaria alla Chiesa e vitale per le anime e la sorte dell’umanità in un tempo segnato da gravissimi pericoli, divisioni ovunque : nell’uomo, nelle famiglie, nelle comunità, fra le nazioni e nella stessa Chiesa, una missione di salvezza per un tempo nel quale disprezzando la Vita l’umanità ha smarrito l’amore di Dio. Una missione molto chiara offerta alla Chiesa universale per la riconciliazione dei peccatori con Dio affinché, abbandonato l’egoismo, possano entrare, figli dello stesso Padre, nell’unica comunità d’amore, nella stessa famiglia di Dio, per essere tutti “una sola cosa” nello stesso amore di Cristo.
Per questo motivo la domanda di Adelaide risuona ancora forte nella Chiesa e in primo luogo nella Chiesa di Bergamo: “Mi sono portata nel cuore il rimorso di aver negato l’apparizione e il desiderio di tornare ad essere Sacramentina. Ma non me lo hanno più permesso. Aspetto ancora, aspetto sempre che si compia il desiderio della Madonna su me, o sarà un’attesa vana ?”

Conclusione

Adelaide ha scritto a Papa Giovanni XXIII sapendo di trovare in lui un vero padre, un difensore dei piccoli e dei poveri, dei maltrattati e degli umiliati, l’uomo della giustizia e della compassione, l’immagine della bontà di Dio, l’innamorato della Madonna, il Papa di Bergamo che avrebbe potuto rivendicare l’enorme tesoro di Grazia offerto dal Cielo nel maggio del 1944 proprio alla terra bergamasca per tutta l’umanità e per tutta la Chiesa. E il Papa le ha creduto. Lo faranno i bergamaschi ? In fondo, occorre soltanto riconoscere e rinunciare ad una cultura totalitaria e violenta, ad un pericolosissimo sogno aristocratico e autoritaristico anche se prima, lo ripeto, bisogna riconoscerlo, perché svanisca insieme a tutte le ombre inquietanti di questa storia. Una storia che la Chiesa di Bergamo non può trattenere nel suo grembo immacolato se vuole presentarsi pura davanti al suo Signore e non rischiare di perdere il suo “candelabro”. Non commetta la curia di Bergamo l’errore di occultare la grande missione affidata dal Cielo alla Parrocchia di Ghiaie riducendo l’apparizione a semplice devozione popolare : equivarrebbe infatti all’ennesimo insulto alla Madonna e soprattutto alla Provvidenza. A Ghiaie deve sorgere invece un grande santuario dedicato alla Regina della Famiglia per tutta l’umanità. E’ per questo scopo che i pellegrini da sessant’anni sono venuti qui ad offrire un oceano di preghiere, un mare di sofferenze e un fiume immenso di danaro.

Giuseppe Arnaboldi Riva - 1giugno 2002, mese del Sacro Cuore.
(Articolo pubblicato da BergamoSette, venerdì 7 giugno 2002. Il paragrafo «La missione di Adelaide» è stato escluso per mancanza di spazio.)

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Allegato   Data inserimento:  10/06/2002