In data 26/01/2001, don Giovanni Bonanomi, inviava al Consiglio diocesano una lettera per rispondere in particolare a Mons. Pesenti che era intervenuto sull'Affare Ghiaie.
PUNTUALIZZAZIONI DI DON BONANOMI IN MERITO ALL'INTERVENTO DI MONS. PESENTI AL CONSIGLIO DIOCESANO SEDUTA DELL'11/10/2000
26 gennaio 2001
AL MODERATORE CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO Mons. POZZI CURIA VESCOVILE PERGAMO
Sono lieto di aver finalmente ricevuto il verbale atteso dell'ottavo consiglio presbiterale diocesano, avvenuto il 11/10/00 e pubblicato su Vita diocesana.
Apprezzando i vari interventi, tutti molto positivi, di cui si è data breve comunicazione nel verbale, mi fermo su quello completo e un po' fazioso di mons. Antonio Pesenti. Dico subito che non è vero che in 50 anni si sia condotta una campagna capillare infamante sulle Ghiaie di Bonate. Se qualche lamentela c'è stata ed era logica, la gente ha notato che non tutto filava diritto nel decreto "non constat". A questo proposito allego il documento redatto da Mons. Bramini, chiamato dalla commissione teologica formata dal vescovo Mons. Bernareggi, come difensore del vincolo. Mons. Pesenti, nel suo intervento, di questo documento non fa neppure un accenno, nonostante sia fondamentale la testimonianza del difensore del vincolo.
Niente da eccepire sulle personalità che componevano la commissione teologica.
Rinvio solo alla lettura delle proteste di Mons. Bramini nel citato documento. Casualmente anni fa, mi sono trovato in corso di esercizi spirituali con il Prof. Stefano Tommasoni di Brescia, purtroppo, ora defunto, a cui avevo esposto la mia angoscia per veder languire la causa "Ghiae". Mi ha risposto che lui era contrario a quel decreto per il quale non aveva voluto votare. Per quanto riguarda l'intervento di Roma, nella persona del cardinal Ottaviani, va rilevato che nel 1948 erano in corso le famose apparizioni alle "Tre fontane" a Roma e quindi prudentemente ha voluto far soprassedere ogni appoggio alle "Ghiaie". Comunque nella mia recente visita a Roma, in occasione del Giubileo ero alloggiato nella zona e ho la testimonianza dei miei pellegrini della grande affluenza di quel sacro luogo per il quale Pio XII ebbe a dire: " Ma che cosa dobbiamo decidere? Non si fa del bene? Non ci sono ravvedimenti? Non si prega? Non si accomodano matrimoni? E allora lasciamo che la Madonna faccia quello che noi non possiamo fare".
A riguardo del decreto del maggio 1944, mi sembra un po' ambiguo il fatto di ammettere che la Madonna abbia concesso grazie speciali, ai pellegrini che si recavano alle "Ghiaie", premiando la devozione verso di lei, da parte di coloro che disubbidivano al vescovo.
Per quanto riguarda la cappella, essa fu eretta per intervento diretto di Mons. Bernareggi, che ne affidò la progettazione al geom. Alessandro Baroni, partigiano tuttora vivente, col quale ho frequenti contatti e che abita a Mozzo. La cappella così come è, molto simile a quella di Fatima, come può constatare chi si reca a Fatima. Non so quale collegamento ci sia stato in proposito. Dice Baroni: "Quando un sacerdote aveva parlato di demolire quella cappella il vescovo Bernareggi si è arrabbiato fortemente dicendo secco: "La cappella non si tocca"".
A detta di alcune persone Mons. Bernareggi aveva espresso il desiderio di rivedere l'elaborato della commissione teologica dopo dieci anni. Purtroppo dopo tre anni morì.
È ingarbugliato il caso del sig. prof. Walter De Giuseppe. Ho più volte riconosciuto intemperante e irriverente la sua difesa di "Ghiaie" parlando con il suo amico maestro Luigi Stambazzi. A giustifica di questi toni, ricordo che vivevamo negli anni 1970 - 1980 ed era comprensibile che nel clima di controriforma si esagerasse nell'integralismo religioso. Basti pensare che sulla Chiesa nuova di Monterosso, la mia Chiesa, a caratteri cubitali, apparissero infamanti scritte contro le chiese nuove, i preti nemici dell'aborto e del divorzio. Per loro era necessario appoggiare questi orientamenti per salvare Seveso dal contagio della diossina. In questo clima certi, troppo zelanti cattolici, passarono al contrattacco sapendo che a sostenere quei giovani in prevalenza passati poi alle Brigate Rosse, c'erano anche preti da poco usciti dal seminario. La difesa delle apparizioni della Madonna, apparsa alle Ghiaie di Bonate era per loro un'arma efficace per difendere la santità del matrimonio e della famiglia. Passarono allora anche alle ingiuste offese personali contro Don Cortesi accusato a torto di essere loro sostenitore.
Non posso omettere la questione Mons. Battaglia. Mi trovavo nel 1988 a Faenza con Mons. Antonio Milesi, mio carissimo ex parroco, che credeva fermamente alle apparizioni, per aver avuto un fratello miracolosamente sanato dalla Madonna e il papà, amministratore dei beni della Curia. Il Cav. Milesi aveva provveduto, per ordine del vescovo Bernareggi all'acquisto del terreno adiacente alla cappella intestandolo all'opera San Narno. Orbene Mons. Battaglia ci ha detto testualmente: "Che cosa aspettate voi sacerdoti di Bergamo a far approvare quelle apparizioni così utili al risveglio dei valori della famiglia e alla devozione alla Madonna?"
Il segretario di Mons. Battaglia mi disse poi, che il suo vescovo subì varie pressioni dalla Curia di Bergamo e di Roma per cui decise, nella sua umiltà ed obbedienza di ritirare la proposta in attesa di tempi migliori. Per quanto riguarda ancora Mons. Cortesi, con cui mi trovavo di frequente e che spesso accompagnavo nella sua villa di Ponteranica, ogni volta che toccavo l'argomento "Ghiaie" negava la sua ingerenza nella commissione e per ben due volte negava di aver scritto libri su "Ghiaie". Sentendomi preso in giro, amichevolmente gli dissi che io non avevo titoli accademici per sostenere la mia fede su quell'argomento, ma avevo sufficienti motivi per crederci. Mi rispondeva: "Beato te". Rendo noto che più volte ho redarguito il signor Stambazzi Luigi, amico di De Giuseppe, rimproverandolo che essi usavano mezzi indegni per difendere una causa buona e che più che di scritte bisognava difenderla con preghiera e digiuno per non copiare i mezzi usati dalla Brigate Rosse, che loro volevano combattere.
Non posso tacere una risposta a Mons. Pesenti riguardo a quel sacerdote con cui si è incontrato alla processione di S. Caterina il 18 agosto. Quel prete ero io, le parole che io allora avevo pronunciato erano queste: "Come mai sei qui tu alla processione, tu che hai fatto tanto contro le apparizioni della Madonna delle "Ghiaie"? Non ho fatto per nulla apprezzamenti sulla sua devozione alla Madonna per la quale non dubito che egli l'avesse. Devo anzi dire che più volte l'ho ringraziato per avermi mandato, quando era superiore dei preti del Sacro Cuore, quei due preziosi sacerdoti don Erminio Brasi e specialmente don Guglielmo Micheli che per 20 anni mi è stato preziosissimo e validissimo collaboratore nella parrocchia di Monterosso. Per i tre mesi di reggenza della parrocchia delle Ghiaie da parte di Mons Pesenti, a detta di molti fedeli di quella parrocchia, egli non ha mai oltrepassato la soglia della frazione Torchio, distante 100 m dalla cappella, perciò egli non può dire che erano scarse le presenze dei pellegrini, perché dal 1944 la presenza è sempre stata costante anche se diminuiva nella brutta stagione. Per le offerte, nella gente c'era la convinzione che tutte quelle che si raccoglievano, venivano portate da Don Duci in Curia per il Seminario o per il Tempio Votivo di S. Lucia.
A questo punto chiudo ogni polemica approvando pienamente le proposte di alcuni membri del Consiglio Presbiterale che propongono di tener conto delle migliaia di fedeli che alle "Ghiaie" vengono a pregare, esporre i loro affanni e chiedere alla Madonna protezione. Nei sei anni di mia permanenza alle Ghiaie, oltre a numerose conversioni e ad una più intensa vita cristiana, ho potuto constatare la riconciliazione di numerose famiglie in crisi.
Sono pure d'accordo con chi nel Consiglio Presbiterale ha proposto una recinzione e il controllo delle forme di preghiera per impedire indebite intromissioni di veggenti o carismatici contro i quali, in perfetta armonia con il parroco Don Elio, abbiamo sempre lottato.
In questi sei anni passati con grande mia consolazione pastorale e sacerdotale, ho raccolto tante testimonianze scritte che tengo in deposito a casa mia. Alla lettera dell'Ordinario che così si esprime: "Quando un prete è in una parrocchia per sua iniziativa, e quindi per un contratto privato deve lasciare la parrocchia prima che arrivi il nuovo parroco" e come Garibaldi, da buon patriota, ho obbedito, anche se con grande angoscia.
Auspico che arrivino direttive pastorali sollecite per raggiungere questi obiettivi e concludo con le parole di Pio XII già dette sopra: "Ma che cosa dobbiamo decidere? Non si fa del bene? Non ci sono ravvedimenti? Non si prega? Non si accomodano matrimoni? E allora lasciamo che la Madonna faccia quello che noi non possiamo fare".
Don Giovanni Bonanomi ========================================================================================== (Fonte: Lettera resa pubblica da Don Giovanni Bonanomi)
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