Autore:  Don Luigi Cortesi Data documento:  12/10/1955
Titolo:  Mi sento puro come il sole!

 MI SENTO PURO COME SOLE!
Lettera di Don Luigi Cortesi a Mons. Carrara che chiedeva informazioni sulla sofferta vicenda dei Fatti di Ghiaie di Bonate

Seminario Vescovile – Bergamo, 12.10.1955

Rev.mo e carissimo Mons.,
grazie vive e molte delle sue parole sagge affettuose. Arguisco da esse che i rumori postumi circa la faccenda delle Ghiaie sono più preoccupanti di quanto abbia finora creduto. Non riesco a rendermi conto di essere minacciato. Forse dovrò fasciarmi la testa come se fosse già rotta? Non ho letto il libro di Argentieri, né quello (annunciato e forse pubblicato) di Ballini, e non provo nemmeno il desiderio di leggerli; del resto, a me non inviano le lettere ciclostilate di Mons. Battaglia, di Pende, di Galizzi, di Casella…, che svolazzano da ogni parte come i coriandoli a carnevale.

Mi pare che io non dovrei essere preso a partito. Ma se lo fossi, non me ne curo troppo, sia perché sono certo mi sento puro come il sole, sia perché sono certo che i superiori nel modo e nel tempo più opportuno difenderanno la causa delle verità e quindi anche le persone che hanno fatto il proprio dovere. La mia persona non merita l’onore né di una difesa e nemmeno di un’accusa. D’altronde mi pacifico pensando che le accuse ingiuste sono così enorme e sciocche da essere incredibili; ad ogni modo, penso che possono ben bilanciare le lodi senza merito che raccolgo.

Per quanto concerne la causa, non credo che siano affiorati nuovi elementi non considerati dalle venerande e sagge persone che furono incaricate di esaminare la questione; l’interesse teologico della discussione mi sembra ormai liso ed esausto. Per me l’aspetto più luttuoso è l’inconcepibile intervento di Mons. Battaglia, che non fa davvero onore né alla dottrina, né alla prudenza, né alla carità che venero in lui, e l’intervento di alcuni confratelli che dimostrano di aver fondato assai male, essi maestri in Israele, quel soprannaturale cui è legato il nostro destino.

Conserverò ancora un dignitoso silenzio. Il mio vescovo pensa anche ai suoi preti. Parlo a Lei, ma mi pare di parlare a me stesso. Quando sono con Lei mi pare di essere in famiglia, attorno a un focolare, a narrare le belle fiabe antiche; e la sua mamma ci prepara il caffè col grappino. Se sapesse la sua, se sapesse la mia, ne avrebbero dispiacere, ma ci darebbero ragione. E la loro voce dolce, severa, infallibile, è la voce della coscienza.
Mi benedica.
Suo D. Cortesi

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Archivio privato
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Commento alla lettera di don Cortese da parte dello scrittore Giuseppe Arnaboldi Riva.
19/09/2002
Affermando di sentirsi “puro come il sole” don Cortesi rivela apertamente la peggiore eresia della quale un cristiano possa farsi portatore (“Se diciamo che siamo senza peccato inganniamo noi stessi e la verità non è in noi... facciamo di Lui un bugiardo e la sua parola non è in noi” afferma S. Giovanni 1 Gv. 1, 10 nella lettera ben nota a tutti). Don Cortesi, pensando alla purezza come al traguardo di un percorso di conoscenza intellettuale (gnosi), affermava di sentirsi “puro” riferendosi, appunto, al proprio intelletto che riteneva “superiore”, “puro”, e dunque fonte di giustificazione di ogni propria azione. Per questo egli ha giustificato la propria disubbidienza nei confronti della legittima Autorità Episcopale pensando legittimo ogni sopruso e ogni atto spregevole commesso nei confronti di una bambina povera, sola e del tutto indifesa. Il proprio intelletto “puro” lo ha condotto così in una via ceca, irrazionale, senza sbocco, costringendolo ad elevarsi sempre più, a dividersi atrocemente, per allontanarsi dal proprio cuore che sempre gli ha presentato davanti agli occhi la verità da lui disprezzata, quella verità che il Cielo, scendendo in basso, aveva concesso alla povera piccola bimba di Ghiaie : Adelaide.

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Allegato   Data inserimento:  12/10/1955