Autore:  Luigi Stambazzi Data documento:  31/05/2002
Titolo:  Di chi sarebbe la colpa?

 DI CHI SAREBBE LA COLPA?

Sono Luigi Stambazzi di Bonate Sopra, un vecchio devoto delle Apparizioni del 1944.
Un giorno, chiesi a mons. Pesenti, cancelliere vescovile: «Che valore ha per voi della Curia quella lettera di Papa Giovanni sulle apparizioni di Ghiaie?». Egli mi rispose: «Per noi non vale nulla, perché fu inviata al Vescovo di Faenza, mons. Battaglia, e non a quello di Bergamo». Gli risposi: «Però era sempre la lettera di un Papa bergamasco che scriveva a un vescovo bergamasco, su un argomento squisitamente bergamasco. Possibile che non valga nulla?» Egli replicò: «Io ho scartabellato tutto l’archivio della Curia e non ho trovato alcuno scritto del Papa al Vescovo Piazzi, durante il suo Pontificato, sul caso». Per cui la colpa sarebbe di Papa Giovanni, se la causa di Ghiaie non ha trovato una soluzione; dopo che tre vescovi scrissero al Papa una petizione per ottenere una revisione del processo, nel 1960.

I tre vescovi furono, oltre a mons. Giuseppe Battaglia, mons. Tarcisio Benedetti, anche lui bergamasco, vescovo di Lodi, e l’arcivescovo di Ancona, mons. Egidio Bignamini, milanese, che nel maggio 1944 era stato testimone dei fatti di Ghiaie (mons. Bignamini, mentre era Parroco a Treviglio, si era recato sul luogo delle apparizioni e aveva assistito ai fenomeni solari e alle apparizioni di quei giorni). Essi sono citati anche da mons. Capovilla nel suo libro «Giovanni XXIII – Lettere – 1958 – 1963), a pagina 218. Possibile che la Curia di Bergamo non possieda questo libro fondamentale sull’attività epistolare del nostro Papa? «I fatti di Ghiaie di Bonate commossero l’Italia nel 1944» scrive mons. Capovilla, a commento della lettera di Papa Giovanni «lo stesso metropolita lombardo, Card. Schuster, ne scrisse positivamente in una sua comunicazione pastorale. Nonostante le difficoltà di quel periodo bellico, folle numerose si recarono sul luogo delle “apparizioni”.»

L’arcivescovo Capovilla ci ha poi spiegato perché la causa di revisione del processo si arenò: Papa Giovanni chiese consiglio al Card. Alfredo Ottaviani, prefetto del S. Ufficio, il quale si oppose alla riapertura dell’istruttoria, con queste parole: «La S. Congregazione non sarebbe disponibile, per il momento, a una riapertura». Lo stesso Papa nel 1960 incaricò il suo segretario di sollecitare il parere di mons. Guglielmo Carozzi, prevosto di Seriate, condiscepolo di studi in seminario del Roncalli, il quale si oppose all’opportunità di una revisione.
Giovanni XXIII chiese la sua opinione sull’argomento anche mons. Luigi Chiodi, durante una sua visita in Vaticano, ai primi di ottobre del 1960. Lo stesso Chiodi che, nel 1978, sarà scelto dal Vescovo Oggioni per riesaminare il caso Ghiaie e diede, come allora, risposta negativa. Dunque era proprio colpa del Papa, se la causa si arenò ancora? Suvvia, siamo seri!


(Testimonianza del 20/05/2002 e pubblicata su Bergamo Sette, venerdì 31 maggio 2002)
------------------------------
Archivio Bergamo Sette
Archivio Luigi Stambazzi
Archivio privato

Sito web:  - E-mail:  -
Allegato   Data inserimento:  31/05/2002