L’INQUISITORE DON CORTESI FECE ESPERIMENTI DISONESTI E SACRILEGHI
Nel suo libro “Il problema delle apparizioni di Ghiaie” Don Luigi Cortesi, afferma alla pagina 23: “In agosto avevo iniziato una serie di esperimenti delicati per scoprire se il fenomeno di maggio era riproducibile per suggestione. Mi furono sconsigliati come disonesti e perciò li abbandonai…”
Nel libro “Storia dei fatti di Ghiaie” a pag. 120, il sacerdote inquisitore della piccola Adelaide confessa anche: “… Inoltre per sorprendere le eventuali influenze suggestive, che poterono provocare il fenomeno delle visioni, bisognava sottrarre la bimba al suo ambiente abituale e strapparla a tutti i contatti profani. E poi, nella calma dell’isolamento, in un ambiente psicologico di sana temperatura, si potevano tentare esperimenti più adatti, che alle Ghiaie sarebbero stati giudicati sacrilegi…”
Dunque, è proprio vero che Don Cortesi fece degli esperimenti “disonesti” e “giudicati sacrilegi” sulla bambina tra i muri segreti di sacre istituzioni? Sembra di sì poiché lo afferma lui stesso nei suoi libri!
Che cosa successe veramente nel convento di Gandino? Quali esperimenti “disonesti” e “sacrilegi” all’insaputa del Vescovo, dei famigliari di Adelaide, della gente umile, furono eseguiti lontano da Ghiaie? Perché Don Cortesi non fu fermato, allontanato ed anche lui inquisito?
Domande a cui non avrebbero mai risposto i suoi amici e sostenitori avendolo essi stessi rivestito della carica di Inquisitore.
Se fosse vero che a quel tempo Don Luigi Cortesi aveva ricevuto un incarico ufficiale di preparare “qualcosa come un’istruttoria”, il fatto che avesse eseguito degli esperimenti disonesti e sacrileghi su una bambina di sette anni diverrebbe di una gravità inaudita, visto che la sua tesi distruttrice delle Apparizioni di Ghiaie e il suo operato furono avvalorati sia dalla Commissione, sia dal Tribunale ecclesiastico, organi istituiti da un rappresentante della Chiesa Cattolica Romana.
Ma se il comportamento vergognoso di Don Cortesi poteva essere giudicato indegno per un sacerdote, non lo fu per l’inquisitore a cui era “permesso” di oltrepassare la morale comune e di operare senza alcun controllo.
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