FERVORE DI POPOLO
… Mai come in questo momento il popolo italiano ha dimostrato il bisogno di aggrapparsi a qualche cosa di grande, di luminoso, che gli ridoni la volontà di vivere; a qualche cosa di divino, insomma, che lo faccia sperare nel domani. Anche i più increduli, gli scettici più consumati, i negatori di ogni verità, di fronte al tangibile miracolo di quella folla compatta e fervorosa che quotidianamente si reca sul luogo dei fatti straordinari, rimangono colpiti e tentennanti nella loro stessa negazione. Sentono allora quanto manchi loro il conforto di una Fede, di una Fede vera e sincera necessario, dirò di più, indispensabile «pane» spirituale che aiuta a lottare per la propria esistenza. Ed è questo forse il Divino Intento: dimostrare a coloro che ancora non credono che Dio c’è, dimostrare che al disopra di noi, miserabili creature lottanti nel vizio e nell’ambizione, a noi indegni figli di quel Padre Onnipotente, una Potenza Incommensurabile veglia e guida le sorti del Mondo, regola le coscienze, e con occhio infallibile di giudice biasima od approva le nostre azioni. Quante centinaia di migliaia di persone si sono recate su quel luogo ove alla piccola Adelaide Roncalli è comparsa la madonna? Quanti cuori fedeli e sinceri hanno elevato con inusitato fervore la preghiera alla Vergine santissima? Quante e quante lacrime, di pentimento, di gioia, di riconoscenza, di commozione sono state versate su quelle zolle benedette? Oh, grandezza di Dio!, se ancora qualcuno tentenna, se ancora qualcuno nega, ebbene fa ch’egli si ravveda, fa ch’egli possa «vedere» con gli occhi dello spirito purificato la Tua infinita bontà e misericordia!…
Quando si cominciò a spargere la voce che certa Previstali Olimpia in Bosisio, di anni 35, da Paterno d’Adda, paralitica da oltre 4 anni aveva riacquistato la funzione degli arti che le permisero i primi passi, suscitò nell’animo popolare un entusiasmo oseremmo dire fantastico, se il termine non fosse divenuto comune; tant’è che da tutta la provincia non solo, ma anche dalle finitime, si ebbe una mobilitazione spirituale e ben tosto migliaia e migliaia di persone accorsero a pregare sul suolo del miracolo. Un nodo di commozione ci ha preso alla gola quando noi pure ci siamo recati alle Ghiaie di Bonate. Il treno era tanto gremito di folla che era quasi impossibile muoversi, ma tutti sopportavano questa sofferenza con gioia, poiché sapevamo che alla Ghiaie avremmo trovato conforto alle nostre momentanee tribolazioni di carattere… turistico. Eravamo tutti divorati da un’impazienza tutt’altro che empia: ognuno commentava i fatti di cui era venuto a conoscenza, traendone argomenti, illusioni, speranze, promesse, conforto nell’aiuto della Madre, che, indipendentemente da quanto è avvenuto, al solo fissare a un richiamo, ha commosso intere province, chiamando con voce dolce a sé migliaia e migliaia di figli.
Ci eravamo mossi da Seregno con un treno sovraccarico e con una pioggia insistente, viscida, che nonostante già il maggio avanzato ci penetrava nelle ossa dandoci lunghi brividi. Ma questo non dava noia a nessuno di noi, determinati a raggiungere la meta con qualsiasi tempo per dare anche noi il nostro contributo di preghiere e di amorevole devozione. I cosiddetti carri-bestiame raccoglievano ogni ceto, ogni età: gli scompartimenti riservati erano stati di buon grado ceduti ai sofferenti, ai paralitici, a coloro senza speranza, ma che il culto spingeva, nonostante le inenarrabili sofferenze, sul luogo ove era comparsa la Madonna. E sentire quei canti liturgici, mentre il treno snodava lentamente la sua lunga teoria di vagoni fra il verde dei campi; udire quell’osanna spontaneo, sincero alla madre di Gesù, ci metteva nel cuore un’incontenibile felicità, una serenità che non è dato avvertire che negli istanti di suprema grazia.
Ma pure il nostro cuore era stretto da un’angoscia senza pari nel vedere tanta miseria fisica, mentre noi siamo giovani, sani, pieni di vigoria. E in quel momento pensammo che se gli uomini invece di accanirsi l’un contro l’altro guardassero con sguardo d’amore e di pietà le miserie terrene, diverrebbero più buoni di quel che non sono. Nelle stazioni intermedie il treno era preso letteralmente d’assalto dalle popolazioni convenute dai paesi vicini; ad Usmate poi nuova folla si riversò pigiandosi, comprimendosi, negli scompartimenti: alcuni, e vi furono anche delle donne, piuttosto che rimanere a terra viaggiarono sui predellini nonostante piovesse insistentemente. Alfine a Ponte San Pietro potemmo smontare. Ci si rese allora pienamente conto dell’immensa folla che si trovava diretta alle Ghiaie: era pazzia illudersi di fare un calcolo anche approssimativo, anche perché ne arrivava continuamente sui carri, biciclette, calessi e taluni anche a piedi. Il colpo d’occhio era ammirabile e tutta quella folla convenuta a tributare il proprio Amore alla Vergine ci disse che solo gli scettici potranno forse ridere e con moto blasfemo negare quanto oggi avviene alla Ghiaie, ma una cosa è certa: che nessun avvenimento terreno, nessuna negazione potrà mai distruggere la Fede sincera degli umili nati e cresciuti nell’infinta Adorazione di Dio.
Stefano Luciani (Brani tratti da «Cronistoria dei Fatti di Bonate» finito di stampare 31 luglio 1944)
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19/07/2002 Grazie Signor Luciani per la sua lontana ma bella e commovente testimonianza. I tempi sono cambiati, tante persone sono cambiate, ma la devozione alla Madonna di Ghiaie di Bonate è rimasta intatta e grande anche se la «fonte» è ancora sigillata. Eppure, basterebbe una sola parola del nostro Vescovo per ridare luce, speranza e perdono! Preghiamo ancora. Alberto
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