Autore:  Giuseppe Purcaro Data documento:  13/01/2005
Titolo:  Una tesina sui fatti di Ghiaie discussa all'Ordine dei Giornalisti

 G. PURCARO DISCUTE UNA TESINA SUI FATTI DI GHIAIE ALL’ORDINE NAZIONALE DEI GIORNALISTI


Il giornalista dott. Giuseppe Purcaro che ha sostenuto nel 2004 l’esame d’idoneità professionale presso l’Ordine nazionale dei Giornalisti, ci ha inviato la tesina che ha discusso davanti alla Commissione d’esame che riguarda proprio le Apparizioni del 1944 alla piccola Adelaide Roncalli.
Inseriamo subito quest’interessante documento nella rubrica “News” del sito, augurandoci che il dott. Giuseppe Purcaro possa presto approfondire ulteriormente l’argomento con importanti articoli sulla stampa italiana.

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Ordine nazionale dei Giornalisti
Commissione d’esame di idoneità professionale
Sessione primaverile 2004 – Esame orale: 15/09/04

Tesina di Giuseppe PURCARO

Sessant’anni fa le apparizioni della Madonna delle Ghiaie
«Fatima non è qui»
La Curia di Bergamo non sembra ancora disposta
a riconoscere quanto chiedono migliaia di fedeli (e due Papi)

“Santo Padre, Vi supplichiamo di volersi interessare alle apparizioni della «Regina della famiglia» a Ghiaie di Bonate e riaprire il caso per il suo riconoscimento. La Vergine Maria, in questo luogo benedetto, attende da tempo di essere riconosciuta e onorata come conviene. Questo appello già espresso da più parti da tutta Italia, non vada perduto?”

Parole pesanti come pietre quelle contenute nella supplica inviata a papa Wojtyla il 13 maggio scorso. Questa volta, hanno puntato in alto i fedeli della Madonna delle Ghiaie di Bonate Sopra, piccolo centro alla periferia di Bergamo dove la Madre di Cristo sarebbe apparsa a una bambina di 7 anni, Adelaide Roncalli, dal 13 al 31 maggio del 1944.
Sono passati sessant’anni dalle presunte apparizioni definite dai fedeli come «l’epilogo di Fatima». L’autorità ecclesiastica competente, la Curia di Bergamo, ha sospeso ogni giudizio fin dal 1948. Ma i devoti sperano che sia ora direttamente il Santo Padre a dichiarare, con un suo gesto o una sua parola, che la Madre di Dio apparve davvero. La Madonna si manifestò tredici volte rivelando ad Adelaide tredici messaggi. Uno di questi, il quinto, fu riferito direttamente dalla veggente a papa Pio XII in un’udienza privata accordata, nel 1949, dal Pontefice del dogma dell’Assunzione un anno dopo il decreto del vescovo di Bergamo, Adriano Bernareggi, che pur proibiva ogni devozione.
«La Madonna è apparsa davvero e dopo 60 anni è ancora presente qui tra noi», sostiene Giuseppe Arnaboldi Riva, 54 anni, insegnante di Milano, autore del libro «Adelaide, speranza e perdono», che nel 2001 ha riaperto e rilanciato «l’affaire Ghiaie».


SI MOSSERO DUE PAPI
È una vicenda che non finisce mai di stupire per i numerosi intrecci, tutti documentati, con la Storia. Di Ghiaie si interessarono Papi quali Pio XII e Giovanni XXIII, eminenti personalità della Chiesa e della scienza come padre Agostino Gemelli, psichiatra di fama internazionale, incaricato dall’allora vescovo di Bergamo, Bernareggi, di condurre esami sulla piccola veggente. Padre Gemelli, fortemente contrastato da monsignor Luigi Cortesi, sacerdote bergamasco, consigliere del vescovo e «avvocato del diavolo» (nel successivo processo sulle apparizioni), di fatto dichiarò attendibile il racconto di Adelaide Roncalli. E poi le numerose testimonianze di guarigioni miracolose di uomini e donne che, in quei giorni, avevano un rapporto diretto con la «Signora celeste».
Secondo le cronache del tempo, in questo paesino della Bergamasca giunsero centinaia di migliaia di persone, arrivate per lo più a piedi o con mezzi di fortuna, mettendo a rischio la propria vita a causa dei bombardamenti.
Nel maggio di quest’anno, nei giorni dell’anniversario, intorno alla cappelletta costruita nel 1945, c’era una fiumana di pellegrini giunti da Lombardia, Veneto e Piemonte. Anche a sessant’anni di distanza, la devozione popolare non è mai andata scemando. Anzi, è più viva che mai. E numerosa è la gente che vi arriva per la prima volta. Molti i religiosi e le religiose, presenti solo a titolo personale: il decreto del 1948, ancor oggi in vigore, emesso dopo un processo al tribunale ecclesiastico di Bergamo, è chiaro: «Ogni forma di devozione alla Madonna è vietata a norma delle leggi canoniche».
Nel 1974, in clima post conciliare, i fedeli delle Ghiaie tornarono alla carica e chiesero al vescovo di Bergamo dell’epoca, monsignor Clemente Gaddi, con una petizione proposta dall’associazione «Fedeli delle Ghiaie» presieduta da Giovanni Cortinovis, di riaprire il caso. Gaddi ammise che non poteva proibire che i fedeli si recassero alle Ghiaie a pregare. Ma ai devoti della «Regina della Famiglia» non basta.
Con la Santa Sede ci si provò una prima volta nel 1981, con un’istanza inviata dall’associazione «Ricerche storiche Bonate ’44». Il Vaticano chiese al vescovo di Bergamo, monsignor Giulio Oggioni, di riaprire il caso. Ma la risposta fu negativa. «Lo scoglio è sempre quello: la Curia di Bergamo, unica compente in base al diritto canonico – spiega Walter De Giuseppe, presidente dell’associazione –. La sola autorità che può smuovere le acque è il Papa ».


UNA LUCE NEL BUIO DELLA GUERRA
Tutto ebbe inizio il 13 maggio del 1944. Fu grazie alla ricerca di fiori di sambuco con cui ornare un'immaginetta della Madonna, che Adelaide Roncalli fece l'incontro che le cambiò la vita. Avvicinatasi a una siepe per raccogliere dei fiorellini, la bambina rimase immobile: una “luce esplose nel cielo e apparve la Signora bella e maestosa”. La Vergine, con la Sacra famiglia, si manifestò ben 13 volte; all’ultima apparizione c’erano circa 350.000 persone. Sul luogo accorsero, tra gli altri, anche il vescovo di Bergamo e don Cortesi.
In seguito, la bambina fu portata nel convento delle suore Orsoline di Bergamo: nessuno poteva avvicinarla. E, se diceva di aver visto la Madonna, le religiose la picchiavano. Don Cortesi vestì presto i panni dell’«avvocato del diavolo» e sottopose la bambina per molto tempo a dure prove, con forti pressioni sulla psiche e sulla coscienza della piccola. Il 15 settembre del 1945, riuscì a farle ritrattare tutto per iscritto. «In una sala del convento delle Orsoline, a Bergamo – raccontò poi Adelaide – dopo aver chiuso le porte, don Cortesi mi dettò le parole da scrivere».
Il 12 luglio del 1946, ritornata per pochi giorni in famiglia, Adelaide smentì per iscritto la ritrattazione, ma senza l’esito sperato poiché il 30 aprile del 1948, al termine del processo al tribunale ecclesiastico di Bergamo, il vescovo Bernareggi emise il decreto del «non consta». «La commissione teologica – racconta Riva - si lasciò guidare nel suo lavoro dall’indagine di don Cortesi».
Adelaide fu spostata di qua e di là, contro il suo volere e all’insaputa dei genitori. A 15 anni, si fece suora sacramentina, ma, morto Bernareggi, fu costretta a rinunciare al saio. Stanca di aspettare che le si riaprissero le porte del convento, Adelaide si sposò e andò a vivere a Milano, dove lavorò come infermiera. Finalmente, avvalendosi dei decreti del Concilio Vaticano II in materia di diritto all’informazione, Adelaide si sentì sgravata dalle proibizioni che le erano state imposte e decise di riaffermare davanti a un notaio la veridicità delle apparizioni: era il 20 febbraio del 1989.


LE RICHIESTE DEI FEDELI, IL SILENZIO DELLA CURIA
«Vogliamo che sia ristabilita la verità – racconta Arnaboldi Riva –. L’uso del sacramento della confessione per tormentare una bimba di 7 anni, l’azione seduttiva condotta da don Cortesi che scandalizzò lo stesso padre Gemelli, l’esclusione dal processo del difensore delle apparizioni, monsignor Bramini, che poi denuncerà tutto al Sant’Uffizio. E poi questo silenzio della Curia quando Papa Roncalli, bergamasco, ammise che nell’affaire Ghiaie qualcosa andava storto».
Appunto, il clero bergamasco. Ancora oggi, a 60 anni di distanza, la Curia tace sulla questione. L’attuale vescovo di Bergamo, monsignor Roberto Amadei, allievo di don Cortesi, in una visita pastorale a Bonate Sopra, nel 2003, ha ignorato la cappelletta. E molto diplomatiche sono le dichiarazione del parroco delle Ghiaie, don Davide Galbiati: «Occorre sapere distinguere la Fede dalla devozione – spiega -. La prima si incentra tutta sulla figura di Cristo. La seconda è una libera espressione dei fedeli. Alle Ghiaie, da sessant’anni, assistiamo a una devozione che è legittima e contro cui la Chiesa non si è mai scagliata. La Chiesa sa essere misericordiosa, sa calibrare e coniugare misericordia e verità».

PER SAPERNE DI PIÙ
TESTIMONIANZE SULLE APPARIZIONI

Papa Pio XII – 1944
«Ma che cosa dobbiamo decidere? Non si fa del bene? Non ci sono ravvedimenti? Non si prega? Non si accomodano matrimoni? E allora lasciamo che la Madonna faccia quello che noi non possiamo fare».

Papa Giovanni XXIII – 1960
«Ciò che vale in subiecta materia è la testimonianza della veggente: e la fondatezza di quanto ancora asserisce a 21 anni e in conformità alla sua prima asserzione a 7 anni: e ritirata in seguito alle minacce, alle paure dell’inferno fattele da qualcuno. Mi pare che insista quel terrore di quelle minacce».

Padre Pio (a un gruppo di devoti bergamaschi) – Anni 60
«Ma che cosa ci venite a fare voi, quaggiù, voi che avete a casa vostra la Madonna di Bonate?».

Monsignor Adriano Bernareggi, vescovo di Bergamo dal 1936 al 1953
«Riguardo ai fatti delle Ghiaie, pur confermando il mio giudizio, tuttavia, per la maggior gloria di Dio e della Madonna desidero che il mio decreto sia sottomesso al giudizio del Santo Padre».

Monsignor Angelo Bramini, vescovo di Lodi dal 1940 al 1950, esperto di diritto canonico e difensore di Adelaide durante il processo
«La gravità del dovere che si ha davanti a Dio e agli uomini di risolvere il problema di Ghiaie, e di risolverlo in modo positivo, va oltre in modo assoluto a ogni riguardo umano. Non si può lasciar perdere una eventuale sorgente di grazie e di misericordia divine se essa è stata aperta veramente - come io ne sono fermamente convinto - a Ghiaie dalla materna sollecitudine del Cuore Immacolato di Maria. La Chiesa, l'Italia, il mondo ne hanno in questo momento il più grande e più urgente bisogno».


Sua Beatitudine Euloghios, degli ortodossi di Milano
«Non dobbiamo aspettare riconoscimenti ufficiali che vengano dall’alto o dal basso. Ciò che vale è che qui si sono verificate guarigioni, conversioni, e fenomeni solari che testimoniano la realtà delle apparizioni ad Adelaide Roncalli nel maggio 1944; anche se non sono state accettate dalla Chiesa di Bergamo, per pigrizia nella ricerca della verità, basta la parola di papa Giovanni XXIII a confermarle!»

Monsignor Giovanni Battaglia, bergamasco, vescovo di Faenza (Ra), (1943-1976)
«Che cosa aspettate voi sacerdoti di Bergamo a far approvare quelle apparizioni così utili al risveglio dei valori della famiglia e alla devozione alla Madonna?».


Papa Giovanni XXIII
Anche Papa Roncalli si interessò agli avvenimenti di Ghiaie. L’8 luglio 1960, Giovanni XXIII inviò questa lettera riservata a monsignor Giuseppe Battaglia, vescovo di Faenza, «circa l’affare Ghiaie».

Riservata 8-VII-1960
«Cara Eccellenza, siamo sempre ben uniti di pensiero, di cuore, di preghiera. Circa l’affare Ghiaie comprendete che si ha da cominciare non dal vertice, ma dal piano: e non toccare chi deve pronunciare non la prima ma l’ultima parola. Più che di sostanza, qui devesi tenere conto delle circostanze, che vanno studiate e tenute in gran conto. Ciò che vale in subiecta materia è la testimonianza della veggente: e la fondatezza di quanto ancora asserisce a 21 anni e in conformità alla sua prima asserzione a 7 anni: e ritirata in seguito alle minacce, alle paure dell’inferno fattele da qualcuno. Mi pare che insista quel terrore di quelle minacce. Comunque V. S. comprende che non è pratico, né utile, che la prima mossa per una revisione venga dal sottoscritto a cui spetta il verbum per la Congregazione dei Riti, o di altro dicastero, che a suo tempo faciat verbum cum S.S. ecc. Scusate la semplicità della mia parola. E statemi sempre bene in laetitia et in benedictione anche se dies mali sunt.
Aff.mo Io. XXIII».


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Allegato   Data inserimento:  13/01/2005