Autore:  Alberto Lombardoni Data documento:  15/02/2003
Titolo:  Basta un solo miracolo degli oltre 300 censiti

 BASTA UN SOLO MIRACOLO DEGLI OLTRE TRECENTO CENSITI

(A cura di Alberto Lombardoni)

Il 24 settembre 1850, Massimino Giraud, uno dei veggenti delle apparizioni de La Salette, incontrò l'Abate Raymond che non credeva nella realtà delle apparizioni. Massimino rimase molto confuso dalle molte obiezioni del religioso e prima di andarsene gli rivolse queste parole: Ebbene, se volete mettete pure che io non abbia visto nulla... Tale frase fu naturalmente interpretata come negazione dall'abate. Il giorno dopo, Massimino incontrò il Santo Curato d'Ars. Rispose con molta reticenza alle sue domande tanto che il Curato interpretò questa reticenza come una negazione delle apparizioni.

Se, in quel periodo, il Vescovo di Grenoble mons. De Bruillard fosse stato malaccorto e avesse chiamato Massimino a deporre davanti ad un Tribunale, molto probabilmente il veggente avrebbe ribadito la sua negazione. Ma il Vescovo non commise quell'errore, perché i numerosi miracoli avvenuti sul luogo delle apparizioni lo indussero, il 19 settembre 1851, ad approvare solennemente l'autenticità dell'apparizione della Madonna a La Salette.

Anche Caterina Labouré, negò davanti all'Arcivescovo di Parigi di aver visto, nel 1830, la Madonna che le aveva rivelato la Medaglia Miracolosa, come aveva invece ripetutamente affermato al suo Confessore. Ma i fatti miracolosi avvenuti il 20 Gennaio 1842 a Roma, nella Chiesa di Sant'Andrea Delle Fratte e i molti altri miracoli dovuti alla Medaglia Miracolosa, furono ritenuti sufficienti tanto che il 3 giugno 1842, un decreto pontificio riconobbe solennemente l'autenticità dell'apparizione della Madonna a Caterina Labouré, che poi fu proclamata Beata e Santa.

Più che alle affermazioni o alle negazioni dei veggenti, furono presi in considerazione i miracoli connessi colle apparizioni.

La Curia di Bergamo, purtroppo, non seguì questa linea, e ritenne che il biglietto della ritrattazione, estorta con violenza psicologica alla piccola veggente Adelaide Roncalli dal suo inquisitore don Luigi Cortesi, e le successive ritrattazioni (accompagnate peraltro da altrettante riaffermazioni cui non fu attribuito lo stesso valore) fossero più che sufficienti ad invalidare l'autenticità delle Apparizioni avvenute nel Maggio 1944 a Ghiaie di Bonate.
L'imponente dossier delle centinaia di guarigioni, di cui un'ottantina, minuziosamente documentate, dietro consiglio del card. Ottaviani non fu mai aperto e preso in considerazione. Come furono volutamente e totalmente ignorati i numerosi fenomeni solari, verificatisi durante quelle apparizioni.

Se a Fatima, un solo fenomeno solare visto da 70.000 persone stipate in un campo e limitato a quella zona, fu sufficiente per convincere le autorità ecclesiastiche, a Ghiaie di Bonate non furono sufficienti cinque fenomeni solari accaduti in cinque giorni diversi davanti a milioni di pellegrini per convincere la Curia di Bergamo della straordinarietà e soprannaturalità dell'evento, anzi si osò persino comandare alla Madonna di non apparire più.

Si preferì credere a don Luigi Cortesi che aveva già divulgato ad amici e conoscenti, prima del processo, fotografie del biglietto con la ritrattazione estorta ad Adelaide e copie dei suoi scritti contro le Apparizioni, stampati senza imprimatur e pagati con i soldi dei pellegrini. Si sa ora con certezza che, dal 1944 al 1947, don Cortesi prelevò, in più riprese, a Ghiaie, Lire 198.963 (ingente somma per quei tempi) di cui Lire 65.878 con la causale: "Alla Soc. S.E.S.A. per stampe".

Si credette di più al parere di un medico esperto occultista e amico di don Cortesi, il prof. Cazzamalli, che al parere di Padre Gemelli, grande esperto di psicologia infantile.

Prima del processo, mons. Bramini, avvocato difensore di Adelaide, volle sentire il parere di mons. Giovanni della Cioppa, avvocato della Sacra Congregazione dei Riti a Roma. Il parere dell'Avvocato dei Riti fu inviato da mons. Bramini a Bergamo, con lettera in duplice copia, una diretta al Vescovo e un'altra diretta al Tribunale Ecclesiastico, in data 3 giugno 1947.

Ecco alcuni stralci significativi di quella lettera:

1) Egli (cioè mons. Della Cioppa) ritiene che fu un grosso errore inquisire la bambina, sia quando lo fece Don Cortesi, sia ora che lo fa il Tribunale. Per la sua età la piccola non è capace né moralmente, né giuridicamente di giurare e di deporre. Essa va lasciata in pace nel modo più assoluto.

2) Egli afferma che né la precedente negazione, né la riaffermazione, né
la nuova recentissima negazione hanno valore alcuno, e non debbono sorprendere affatto. Si sono verificati fatti consimili anche nella vita di Santi favoriti di rivelazioni indubbiamente autentiche, come per es. la Labouré per le rivelazioni della Medaglia Miracolosa.

3) È suo avviso che tutta la documentazione riguardante i fatti e la bambina debba essere archiviata per l'avvenire.

4) Le indagini da esperirsi invece debbono rivolgersi ora esclusivamente al complesso presumibilmente miracoloso collegato con i fatti di Ghiaie (guarigioni, fenomeni solari, ecc.) intorno al quale si deve fare l'esame scientifico e canonico in modo semplice e lineare dall'attuale Tribunale, ritenendo egli che l'attuale organizzazione delle indagini sia troppo complicata e superflua.

5) Basterà per es. che tra le guarigioni si riscontri qualche caso od anche uno solo veramente miracoloso, per ritenere che effettivamente nel Maggio 1944 a Ghiaie è avvenuta una manifestazione di ordine e carattere soprannaturale, senza che vi sia né la necessità né l'urgenza di precisarne i termini e la portata. Il tempo dirà tutto.

6) I fatti eventuali miracolosi potranno essere pubblicati nei loro termini precisi sopra un Bollettino allo scopo di incoraggiare la devozione alla Madonna, senza fare pronunciamenti ufficiali. Contemporaneamente si dovranno tacitamente lasciar cadere le disposizioni proibitive circa le manifestazioni di devozione sul luogo delle apparizioni, lasciando, sotto opportuna vigilanza, libero campo alla pietà del popolo, e collocando nella Cappella ivi eretta una immagine della Madonna, che potrebbe essere quella del Galizzi. Il resto lo farà la Madonna stessa.

7) Concludendo: il parere di mons. Della Cioppa è che si sospenda subito ogni attività circa l'esame dei fatti e della bambina, mettendosi invece subito al lavoro per l'esame del complesso miracoloso come si è detto sopra.
Ritiene che sia doveroso far tacere qualsiasi oppositore autorevole delle Apparizioni.

Questo parere suscitò lo sdegno e l'ira degli "autosufficienti teologi della provincia" e del notaio del Tribunale, mons. Magoni, che rimproverò ufficialmente mons. Bramini accusandolo di aver messo al corrente di tutto un estraneo che non aveva nessuna missione né ufficiale né ufficiosa di inquisire intorno ai fatti di Ghiaie...

Domenico Argentieri, autore del libro tanto discusso "La fonte sigillata", edito nel 1955, afferma, tra l'altro che il Tribunale Ecclesiastico di Bergamo non poteva accettare i saggi consigli del Prelato Romano avendo già adottato una strana teoria - che non aveva avuto esempi e non avrà imitatori - secondo la quale un miracolo sul luogo delle apparizioni, anche se avvenuto durante le apparizioni stesse, non prova minimamente l'autenticità delle apparizioni: la teoria del miracolo "premio alla fede".

Eppure sarebbe bastato leggere ed esaminare attentamente le centinaia di testimonianze documentate, i diari dei sacerdoti di Ghiaie, le dichiarazioni dei medici presenti sul luogo delle apparizioni per rendersi conto della grandiosità e della portata di quegli eventi perché le guarigioni fisiche e spirituali avvenute a Ghiaie, durante e dopo le apparizioni rappresentano un complesso miracoloso di grandi dimensioni perché mai, in breve tempo, vi furono così tante guarigioni, durante le apparizioni della Madonna. Queste guarigioni, non solo costituiscono la prova della presenza della Madonna sulla povera terra del Torchio, scesa qui a portare all'umanità sofferente la Misericordia di Dio, ma sono anche un appello alla Chiesa perché eriga in questo luogo un grande Santuario di Grazia. E poiché per descriverle tutte occorrerebbero migliaia di pagine visto che ne furono segnalate più di 300 al Parroco e al Curato di Ghiaie di quel tempo, ci limiteremo a ricordarne solo alcune.
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Bianca Nicoletti Cignolini da Udine
Quando aveva due anni e mezzo circa, venne colpita da spondilite che i medici diagnosticarono come Morbo di Pott. Questo male le distrusse l'anello vertebrale tra la IV e la V vertebra e colpì anche le due vertebre, in particolare la V. Ebbe inizio così il doloroso calvario per lei e la sua famiglia. Piano piano non camminò più; quando la mamma la metteva a terra cominciava a barcollare e finiva sempre a terra. Arrivò poi alla completa immobilità; la scienza medica di allora non riuscì a ridarle la salute, anzi un giorno decretò la triste sentenza che non c'era più nulla da fare.
Nel 1944, Bianca aveva 5 anni. I suoi sentirono dire che in un paesino della Bergamasca appariva la Madonna e che compiva tanti miracoli. Allora la sua mamma spinta da una grande fede decise di portarla in quel luogo; era sicura che dove non era arrivata la Medicina sarebbe arrivata la Scienza Divina.
Bianca era una friulana della provincia di Udine, per cui da là, la sua mamma partì con lei tra le braccia, sola, senza l'aiuto di nessuno, contrastata non poco dal marito per tante ragioni (erano poveri, mancavano i mezzi di trasporto perché si era in pieno tempo di guerra e, oltretutto, a casa c'erano altri 3 bambini da accudire).
Comunque si affidarono alla Provvidenza e tra mille peripezie ce la fecero ad arrivare alle Ghiaie; furono ospiti nella casa parrocchiale da don Vitali il parroco di allora. Il 18 luglio all'interno di quel recinto dove la Madonna nel mese di maggio apparve per 13 volte, Bianca guarì prodigiosamente ed istantaneamente. Ritornò a casa e appena i medici constatarono la sua guarigione, furono mandati subito i certificati medici alla Curia di Bergamo.
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Anna Villa in Biella da Casatenovo
Da parecchi anni la Signora Anna Villa era obbligata a portare un busto ortopedico, perché altrimenti, senza il busto, non poteva camminare, e per fare qualche passo doveva curvarsi appoggiando le mani alle ginocchia. Ma anche col busto non poteva camminare a lungo e perciò passava le sue giornate a letto o su la poltrona a sdraio. I medici avevano pronunciato una terribile diagnosi: morbo di Pott. Le radiografie mostravano che la carie aveva corroso la dodicesima vertebra dorsale e la prima vertebra lombare. Appena accertato il male (3 maggio 1939) fu ricoverata alla "Villa del Sole" di Desenzano sul Garda, dove restò nove mesi. Tornata in famiglia a Cernusco Lombardone, con un busto di gesso, vi restò per poco tempo, perché preferì ritirarsi nella casa paterna a Casatenovo, dove per circa un anno stette quasi continuamente a letto. Una nuova radiografia fatta il 23 marzo 1943 rivelò un peggioramento: la quasi totale distruzione della dodicesima vertebra e scarsi residui lenticolari della prima lombare. Allora decise di andare da Padre Pio a San Giovanni Rotondo. Il santo frate le disse: guarisci prima nell'anima e poi vedrai che guarirai anche nel corpo. Il 16 dicembre 1943 fu fatta una nuova radiografia: il cuneo residuo della dodicesima vertebra dorsale si era ancora più assottigliato. Allora le fu fatto un busto di alluminio ricoperto di celluloide, e con questo busto andò a Bonate il 28 maggio 1944, festa delle Pentecoste, giorno della Prima Comunione di Adelaide Roncalli e giorno di apparizione.
Giunse al recinto delle apparizioni alle Ghiaie verso le 8,30 e per circa nove ore attese l'arrivo della piccola veggente. Durante l'apparizione pregò continuamente. Ritiratasi la piccola Adelaide, volle sedersi sullo stesso sasso dove la bambina poggiava i piedi poco prima, e poi pensò di sdraiarvisi sopra. Sentì improvvisamente un benessere straordinario e cercò immediatamente con lo sguardo la mamma, che era rimasta sulla sedia a sdraio. Gridò: Mamma, sono guarita!
Poco dopo andò in casa di Adelaide, dove due medici, il dott. Loglio e la dott.a Maggi la visitarono e l'aiutarono a togliere il busto: poteva stare diritta e senza alcun dolore. La curiosa Adelaide prese il busto ortopedico e lo esaminò attentamente, toccandolo qua e là coi suoi ditini.
Dimmi, Adelaide, devo portarlo ancora quel busto? chiese la Villa.
Con un energico gesto del capo la bambina rispose di no. Però la Villa se lo rimise per il viaggio di ritorno e solo la sera, andando a letto, lo tolse. Lo rimise al mattino seguente, e la sera togliendolo, confessò al marito che non aveva alcun dolore alla schiena, ma il busto la faceva soffrire, ed affacciò il dubbio di avere qualche abrasione sulla pelle. Il marito, quella sera, non vide abrasioni di sorta, ma le vide nettissime al mattino seguente, tanto che disse:
Vedi, hai voluto rimettere il busto contro il parere della bambina, che ora ti ha fatto venire queste piaghe, per impedirti di rimetterlo.
Confrontando l'ubicazione delle piaghe col busto, si poté constatare che erano apparse, proprio in corrispondenza di quelle parti del busto che erano state toccate dalle dita della bambina.
Non lo rimise più. Era perfettamente guarita. Poteva alzarsi molto presto al mattino e accudire a tutte le faccende domestiche proprio come faceva prima della malattia. Una successiva gravidanza, condotta a buon termine, confermò che la guarigione era stabile e duratura.
Ma ecco la sorpresa: nell'agosto 1944 la radiografia constatò che le lesioni anatomiche persistevano nella dodicesima vertebra dorsale e nella prima lombare, con qualche peggioramento alla base della decimaprima dorsale e nel disco tra la decimaprima e la decimaseconda.
Siamo dunque di fronte a una innegabile guarigione clinica e funzionale senza la corrispondente guarigione anatomica.
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Anna Sala di Mandello Lario
La caduta accidentale in un canale di Mandello il mattino dell'11 dicembre 1940 segnò l'inizio del suo lungo e doloroso Calvario. Aveva battuto violentemente la testa ed era svenuta. Febbre, vomito, dolori al capo, difficoltà di parola, alimentazione esclusivamente liquida. Il 9 gennaio 1941 fu condotta in automobile a Bellano per una radioscopia cranica. L'esame radioscopico fatto dal prof. Lioy, accertò una frattura parcellare bozza frontale D, tavolato inferiore con infossamento della scheggia ossea.
Il gravissimo stato della salute di Anna Sala fu ampiamente documentato anche dalle perizie legali fatte fare dal Tribunale per la concessione di un indennizzo che le fu infatti liquidato il 18 febbraio 1944 nella sua abitazione, alla presenza dei signor Giuseppe Comino, rappresentante della parte colpevole che consegnò il denaro.

Il giorno 29 maggio 1944, cioè appena due giorni prima della miracolosa guarigione, il dott. Elio Volterra rilasciò il seguente certificato: La signorina Sala Anna di Carlo di anni 34 abitante a Mandello Lario, via Dante Alighieri 16, presenta tutt'ora gravi postumi cerebrali di una caduta riportata quattro anni or sono, sintomi cerebrali complicati da note di grave insufficienza miocardica.
Anna giunse, in pietosissime condizioni, alle Ghiaie di Bonate verso le 13.00 del giorno 31 maggio 1944, ultimo giorno delle apparizioni. Dall'automobile fu condotta su una sedia a sdraio verso il luogo delle apparizioni, ma a causa dell'enorme ressa i portatori si fermarono a metà strada, tra la casa di Adelaide e il recinto delle apparizioni. L'ammalata pregò fervidamente, ma si sentiva venir meno e perciò chiese a una signora di pregare per lei. Verso le 18.00, cioè proprio verso l'ora in cui solevano avvenire le apparizioni, improvvisamente si sentì invadere da uno straordinario senso di benessere: voleva alzarsi, voleva camminare, ma ebbe timore della folla immensa di circa trecentomila persone.
Alla fine dell'apparizione, verso le 20.05, con la sedia a sdraio, Anna fu ricondotta all'automobile. Disse alla mamma: Mi sento guarita, ma in mezzo a questa folla non posso provare. Si mantenne silenziosa e raccolta fino a Lecco, dove giunse verso le 22.00. Volevano portarle qualche bevanda, ma rifiutò perché ella stessa scese rapidamente dall'automobile e andò a sedersi a un tavolo del Caffè Unione, sorbendo un caffè e una bibita. A Mandello l'attendevano un centinaio di persone che rimasero sbalordite vedendola scendere da sola dall'automobile perché camminava liberamente e parlava con scioltezza. Prima di andare a letto, prese un tazza di latte e mangiò un piatto di fragole con mezzo litro di vino. Dormì tranquillamente. Al mattino seguente andò con la nonna e le sorelle a fare la Comunione nella nuova Chiesa del Sacro Cuore che ella non aveva ancora vista.
Da allora è stata in perfetta salute ed ha potuto entrare nell'ordine delle suore Concezioniste con Caterina Roncalli, la sorella di Adelaide, e partire in missione in Argentina. Che la sua guarigione sia stata miracolosa, è stato lealmente riconosciuto dal prof. Leopoldo Rossi, il quale due settimane dopo l'evento, in data 15 giugno 1944, rilasciò il seguente certificato:
Sala Anna di Carlo di anni 34 da Mandello Lario è stata da me più volte visitata nel volgere di questi anni e per lei ho steso anche una perizia per conto del Tribunale di Lecco. La paziente nel dicembre 1940 ebbe un trauma cranico che le diede moleste conseguenze immediate per quanto ci sia stata ragione di pensare ad incrinatura del tavolato osseo. Dopo qualche giorno la paziente ha cominciato ad avere cefalea e a entrare in uno stato depressivo con profonda astenia. Ricordo che quando stesi la perizia, circa due anni fa, conclusi escludendo segni di lesione organica e constatai profondo scadimento generale con vere e proprie adinamie e crisi di tachicardia non da miocardite né da ipertiroidismo. Con la depressione e la adinamia la paziente ridusse anche il cibo perché non sentiva appetito e si ridusse così in pietoso stato di condizioni generali da essere costretta a tenere sempre il letto, notevolmente smagrita e con distonia neurovegetativa. Fu allora che consigliai anche alla paziente di andare a Lourdes appena ciò sarebbe stato possibile. So che la paziente continuò a peggiorare e che non arrivava più a reggersi in piedi e mal tollerava i movimenti in letto.
Con mia sorpresa rivedo oggi l'ammalata qui nel mio studio, la trovo tonica, in buona nutrizione, che sente esserle "tornata la vita". Ciò dopo una visita a Ponte San Pietro ove si dice sia apparsa la Madonna. La ripresa della paziente è veramente miracolosa, come rapidità e completezza: è certo che nel caso suo si tratta di una forma puramente funzionale la quale tuttavia ormai sembrava stabilizzata e minacciante la vita.
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Antonio Zordan di Piovene Rocchette
L'operaio Antonio Zordan fu ferito agli occhi dallo scoppio di una granata in Russia il 30 dicembre del 1942. Ricoverato prima all'Ospedale Militare di Padova, passò poi a una Clinica oculistica di Bologna dove la sua cecità diventò completa: dal marzo 1943 egli non percepiva nemmeno il più piccolo barlume di luce. Quando dalla Clinica bolognese tornò a casa non poté scorgere la moglie e, quello che più lo crucciava, non poteva vedere il visino di una sua bambina, nata da pochi mesi: ne udiva soltanto i vagiti.
Avuta notizia delle apparizioni di Bonate, tutta la popolazione gli fece nascere nel cuore la speranza che la Madonna di Bonate potesse fare il miracolo... E il 13 luglio 1944 egli si recò alle Ghiaie restando per cinque ore inginocchiato sul luogo delle apparizioni. Ma i suoi occhi non si aprirono alla luce. Addolorato, ma rassegnato, riprese con la sua guida il viaggio di ritorno. Per le frequenti interruzioni dei servizi ferroviari, il povero cieco dovette percorrere cinque ore di strada a piedi: appoggiato alla sua guida, pur nel vigore dei suoi ventisette anni, si sentiva affranto e avvilito. La sera del 14 luglio verso le otto giunse finalmente alla stazione di Carrè, dove l'attendeva, piena di speranze, la moglie. Entrambi angosciati si diressero verso casa. Giunti al confine tra Carrè e Piovene, il cieco si senti venir meno. Deposto dalla bicicletta, provò uno stordimento generale, poi girò intorno la testa, gridando: Ci vedo... ci vedo... vedo il Summano!
Riconobbe tutte le persone che gli erano intorno. A casa, poté per la prima volta contemplare il viso della sua bambina. Quella sera s'immerse nella lettura di libri e giornali fin oltre la mezzanotte. Ritornò in seguito a Bonate, per ringraziare la Beata Vergine per la guarigione ottenuta. Da allora, la sua vista si mantenne sempre perfetta.

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In questi 60 anni, molti altri hanno testimoniato la Misericordia concessa da Dio per intercessione della Regina della Famiglia di Ghiaie di Bonate. Fra le centinaia di dichiarazioni, vorremmo, in conclusione, riportarne ancora due, perché le riteniamo maggiormente significative e preziose: la testimonianza di Marika Gamberelli che il 4 settembre 1992, disperata, pregò con Padre Candido alla Cappelletta di Ghiaie ed ottenne la guarigione del figlioletto di 10 anni affetto da tumore al rene con metastasi polmonare, e la testimonianza di don Ettore Bonaldi, sacerdote salesiano colpito nel 1966 da una grave forma di leucemia e ricoverato, in pericolo di vita, all'ospedale Policlinico di Milano dove incontrò Adelaide che qui prestava servizio come infermiera. Ha sempre pregato per me la Madonna apparsa a Ghiaie di Bonate, dichiarò don Ettore, e durante l'ultima crisi, mi ha messo al collo una catenina con la medaglietta della Vergine della Famiglia. Superata la crisi, cominciò un graduale miglioramento della mia salute, così potei lasciare l'ospedale. In fondo, il vero miracolo operato dalla Madonna è proprio lei, Adelaide: è la sua fede pura, la sua speranza incrollabile nonostante il male subito e soprattutto la grande carità che ha sempre dimostrato verso tutti, in particolare verso i suoi persecutori.

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Fonti:
Articolo pubblicato sulla rivista Senapa, n. 1, Anno 2003






BASTA UN SOLO MIRACOLO DEGLI OLTRE TRECENTO CENSITI

(A cura di Alberto Lombardoni)

Il 24 settembre 1850, Massimino Giraud, uno dei veggenti delle apparizioni de La Salette, incontrò l'Abate Raymond che non credeva nella realtà delle apparizioni. Massimino rimase molto confuso dalle molte obiezioni del religioso e prima di andarsene gli rivolse queste parole: Ebbene, se volete mettete pure che io non abbia visto nulla... Tale frase fu naturalmente interpretata come negazione dall'abate. Il giorno dopo, Massimino incontrò il Santo Curato d'Ars. Rispose con molta reticenza alle sue domande tanto che il Curato interpretò questa reticenza come una negazione delle apparizioni.

Se, in quel periodo, il Vescovo di Grenoble mons. De Bruillard fosse stato malaccorto e avesse chiamato Massimino a deporre davanti ad un Tribunale, molto probabilmente il veggente avrebbe ribadito la sua negazione. Ma il Vescovo non commise quell'errore, perché i numerosi miracoli avvenuti sul luogo delle apparizioni lo indussero, il 19 settembre 1851, ad approvare solennemente l'autenticità dell'apparizione della Madonna a La Salette.

Anche Caterina Labouré, negò davanti all'Arcivescovo di Parigi di aver visto, nel 1830, la Madonna che le aveva rivelato la Medaglia Miracolosa, come aveva invece ripetutamente affermato al suo Confessore. Ma i fatti miracolosi avvenuti il 20 Gennaio 1842 a Roma, nella Chiesa di Sant'Andrea Delle Fratte e i molti altri miracoli dovuti alla Medaglia Miracolosa, furono ritenuti sufficienti tanto che il 3 giugno 1842, un decreto pontificio riconobbe solennemente l'autenticità dell'apparizione della Madonna a Caterina Labouré, che poi fu proclamata Beata e Santa.

Più che alle affermazioni o alle negazioni dei veggenti, furono presi in considerazione i miracoli connessi colle apparizioni.

La Curia di Bergamo, purtroppo, non seguì questa linea, e ritenne che il biglietto della ritrattazione, estorta con violenza psicologica alla piccola veggente Adelaide Roncalli dal suo inquisitore don Luigi Cortesi, e le successive ritrattazioni (accompagnate peraltro da altrettante riaffermazioni cui non fu attribuito lo stesso valore) fossero più che sufficienti ad invalidare l'autenticità delle Apparizioni avvenute nel Maggio 1944 a Ghiaie di Bonate.
L'imponente dossier delle centinaia di guarigioni, di cui un'ottantina, minuziosamente documentate, dietro consiglio del card. Ottaviani non fu mai aperto e preso in considerazione. Come furono volutamente e totalmente ignorati i numerosi fenomeni solari, verificatisi durante quelle apparizioni.

Se a Fatima, un solo fenomeno solare visto da 70.000 persone stipate in un campo e limitato a quella zona, fu sufficiente per convincere le autorità ecclesiastiche, a Ghiaie di Bonate non furono sufficienti cinque fenomeni solari accaduti in cinque giorni diversi davanti a milioni di pellegrini per convincere la Curia di Bergamo della straordinarietà e soprannaturalità dell'evento, anzi si osò persino comandare alla Madonna di non apparire più.

Si preferì credere a don Luigi Cortesi che aveva già divulgato ad amici e conoscenti, prima del processo, fotografie del biglietto con la ritrattazione estorta ad Adelaide e copie dei suoi scritti contro le Apparizioni, stampati senza imprimatur e pagati con i soldi dei pellegrini. Si sa ora con certezza che, dal 1944 al 1947, don Cortesi prelevò, in più riprese, a Ghiaie, Lire 198.963 (ingente somma per quei tempi) di cui Lire 65.878 con la causale: "Alla Soc. S.E.S.A. per stampe".

Si credette di più al parere di un medico esperto occultista e amico di don Cortesi, il prof. Cazzamalli, che al parere di Padre Gemelli, grande esperto di psicologia infantile.

Prima del processo, mons. Bramini, avvocato difensore di Adelaide, volle sentire il parere di mons. Giovanni della Cioppa, avvocato della Sacra Congregazione dei Riti a Roma. Il parere dell'Avvocato dei Riti fu inviato da mons. Bramini a Bergamo, con lettera in duplice copia, una diretta al Vescovo e un'altra diretta al Tribunale Ecclesiastico, in data 3 giugno 1947.

Ecco alcuni stralci significativi di quella lettera:

1) Egli (cioè mons. Della Cioppa) ritiene che fu un grosso errore inquisire la bambina, sia quando lo fece Don Cortesi, sia ora che lo fa il Tribunale. Per la sua età la piccola non è capace né moralmente, né giuridicamente di giurare e di deporre. Essa va lasciata in pace nel modo più assoluto.

2) Egli afferma che né la precedente negazione, né la riaffermazione, né
la nuova recentissima negazione hanno valore alcuno, e non debbono sorprendere affatto. Si sono verificati fatti consimili anche nella vita di Santi favoriti di rivelazioni indubbiamente autentiche, come per es. la Labouré per le rivelazioni della Medaglia Miracolosa.

3) È suo avviso che tutta la documentazione riguardante i fatti e la bambina debba essere archiviata per l'avvenire.

4) Le indagini da esperirsi invece debbono rivolgersi ora esclusivamente al complesso presumibilmente miracoloso collegato con i fatti di Ghiaie (guarigioni, fenomeni solari, ecc.) intorno al quale si deve fare l'esame scientifico e canonico in modo semplice e lineare dall'attuale Tribunale, ritenendo egli che l'attuale organizzazione delle indagini sia troppo complicata e superflua.

5) Basterà per es. che tra le guarigioni si riscontri qualche caso od anche uno solo veramente miracoloso, per ritenere che effettivamente nel Maggio 1944 a Ghiaie è avvenuta una manifestazione di ordine e carattere soprannaturale, senza che vi sia né la necessità né l'urgenza di precisarne i termini e la portata. Il tempo dirà tutto.

6) I fatti eventuali miracolosi potranno essere pubblicati nei loro termini precisi sopra un Bollettino allo scopo di incoraggiare la devozione alla Madonna, senza fare pronunciamenti ufficiali. Contemporaneamente si dovranno tacitamente lasciar cadere le disposizioni proibitive circa le manifestazioni di devozione sul luogo delle apparizioni, lasciando, sotto opportuna vigilanza, libero campo alla pietà del popolo, e collocando nella Cappella ivi eretta una immagine della Madonna, che potrebbe essere quella del Galizzi. Il resto lo farà la Madonna stessa.

7) Concludendo: il parere di mons. Della Cioppa è che si sospenda subito ogni attività circa l'esame dei fatti e della bambina, mettendosi invece subito al lavoro per l'esame del complesso miracoloso come si è detto sopra.
Ritiene che sia doveroso far tacere qualsiasi oppositore autorevole delle Apparizioni.

Questo parere suscitò lo sdegno e l'ira degli "autosufficienti teologi della provincia" e del notaio del Tribunale, mons. Magoni, che rimproverò ufficialmente mons. Bramini accusandolo di aver messo al corrente di tutto un estraneo che non aveva nessuna missione né ufficiale né ufficiosa di inquisire intorno ai fatti di Ghiaie...

Domenico Argentieri, autore del libro tanto discusso "La fonte sigillata", edito nel 1955, afferma, tra l'altro che il Tribunale Ecclesiastico di Bergamo non poteva accettare i saggi consigli del Prelato Romano avendo già adottato una strana teoria - che non aveva avuto esempi e non avrà imitatori - secondo la quale un miracolo sul luogo delle apparizioni, anche se avvenuto durante le apparizioni stesse, non prova minimamente l'autenticità delle apparizioni: la teoria del miracolo "premio alla fede".

Eppure sarebbe bastato leggere ed esaminare attentamente le centinaia di testimonianze documentate, i diari dei sacerdoti di Ghiaie, le dichiarazioni dei medici presenti sul luogo delle apparizioni per rendersi conto della grandiosità e della portata di quegli eventi perché le guarigioni fisiche e spirituali avvenute a Ghiaie, durante e dopo le apparizioni rappresentano un complesso miracoloso di grandi dimensioni perché mai, in breve tempo, vi furono così tante guarigioni, durante le apparizioni della Madonna. Queste guarigioni, non solo costituiscono la prova della presenza della Madonna sulla povera terra del Torchio, scesa qui a portare all'umanità sofferente la Misericordia di Dio, ma sono anche un appello alla Chiesa perché eriga in questo luogo un grande Santuario di Grazia. E poiché per descriverle tutte occorrerebbero migliaia di pagine visto che ne furono segnalate più di 300 al Parroco e al Curato di Ghiaie di quel tempo, ci limiteremo a ricordarne solo alcune.
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Bianca Nicoletti Cignolini da Udine
Quando aveva due anni e mezzo circa, venne colpita da spondilite che i medici diagnosticarono come Morbo di Pott. Questo male le distrusse l'anello vertebrale tra la IV e la V vertebra e colpì anche le due vertebre, in particolare la V. Ebbe inizio così il doloroso calvario per lei e la sua famiglia. Piano piano non camminò più; quando la mamma la metteva a terra cominciava a barcollare e finiva sempre a terra. Arrivò poi alla completa immobilità; la scienza medica di allora non riuscì a ridarle la salute, anzi un giorno decretò la triste sentenza che non c'era più nulla da fare.
Nel 1944, Bianca aveva 5 anni. I suoi sentirono dire che in un paesino della Bergamasca appariva la Madonna e che compiva tanti miracoli. Allora la sua mamma spinta da una grande fede decise di portarla in quel luogo; era sicura che dove non era arrivata la Medicina sarebbe arrivata la Scienza Divina.
Bianca era una friulana della provincia di Udine, per cui da là, la sua mamma partì con lei tra le braccia, sola, senza l'aiuto di nessuno, contrastata non poco dal marito per tante ragioni (erano poveri, mancavano i mezzi di trasporto perché si era in pieno tempo di guerra e, oltretutto, a casa c'erano altri 3 bambini da accudire).
Comunque si affidarono alla Provvidenza e tra mille peripezie ce la fecero ad arrivare alle Ghiaie; furono ospiti nella casa parrocchiale da don Vitali il parroco di allora. Il 18 luglio all'interno di quel recinto dove la Madonna nel mese di maggio apparve per 13 volte, Bianca guarì prodigiosamente ed istantaneamente. Ritornò a casa e appena i medici constatarono la sua guarigione, furono mandati subito i certificati medici alla Curia di Bergamo.
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Anna Villa in Biella da Casatenovo
Da parecchi anni la Signora Anna Villa era obbligata a portare un busto ortopedico, perché altrimenti, senza il busto, non poteva camminare, e per fare qualche passo doveva curvarsi appoggiando le mani alle ginocchia. Ma anche col busto non poteva camminare a lungo e perciò passava le sue giornate a letto o su la poltrona a sdraio. I medici avevano pronunciato una terribile diagnosi: morbo di Pott. Le radiografie mostravano che la carie aveva corroso la dodicesima vertebra dorsale e la prima vertebra lombare. Appena accertato il male (3 maggio 1939) fu ricoverata alla "Villa del Sole" di Desenzano sul Garda, dove restò nove mesi. Tornata in famiglia a Cernusco Lombardone, con un busto di gesso, vi restò per poco tempo, perché preferì ritirarsi nella casa paterna a Casatenovo, dove per circa un anno stette quasi continuamente a letto. Una nuova radiografia fatta il 23 marzo 1943 rivelò un peggioramento: la quasi totale distruzione della dodicesima vertebra e scarsi residui lenticolari della prima lombare. Allora decise di andare da Padre Pio a San Giovanni Rotondo. Il santo frate le disse: guarisci prima nell'anima e poi vedrai che guarirai anche nel corpo. Il 16 dicembre 1943 fu fatta una nuova radiografia: il cuneo residuo della dodicesima vertebra dorsale si era ancora più assottigliato. Allora le fu fatto un busto di alluminio ricoperto di celluloide, e con questo busto andò a Bonate il 28 maggio 1944, festa delle Pentecoste, giorno della Prima Comunione di Adelaide Roncalli e giorno di apparizione.
Giunse al recinto delle apparizioni alle Ghiaie verso le 8,30 e per circa nove ore attese l'arrivo della piccola veggente. Durante l'apparizione pregò continuamente. Ritiratasi la piccola Adelaide, volle sedersi sullo stesso sasso dove la bambina poggiava i piedi poco prima, e poi pensò di sdraiarvisi sopra. Sentì improvvisamente un benessere straordinario e cercò immediatamente con lo sguardo la mamma, che era rimasta sulla sedia a sdraio. Gridò: Mamma, sono guarita!
Poco dopo andò in casa di Adelaide, dove due medici, il dott. Loglio e la dott.a Maggi la visitarono e l'aiutarono a togliere il busto: poteva stare diritta e senza alcun dolore. La curiosa Adelaide prese il busto ortopedico e lo esaminò attentamente, toccandolo qua e là coi suoi ditini.
Dimmi, Adelaide, devo portarlo ancora quel busto? chiese la Villa.
Con un energico gesto del capo la bambina rispose di no. Però la Villa se lo rimise per il viaggio di ritorno e solo la sera, andando a letto, lo tolse. Lo rimise al mattino seguente, e la sera togliendolo, confessò al marito che non aveva alcun dolore alla schiena, ma il busto la faceva soffrire, ed affacciò il dubbio di avere qualche abrasione sulla pelle. Il marito, quella sera, non vide abrasioni di sorta, ma le vide nettissime al mattino seguente, tanto che disse:
Vedi, hai voluto rimettere il busto contro il parere della bambina, che ora ti ha fatto venire queste piaghe, per impedirti di rimetterlo.
Confrontando l'ubicazione delle piaghe col busto, si poté constatare che erano apparse, proprio in corrispondenza di quelle parti del busto che erano state toccate dalle dita della bambina.
Non lo rimise più. Era perfettamente guarita. Poteva alzarsi molto presto al mattino e accudire a tutte le faccende domestiche proprio come faceva prima della malattia. Una successiva gravidanza, condotta a buon termine, confermò che la guarigione era stabile e duratura.
Ma ecco la sorpresa: nell'agosto 1944 la radiografia constatò che le lesioni anatomiche persistevano nella dodicesima vertebra dorsale e nella prima lombare, con qualche peggioramento alla base della decimaprima dorsale e nel disco tra la decimaprima e la decimaseconda.
Siamo dunque di fronte a una innegabile guarigione clinica e funzionale senza la corrispondente guarigione anatomica.
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Anna Sala di Mandello Lario
La caduta accidentale in un canale di Mandello il mattino dell'11 dicembre 1940 segnò l'inizio del suo lungo e doloroso Calvario. Aveva battuto violentemente la testa ed era svenuta. Febbre, vomito, dolori al capo, difficoltà di parola, alimentazione esclusivamente liquida. Il 9 gennaio 1941 fu condotta in automobile a Bellano per una radioscopia cranica. L'esame radioscopico fatto dal prof. Lioy, accertò una frattura parcellare bozza frontale D, tavolato inferiore con infossamento della scheggia ossea.
Il gravissimo stato della salute di Anna Sala fu ampiamente documentato anche dalle perizie legali fatte fare dal Tribunale per la concessione di un indennizzo che le fu infatti liquidato il 18 febbraio 1944 nella sua abitazione, alla presenza dei signor Giuseppe Comino, rappresentante della parte colpevole che consegnò il denaro.

Il giorno 29 maggio 1944, cioè appena due giorni prima della miracolosa guarigione, il dott. Elio Volterra rilasciò il seguente certificato: La signorina Sala Anna di Carlo di anni 34 abitante a Mandello Lario, via Dante Alighieri 16, presenta tutt'ora gravi postumi cerebrali di una caduta riportata quattro anni or sono, sintomi cerebrali complicati da note di grave insufficienza miocardica.
Anna giunse, in pietosissime condizioni, alle Ghiaie di Bonate verso le 13.00 del giorno 31 maggio 1944, ultimo giorno delle apparizioni. Dall'automobile fu condotta su una sedia a sdraio verso il luogo delle apparizioni, ma a causa dell'enorme ressa i portatori si fermarono a metà strada, tra la casa di Adelaide e il recinto delle apparizioni. L'ammalata pregò fervidamente, ma si sentiva venir meno e perciò chiese a una signora di pregare per lei. Verso le 18.00, cioè proprio verso l'ora in cui solevano avvenire le apparizioni, improvvisamente si sentì invadere da uno straordinario senso di benessere: voleva alzarsi, voleva camminare, ma ebbe timore della folla immensa di circa trecentomila persone.
Alla fine dell'apparizione, verso le 20.05, con la sedia a sdraio, Anna fu ricondotta all'automobile. Disse alla mamma: Mi sento guarita, ma in mezzo a questa folla non posso provare. Si mantenne silenziosa e raccolta fino a Lecco, dove giunse verso le 22.00. Volevano portarle qualche bevanda, ma rifiutò perché ella stessa scese rapidamente dall'automobile e andò a sedersi a un tavolo del Caffè Unione, sorbendo un caffè e una bibita. A Mandello l'attendevano un centinaio di persone che rimasero sbalordite vedendola scendere da sola dall'automobile perché camminava liberamente e parlava con scioltezza. Prima di andare a letto, prese un tazza di latte e mangiò un piatto di fragole con mezzo litro di vino. Dormì tranquillamente. Al mattino seguente andò con la nonna e le sorelle a fare la Comunione nella nuova Chiesa del Sacro Cuore che ella non aveva ancora vista.
Da allora è stata in perfetta salute ed ha potuto entrare nell'ordine delle suore Concezioniste con Caterina Roncalli, la sorella di Adelaide, e partire in missione in Argentina. Che la sua guarigione sia stata miracolosa, è stato lealmente riconosciuto dal prof. Leopoldo Rossi, il quale due settimane dopo l'evento, in data 15 giugno 1944, rilasciò il seguente certificato:
Sala Anna di Carlo di anni 34 da Mandello Lario è stata da me più volte visitata nel volgere di questi anni e per lei ho steso anche una perizia per conto del Tribunale di Lecco. La paziente nel dicembre 1940 ebbe un trauma cranico che le diede moleste conseguenze immediate per quanto ci sia stata ragione di pensare ad incrinatura del tavolato osseo. Dopo qualche giorno la paziente ha cominciato ad avere cefalea e a entrare in uno stato depressivo con profonda astenia. Ricordo che quando stesi la perizia, circa due anni fa, conclusi escludendo segni di lesione organica e constatai profondo scadimento generale con vere e proprie adinamie e crisi di tachicardia non da miocardite né da ipertiroidismo. Con la depressione e la adinamia la paziente ridusse anche il cibo perché non sentiva appetito e si ridusse così in pietoso stato di condizioni generali da essere costretta a tenere sempre il letto, notevolmente smagrita e con distonia neurovegetativa. Fu allora che consigliai anche alla paziente di andare a Lourdes appena ciò sarebbe stato possibile. So che la paziente continuò a peggiorare e che non arrivava più a reggersi in piedi e mal tollerava i movimenti in letto.
Con mia sorpresa rivedo oggi l'ammalata qui nel mio studio, la trovo tonica, in buona nutrizione, che sente esserle "tornata la vita". Ciò dopo una visita a Ponte San Pietro ove si dice sia apparsa la Madonna. La ripresa della paziente è veramente miracolosa, come rapidità e completezza: è certo che nel caso suo si tratta di una forma puramente funzionale la quale tuttavia ormai sembrava stabilizzata e minacciante la vita.
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Antonio Zordan di Piovene Rocchette
L'operaio Antonio Zordan fu ferito agli occhi dallo scoppio di una granata in Russia il 30 dicembre del 1942. Ricoverato prima all'Ospedale Militare di Padova, passò poi a una Clinica oculistica di Bologna dove la sua cecità diventò completa: dal marzo 1943 egli non percepiva nemmeno il più piccolo barlume di luce. Quando dalla Clinica bolognese tornò a casa non poté scorgere la moglie e, quello che più lo crucciava, non poteva vedere il visino di una sua bambina, nata da pochi mesi: ne udiva soltanto i vagiti.
Avuta notizia delle apparizioni di Bonate, tutta la popolazione gli fece nascere nel cuore la speranza che la Madonna di Bonate potesse fare il miracolo... E il 13 luglio 1944 egli si recò alle Ghiaie restando per cinque ore inginocchiato sul luogo delle apparizioni. Ma i suoi occhi non si aprirono alla luce. Addolorato, ma rassegnato, riprese con la sua guida il viaggio di ritorno. Per le frequenti interruzioni dei servizi ferroviari, il povero cieco dovette percorrere cinque ore di strada a piedi: appoggiato alla sua guida, pur nel vigore dei suoi ventisette anni, si sentiva affranto e avvilito. La sera del 14 luglio verso le otto giunse finalmente alla stazione di Carrè, dove l'attendeva, piena di speranze, la moglie. Entrambi angosciati si diressero verso casa. Giunti al confine tra Carrè e Piovene, il cieco si senti venir meno. Deposto dalla bicicletta, provò uno stordimento generale, poi girò intorno la testa, gridando: Ci vedo... ci vedo... vedo il Summano!
Riconobbe tutte le persone che gli erano intorno. A casa, poté per la prima volta contemplare il viso della sua bambina. Quella sera s'immerse nella lettura di libri e giornali fin oltre la mezzanotte. Ritornò in seguito a Bonate, per ringraziare la Beata Vergine per la guarigione ottenuta. Da allora, la sua vista si mantenne sempre perfetta.

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In questi 60 anni, molti altri hanno testimoniato la Misericordia concessa da Dio per intercessione della Regina della Famiglia di Ghiaie di Bonate. Fra le centinaia di dichiarazioni, vorremmo, in conclusione, riportarne ancora due, perché le riteniamo maggiormente significative e preziose: la testimonianza di Marika Gamberelli che il 4 settembre 1992, disperata, pregò con Padre Candido alla Cappelletta di Ghiaie ed ottenne la guarigione del figlioletto di 10 anni affetto da tumore al rene con metastasi polmonare, e la testimonianza di don Ettore Bonaldi, sacerdote salesiano colpito nel 1966 da una grave forma di leucemia e ricoverato, in pericolo di vita, all'ospedale Policlinico di Milano dove incontrò Adelaide che qui prestava servizio come infermiera. Ha sempre pregato per me la Madonna apparsa a Ghiaie di Bonate, dichiarò don Ettore, e durante l'ultima crisi, mi ha messo al collo una catenina con la medaglietta della Vergine della Famiglia. Superata la crisi, cominciò un graduale miglioramento della mia salute, così potei lasciare l'ospedale. In fondo, il vero miracolo operato dalla Madonna è proprio lei, Adelaide: è la sua fede pura, la sua speranza incrollabile nonostante il male subito e soprattutto la grande carità che ha sempre dimostrato verso tutti, in particolare verso i suoi persecutori.

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Fonti:
Articolo pubblicato sulla rivista Senapa, n. 1, Anno 2003

















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Allegato   Data inserimento:  15/02/2003