Autore:  Vari Data documento:  06/06/1947
Titolo:  PROCESSO ALLE APPARIZIONI DI GHIAIE: VERBALE DELLA 4A SEDUTA (2A FASE)

 IL PROCESSO ALLE APPARIZIONI DI GHIAIE DEL 1944
TESTO INTEGRALE DEL VERBALE DELLE SEI FASI DEL PROCESSO DEL TRIBUNALE DIOCESANO DI BERGAMO

Le sei sedute del Tribunale furono così distribuite:
1) Interrogatorio di Adelaide Roncalli (21 Maggio 1947).
2) Interrogatorio di Suor Bernardetta e poi di Adelaide (23 Maggio 1947).
3) Viene intercalata una seduta senza interrogatori (2 Giugno 1947).
4) Interrogatorio di Suor Bernardetta e poi di Adelaide, poi confronto tra Adelaide e Don Cortesi (6 Giugno 1947);
5) Interrogatorio del Parroco di Ghiaie Don Cesare Vitali (9 Giugno 1947);
6) Interrogatorio di Don Italo Duci curato coadiutore di Ghiaie, poi di Nunziata Roncalli, poi di Suor Celestina Algeri (10 Giugno 1947).

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ADELAIDE DI NUOVO ALLA SBARRA

QUARTA SEDUTA (Seconda parte)
Nuovo interrogatorio di Adelaide (6 giugno 1947)
Verbale della seduta e commenti di Alberto Lombardoni.

La quarta seduta del tribunale, del 6 giugno 1944, si articola in tre parti. L'interrogatorio di suor Bernadetta dell'Immacolata, l'interrogatorio di Adelaide e il confronto della bambina con don Luigi Cortesi il suo accusatore.
Ci limiteremo, in queste pagine, data la complessità degli argomenti, a trascrivere e a commentare solo la seconda parte della quarta seduta, cioè il nuovo interrogatorio di Adelaide. Commenteremo a parte successivamente la terza parte della seduta e cioè l'interrogatorio di don Luigi Cortesi e il confronto con la bambina.

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PREMESSE
A cura di Alberto Lombardoni


L'ATMOSFERA DI QUEGLI ANNI
Siamo nel 1944, nel pieno svolgimento della seconda guerra mondiale. Nella frazione di un piccolo paese sul greto del Brembo, il 13 maggio, una bimba di sette anni, Adelaide Roncalli, ebbe la fortuna o piuttosto la "sfortuna" di vedere la Madonna e la Sacra famiglia. Milioni di persone si recarono a Ghiaie di Bonate dove avvennero guarigioni inspiegabili e molte conversioni e dove si verificarono più volte dei fenomeni solari simili a quello osservato a Fatima. La Chiesa fu molto prudente tanto che, il vescovo di Bergamo, mons. Bernareggi, vietò subito al clero di recarsi nel luogo di quelle presunte visioni. Per motivi diversi, furono esercitate forti pressioni da diverse parti perché si mettesse fine e si screditassero quelle apparizioni. Don Luigi Cortesi, un giovane prete insegnante di filosofia del Seminario di Bergamo, un intellettuale stimato e "rampante", ignorò volutamente quel divieto e si recò a Ghiaie di Bonate per indagare personalmente su quei fatti straordinari. Osservò, interrogò, indagò, comandò senza alcuna autorizzazione e senza che nessuno gli chiedesse "le credenziali che non aveva". Perché nessuno lo fermò? Bisogna considerare che a quell'epoca la gente umile e povera dei nostri paesi, aveva la massima considerazione e un profondo rispetto verso il Clero nel quale riponeva incondizionatamente tutta la sua fiducia.
Adelaide stessa dichiarerà più tardi a Padre Raschi in merito al suo rapporto con don Cortesi: "...io, come fui educata in casa di aver fede in ciò che dicono i preti, credetti alla sua parola e non osai più dire diversamente di quanto egli mi affermava..." (cfr. "Questa è Bonate", pag. 53).
Con il suo modo di fare, la sua dialettica, la sua gentilezza, il suo comportamento da intellettuale brillante, don Cortesi, pur suscitando timore e rispetto, si accattivò la fiducia di molta gente che credette fosse espressamente inviato dalla Curia di Bergamo o dal Vaticano. Da asserito sostenitore delle Apparizioni, il giovane prete ne diventò presto un accanito oppositore definendosi "inquisitore", "accusatore", "insidioso indagatore" di Adelaide (cfr. "Il Problema delle apparizioni di Ghiaie", Luigi Cortesi, pp. 10, 55 e 115). Purtroppo, scriverà già dall'inizio del libro delle conclusioni inquietanti ed azzardate: "In generale, nelle apparizioni di Ghiaie non si scopre un senso teologico, un contenuto, uno scopo, che giustifichi uno speciale intervento di Dio: esse sembrano inutili, vuote e perciò indegne di Dio" (cfr. pag. 24)... "Il contenuto delle rivelazioni di Ghiaie è tanto modesto da non sorpassare la cultura religiosa del più rozzo cristiano e non pare che meriti una speciale conferma del cielo" (cfr. pag. 25)... "Sta' a vedere che anche la Vergine Maria parla ai suoi figli con restrizioni mentali!" (cfr. pag. 38)... "Come Dio poté incomodarsi per fornirci rivelazioni così povere e comuni?" (cfr. pag. 46)...
E' in quest'atmosfera che si svolgerà il processo ed è in questo contesto che va inquadrata la vicenda Ghiaie.

Che sarebbe successo se le drammatiche vicende vissute da quella bambina fossero avvenute ai nostri giorni? Lasciamo al lettore immaginare lo scenario e i provvedimenti che sarebbero stati presi...
Purtroppo i fatti del 1944, presero un'altra piega e le conseguenze sono davanti agli occhi di tutti.
Strappata arbitrariamente dal focolare domestico a soli 7 anni, il giorno 23 maggio 1944 (quando la invitarono, con l'inganno a fare una passeggiata in automobile) Adelaide fu imprigionata nel convento della Orsoline di Bergamo, poi nel convento di Gandino, poi a Somasca, a Ranzanico, quindi di nuovo a Bergamo, ma non più dalle Orsoline bensì presso le Suore della Sagesse. Un vero e proprio sequestro di persona, con un consenso estorto ai poveri genitori che avevano grande soggezione e fiducia illimitata verso il clero.
Malgrado l'ordine del vescovo che la bambina fosse lasciata in pace, don Luigi Cortesi disubbidì al suo Principale e, carpendo la fiducia delle suore, ebbe continui colloqui clandestini con la bimba (che lui stesso definì "furti" perché non autorizzati), introducendo nel convento anche persone del suo entourage sia di giorno sia nelle ore serali, attuando progressivamente il suo piano di demolizione della personalità di Adelaide e minando in tutti i modi la credibilità delle Apparizioni del maggio 1944.
Nulla di simile era avvenuto a Bernadetta, a Melania, a Lucia, a Francesco e a Giacinta.

IL TERRORE DELL'INFERNO SAPIENTEMENTE INCULCATO
Che cosa avrebbe potuto fare, una bambina di sette anni, vezzeggiata all'inverosimile dal suo accusatore e poi privata degli affetti più cari, della sua identità, isolata, tormentata, picchiata, disorientata e terrificata dalle paure dell'inferno sapientemente inculcate da chi le era vicino? Quanta insicurezza e quanti sensi di colpa furono inculcati alla povera Adelaide e quali profondi traumi subì?
Per capire in che stato di terrore versava la bambina, basti leggere queste scioccanti conclusioni del prof. Cazzamalli (cfr. "La Madonna di Bonate", pag. 113): la bambina ha ora delle allucinazioni nelle quali corporalizza "gli esecutori della riparazione, che le toccherà inevitabilmente fra le fiamme dell'inferno; sono diavoli rossi e neri dal piede forculo, dal ghigno terrificante, dalla coda mobilissima, dalla bocca avida di distruzione, dalle corna minacciose, armati di spiedi tali da cucinare un intero reggimento di bambine fantasiose commedianti e bugiarde del suo tipo. Le notti si fanno tempestose..."

E quel terrore dell'inferno la assillerà per molti anni, tanto che lo sottolineerà persino Papa Giovanni XXIII, nella sua lettera dell'08/07/1960 a mons. Battaglia: "...Ciò che vale in "subiecta materia" è la testimonianza della veggente: e la fondatezza di quanto ancora asserisce a 21 anni ed in conformità alla sua prima asserzione a 7 anni: e ritirata in seguito alle minacce, alle paure dell'inferno fattele da qualcuno. Mi pare che insista quel terrore di quelle minacce..." La ventilata pubblicazione della lettera del Papa aveva messo in allarme la Curia di Bergamo di allora, tanto che l'archivista don Antonio Pesenti, diventato in seguito cancelliere, scrisse su "La domenica del Popolo" del 20/02/1977 che se era vero che Papa Giovanni avesse cambiato parere circa il decreto della Commissione teologica sui fatti delle Ghiaie "avrebbe avuto un comportamento ben strano e l'avvocato del diavolo avrebbe materia per la causa di beatificazione". Dopo quell'articolo, la lettera del Papa fu resa pubblica, la causa andò avanti e il Papa fu beatificato!

Che cosa doveva fare la povera Adelaide? Fuggire, fuggire ad ogni costo da quel mondo infernale utilizzando l'unico mezzo che le era ancora possibile da bambina: la bugia per negare tutto. D'altronde, l'inquisitore, utilizzando per i propri scopi il Sacramento della Confessione, dopo aver carpito con l'inganno il biglietto di ritrattazione il 15/09/1945, l'aveva vincolata alla promessa di mantenere sempre quella parola che poi sarebbe stata contenta.

ANCHE DON CORTESI DICEVA DI AVERE DELLE VISIONI
Ecco, raccontato direttamente da Adelaide, come don Cortesi riuscì con un altro inganno a convincerla che le sue visione erano solo fantasia: "Don Cortesi, di frequente, mi narrava che lui pure un giorno aveva visto la Madonna, Gesù Bambino e San Giuseppe, ma non era un'apparizione, perché li aveva visti solo nella fantasia e che perciò anche a me era successo così, perciò era grave peccato affermare agli altri che li avevo visti. Per molti mesi io sostenni decisa di averli visti, poi la parola di Don Cortesi insistente e persuasiva mi convinse che veramente facevo peccato a manifestare agli altri le apparizioni della Madonna: anche perché affermandomelo un sacerdote, io, come fui educata in casa di aver fede in ciò che dicono i preti, credetti alla sua parola e non osai più dire diversamente di quanto egli mi affermava e decisi pertanto di tenerlo solo nel mio cuore. Per farla finita con tutti, mi decisi di confessarmi. Difatti al Sacerdote Don Sonzogni mi accusai che non era vero ciò che narravo della Madonna.
Il 15 settembre 1945, come il solito, Don Cortesi mi portò da sola per interrogarmi, perché io, per suo ordine, non potevo parlare con alcuno; anzi, mi aveva detto che, a qualunque persona mi avesse avvicinato per interrogarmi, io dovevo dire: "Non sono autorizzata a rispondere". In una sala delle Suore Orsoline di Bergamo, dopo aver chiuso le porte, Don Cortesi mi dettò le parole da scrivere sullo sfortunato biglietto. Mi ricordo benissimo che, posto lo tato di violenza morale che stavo subendo, lo macchiai ed egli divise il foglio e me lo fece rifare, con molta pazienza, pur di ottenere il suo scopo. Così il tradimento fu compiuto." (cfr. "Questa è Bonate", Padre Bonaventura Raschi, pp. 53-54).

Ecco perché Adelaide negò su tutti fronti, ecco perché negò anche in questa quarta seduta, prendendosi gioco dei giudici.

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VERBALE DELLA QUARTA SEDUTA DEL TRIBUNALE DIOCESANO
per l'esame dei fatti di Ghiaie
(Seconda parte - Interrogatorio di Adelaide svoltosi il 06 giugno 1947)

IV Seduta
Alle ore 10.30 entra la bambina Adelaide Roncalli.
1) La mia maestra Sr. Bernardetta mi aveva chiesto se era proprio vero che avevo visto la Madonna. "Dimmelo" e io glielo ho detto che non era vero. Siccome mi chiedeva a tutto quello che mi domandava rispondevo. E allora le ho detto anche questo. Deve essere stata l'altro ieri. Siccome avevo fatto la cattiva la suora mi ha chiesto quella cosa.

2) Sì confermo quanto ho detto alla suora che non è vero che ho visto la Madonna. Prima quando ero alle Ghiaie avevo detto di averla vista per fantasia. Nessuno però dopo mi ha detto di continuare a dire così: Io avevo vergogna dopo della gente a dire che non l'avevo vista. E quando dicevo alla Mamma che l'avevo vista, lo dicevo così, lo dicevo per scherzo. Nessuno mi ha forzato a dire che avevo visto la Madonna, neppure mia cugina.

3) Ricordo adesso di aver scritto un'altra lettera, in cui dicevo ancora di aver visto la Madonna. Ero all'asilo delle Ghiaie. Mons. Merati contesta: "Mons. Bramini ha affermato che sarebbero state le suore dell'asilo a dirti di scrivere la lettera." La bambina risponde: "Io l'ho detto a loro se mi lasciavano scrivere una lettera al Vescovo e loro mi hanno detto di sì. L'anno scorso io sono andata a casa prima di mia sorella Palmina e sono andata a dormire in casa dell'Annunziata. E allor mi pare di aver detto a lei che non era vero di aver visto la Madonna e poi mi sono messa a piangere. All'asilo ho domandato carta e penna e ho detto alla Superiora che volevo scrivere una lettera al Vescovo. Non ricordo se le ho detto che cosa volevo scrivere. La cugina Annunziata vedendomi piangere ha detto: "Il Signore permette il male per far venire il bene." Poi l'Annunziata ha detto al curato quello che io avevo detto quella sera e al curato avevo detto ancora che avevo vista la Madonna perché avevo vergogna dirgli che non l'avevo vista. Già prima io avevo scritto la lettera all'asilo e poi la lettera l'avevo data al curato. Adesso ricordo bene che era una sera, che ero andata all'asilo con l'Annunziata; c'erano tutte le suore e lì andavo per scrivere la lettera. È venuta in mente a me di scrivere la lettera. Non ricordo che qualcuno abbia detto di scriverla. La lettera l'ho proprio scritta io, poi l'hanno firmata le suore e il curato, e l'ho data a lui per portarla al Vescovo. Io al momento non ho pensato se avevo detto una cosa vera o no. Con L'Annunziata mi ero messa a piangere perché ero pentita di aver detto che non era vero che non avevo visto la Madonna. L'Annunziata non ha fatto la faccia di contenta né di non contenta.

4) 5) 6) Delle due lettere che ho scritto riconosco che nella prima ho detto la verità e nella seconda la falsità.

7) Ora sono contenta, non ho più nulla da aggiungere.

A domanda di Mons. Patelli: "io devo fare une predica sulla Madonna: tu avresti piacere che dica che è apparsa o che non è apparsa la Madonna?". Risponde la bambina: "Che non è apparsa".
A domanda: "Cosa faresti se il Vescovo ti domandasse se è vero o no che hai visto la Madonna?" "Risponderei che non è vero che l'ho vista."
"Saresti contenta di incontrarti con don Cortesi?" "Sì:"
"Quando tu vedevi tanta gente venire a Ghiaie cosa pensavi?" "Io volevo dire che non avevo vista la Madonna ma poi avevo vergogna di tanta gente."
"Cosa vedevi quando fissavi il cielo con lo sguardo?" "Vedevo delle nuvole."
"E le risposte che davi a chi ti faceva domandar grazie come le davi?" "Le inventavo io."
E la bambina aggiunge spontaneamente che a Berta Liliana per non farle torto disse lei stessa che la Madonna prometteva la sua promozione e sa che poi è stata bocciata.
Alla bambina si legge la sua deposizione e la approva e si firma:
Adelaide Roncalli.

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COMMENTO
A cura di Alberto Bombardoni

IL PROCEDIMENTO È DA RITENERSI VIZIATO E QUINDI È NULLO
Anche in questo verbale emergono gravi irregolarità procedurali.
1) Il verbale non riporta nessuna data.
2) La seduta avrebbe dovuto essere immediatamente sospesa e aggiornata ad altra data per l'assenza del postulatore e avvocato per le apparizioni Mons. Angelo Bramini, difensore della piccola Adelaide. Un'altra volta il Tribunale ecclesiastico violava i diritti alla difesa di una fanciulla, soprattutto perché era implicata una bambina che aveva solo 10 anni, minorenne e priva della capacità giuridica di agire. Per questi motivi, tutto il procedimento non può che essere viziato e quindi è NULLO A TUTTI GLI EFFETTI per violazione del can. 1648 del Codice di diritto canonico.
3) Il notaio, mons. Magoni, non verbalizzò le domande principali poste ad Adelaide, ma solo le risposte.
4) Alla fine dell'interrogatorio, si superò ogni limite, leggendo alla bambina un verbale incompleto e giungendo persino a farglielo approvare e firmare malgrado l'impossibilità giuridica di farlo.


ADELAIDE VOLEVA USCIRE AD OGNI COSTO DA QUELL'INCUBO
Ma che valore dare a quelle risposte scontate, a tutte quelle negazioni? Che cosa ci si doveva aspettare da una bambina completamente plagiata da don Cortesi, impaurita, minacciata di non vedere mai più la sua famiglia e terrorizzata dal fuoco dell'inferno e dai suoi terrificanti demoni? Angosce terribili, paure di ogni sorta (persino della prigione), continui sensi di colpa furono sapientemente inculcati nella mente di Adelaide da don Cortesi che utilizzò ogni mezzo, anche illecito (compresa l'ipnosi), per raggiungere il suo scopo, effettuando persino esperimenti "sconsigliati come disonesti" (cfr. "Il problema delle apparizioni di Ghiaie", pag. 23) e sacrileghi (cfr. Storia dei fatti di Ghiaie, pag. 120) sulla povera fanciulla. Basti dire che don Cortesi era amico del prof. Cazzamalli, esperto occultista, il cui libro "La Madonna di Bonate" che tanto denigrò le Apparizioni di Ghiaie, è tuttora pubblicizzato su Internet in un sito che tratta di stregoneria e occultismo... Anche se le pratiche occulte erano severamente vietate e condannate dalla Chiesa, a Bergamo, all'Inquisitore fu tutto permesso, fu tutto lecito.
In una dichiarazione della mamma di Adelaide a mons. Bramini sul comportamento di don Luigi Cortesi si legge: "In questi ultimi tempi m'ebbe a dire che m'avrebbe condotto in casa quello che è stato a far dire, a ipnotizzare la bambina ecc... ed io sto ancora ad aspettarlo..."

In Curia, accreditarono la tesi del prof. Cazzamalli per contrastare e denigrare quella favorevole di Padre Gemelli che aveva nettamente invalidato ogni iniziativa del prete bergamasco con un giudizio drastico e senza appello. Il 25 gennaio 1946, don Cortesi inviò uno scritto sprezzante a Padre Gemelli dove tra l'altro affermava un particolare ripugnante: "I miei rapporti con Adelaide furono abitualmente più familiari... Particolarmente intimi ed affettuosi li resi quando mi si impose l'ipotesi della menzogna." (cfr. "La fonte sigillata", Domenico Argentieri, pag. 36). Lo stesso giorno, in una lettera all'assistente di Padre Gemelli, don Cortesi incolpava anche la Madonna di non avergli dato il preavviso perché si sarebbe trovato sul posto cinque minuti prima che scoppiasse il fenomeno (cfr. "La fonte sigillata" pag. 36).

VOLEVA ESSERE UNA BAMBINA COME TUTTE LE ALTRE
Ma altri motivi ancora spinsero la bambina a negare su tutti i fronti. Segregata e isolata dal suo mondo, violentata psicologicamente, la bambina non vedeva l'ora di fuggire da quell'incubo e dai suoi carcerieri. Don Cortesi aveva usato anche l'arma del ricatto e cioè la promessa, non mantenuta per molto tempo, di lasciarla ritornare a casa. Chissà cosa avrà pensato Adelaide, quando dopo la ritrattazione del 15 settembre 1945, le si aprirono finalmente, ma per poco tempo, le porte della libertà? Purtroppo, poche settimane dopo, fu di nuovo segregata, non più presso le suore Orsoline, ma presso l'istituto delle suore della Sagesse di Bergamo. Immaginate il dramma di quella bimba, privata ancora una volta di tutti i suoi affetti famigliari, tradita negli affetti anche dallo stesso don Cortesi nel quale aveva risposto la massima fiducia fino a dichiarare che lo avrebbe voluto come padre. Adelaide vedeva infrangersi tutti i suoi sogni, le sue speranze di fanciulla qualunque e ricadeva nel grigiore e nel tormento delle mura del convento che per lei era un nuovo carcere. Priva della libertà, controllata giorno e notte ed esasperata da metodi repressivi anti-pedagogici delle suore, succube e ancora alla mercé di don Cortesi che la controllava dall'esterno, priva della sua identità (le avevano persino imposto un altro nome), Adelaide doveva uscirne ad ogni costo e sfuggire una volta per tutte da quella bolgia infernale. Rivoleva la sua casa, la sua mamma, i suoi affetti. Voleva anche lei essere "una bambina come tutte le altre".

Il 22 agosto 1948, scrisse all'Abate di S. Ambrogio Mons. Ennio Bernasconi: "... i sacerdoti mi tormentavano con continue domande e insistenti, che mi confondevano la testa. Io la prima volta che dissi di non aver visto la Madonna perché fui comandata dal reverendo don Cortesi. Invece altre volte lo dissi perché non mi piaceva stare in collegio e volevo andare a casa con mia mamma, poi perché volevo essere anch'io una bimba come le altre. E poi perché mi lasciai vincere dal demonio, il quale mi suggeriva di dire di no che poi mi sarei trovata più contenta. Subito dopo il giuramento volevo dire che la Madonna mi era apparsa, ma non ebbi il coraggio di contraddire il no."

Chi era veramente quel "demonio" di cui parlava Adelaide che le suggeriva di dire di no che poi si sarebbe trovata più contenta?
Di sicuro, il demonio che agisce contro le famiglie.
Anche don Cortesi le aveva imposto, nel segreto del confessionale, "di mantenere sempre quella parola" cioè quella della negazione, che si sarebbe trovata contenta!

Adelaide non era stupida, e dopo quello che aveva subito, aveva capito che l'unica via di salvezza, passava attraverso una bugia: la negazione delle apparizioni che doveva sostenere ad ogni costo, il prezzo della libertà. Solo così sarebbe ritornata una bambina come tutte le altre. Povera Adelaide, non sapeva che cosa l'aspettava!

SCRISSE PERSONALMENTE TUTTO IL SUO DRAMMA AL PAPA

Il 13 maggio 1960, Adelaide Roncalli scrisse una lunga lettera a Papa Giovanni XXIII che fu recapitata al pontefice per vie riservate tramite il card. Gustavo Testa. La lettera fu presentata al Papa da mons. Loris Capovilla, il 27 maggio 1960. Riportiamo di nuovo gli stralci più significativi:
"Beatissimo Padre, chi osa mandare questa lettera è l'ultima delle vostre figlie, che ora mai non ha, come ultimo scampo che il vostro immenso cuore di padre. Sono Adelaide Roncalli del Torchio di Ghiaie di Bonate, quella figliola che bambina di sette anni, nel maggio 1944 vide tredici volte la Madonna, più volte però con S. Giuseppe e Gesù Bambino e da cui sentii quelle cose che scrissi e che ho ancora vive nel cuore. Dico che ho visto perché io in coscienza sento proprio così e darei la mia vita per confermare questa mia convinzione. Anche in quell'anno 1944 io ero certa di aver visto la Madonna, ma dopo, quando mi interrogarono i sacerdoti incaricati dal vescovo e mi fecero giurare, prima dissi di sì e poi di no, perché avevo paura di fare un grosso peccato mortale affermando di aver visto la Madonna.
Durante i giorni dell'apparizione mi portarono via dalla mia casa e dai miei genitori, dalle suore Orsoline in via Masone. Là veniva solo don Cortesi e mi seguiva sempre una suora da lui scelta a vigilarmi. Un po' alla volta egli mi andava persuadendo che io avevo visto colla fantasia appena l'apparizione, mentre in realtà fuori dai miei occhi non c'era stato niente. Anche don Cortesi diceva allora che aveva visto anche lui di queste visioni della Santa Famiglia, ma non si era mai sognato di dire di aver avuto delle apparizioni. Anche tanti altri - continuava a dirmi - hanno gli stessi fenomeni di fantasia, ma se ne guardano bene di dire di aver avuto delle apparizioni..
Ero dalle suore Orsoline in via Masone, don Cortesi un po' alla volta mi persuase che io facevo un grosso peccato mortale a dire di aver visto la Madonna perché era stata tutta una mia fantasia.
Facevo fatica ad ammettere questo, ma mi faceva tanta paura di andare all'inferno che scrissi un biglietto come voleva don Cortesi per dire che io avevo fatto una bugia a dire che avevo visto la Madonna.
Dentro nel mio cuore però io sentivo che l'avevo proprio vista e lo dicevo ancora, ma poi avevo paura di aver fatto peccato e andavo a confessarmi.
Anche quando andai in collegio dalle suore francesi in Città Alta io ero sempre in questo stato d'animo e là quando i sacerdoti incaricati dal vescovo mi fecero giurare per domandarmi se avevo visto la Madonna prima dissi di si e narrai come l'avevo vista, ma poi per paura di aver fatto peccato dissi che non l'avevo vista...
Solo mi rimase l'amaro rimorso di aver negato la Madonna e di aver così impedito il riconoscimento della Sua Apparizione. Se in quegli anni però io non avessi avuto paura di fare peccato a dire che l'avevo vista non l'avrei certo negata a costo di qualunque sacrificio...
E ancora una supplica: lasciate che quanti amano e continuano a credere alla Madonna possano andare liberamente sul luogo delle apparizioni. Sono quindici anni che la gente ci va, ma c'è anche la proibizione.
E per me Santo Padre non ci sarà un segno di misericordia e di perdono? Sballottata dalla mia infanzia ad ora, un po' da ogni parte, mi sono portata nel cuore, sotto nome diverso da quello del mio battesimo, il ricordo vivo dell'Apparizione, il rimorso di averla negata e il desiderio di tornare ad essere Sacramentina. Ma non me lo hanno più permesso. Da anni sono qui infermiera al Policlinico di Milano e aspetto ancora, aspetto sempre che si compia il desiderio della Madonna su me. O sarà un'attesa vana? Dite una parola Beatissimo Padre e tutto andrà a posto..."

E il Papa, come sappiamo, l'08 luglio 1960 scrisse una lettera personale riservata a Mons. Battaglia con il suo punto di vista sulla questione e indicando la via da percorrere.

Il 31 maggio 1944, la Madonna disse ad Adelaide "Prega per il Papa e digli che faccia presto, perché voglio essere premurosa per tutti in questo luogo". Ma Pio XII e i suoi successori, non poterono fare presto perché quella storia così bella e unica per tutte le famiglie del mondo, era stata stravolta e doveva rimanere prigioniera nella mura di Bergamo.
Purtroppo le conseguenze di quel continuo negare la verità di quelle Apparizioni sono sotto gli occhi di tutti: separazioni, divorzi, convivenze, matrimoni civili, aborti, Aids, clonazione...

Santo Padre, riapra quella "fonte sigillata" e dia luce e speranza a tutte le famiglie del mondo!

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Fonti:
- Fonti private e riservate.
- Curia di Lodi - Incartamento di Mons. Bramini.
- Curia di Bergamo - Incartamento del processo.
- Altre fonti citate nel testo.

- Articolo pubblicato sulla Rivista SENAPA - ANNO IX - NUMERO 5 - 2004

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Allegato   Data inserimento:  06/06/1947