Autore:  Vari Data documento:  31/12/2006
Titolo:  LA CONNIVENZA CON I NAZISTI

 LA CONNIVENZA CON I NAZISTI: don Cortesi sapeva tutto?

1 LA MENTALITÀ, IL MOMENTO STORICO E LE OPPOSIZIONI NEI CONFRONTI DELLE APPARIZIONI DI GHIAIE

"La Chiesa ha usato sempre correttamente molta prudenza nell'esame delle apparizioni, ma nel caso di Ghiaie l'opposizione non è certo dettata da questa virtù, né dall'amore per la verità. In quegli anni terribili di guerra, oltre al cerchio di ecclesiastici che hanno sostenuto l'azione inquisitoria di don Cortesi, vi erano altri nemici dichiarati delle apparizioni della Madonna come i regimi totalitari e in particolare i nazisti. Le apparizioni di Ghiaie, alle quali erano accorsi milioni di persone provenienti da ogni parte d'Italia e d'Europa inneggianti la pace, avevano suscitato molto allarme nella gerarchia tedesca perché favorivano di fatto la Resistenza. Lo stesso capitano delle SS., Fritz Langer, cattolico austriaco, "servitore della croce uncinata", di stanza presso il Seminario di Bergamo, legato a don Cortesi da uno stretto vincolo d'amicizia, dopo aver ricevuto da Berlino l'ordine di smontare i fatti fino a sequestrare la veggente, deve aver certo premuto in modo minaccioso sulla stessa Curia, nell'ambito della quale il capitano delle SS. deve aver suscitato una grande paura per trovare anche un certo consenso. Quel tempo orribile è segnato dalla dichiarata volontà dei regimi totalitari di distruggere la Chiesa per sostituire nelle masse nuovi idoli e culti anticristiani. Perciò le opposizioni alle apparizioni di Ghiaie, che invece hanno rappresentato e rappresentano un forte momento di richiamo ai valori fondamentali della fede cattolica e di ritorno alla Chiesa per tutti i popoli, segno di libertà dal dominio e dall'arroganza del potere, di fedeltà al Papa, mostravano anche una pericolosa commistione fra uomini di orientamenti antitetici, ma uniti da una comune pericolosa radice culturale."

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2 CHI ERA QUESTO CAPITANO FRITZ LANGER?

Dal libro "I cattolici di Bergamo nella resistenza", senatore Giuseppe Belotti, ed. Minerva Italica, da pagg. 312 a 315.

"Il capitano viennese Fritz Langer, comandante le SS di stanza a Bergamo, ha un temperamento opposto rispetto a quello del prussiano presidente Gaedicke: estroverso, brillante, conciliante il viennese, quanto introverso, rigorista, formalista il prussiano.

C'è chi ritiene che le due figure, profondamente dissimili, del militarismo nazista finiscano per integrarsi nel metodo del bastone e della carota: Gaedicke è - magari suo malgrado - l'uomo del bastone, della "voce del padrone", dei fulmini della legge marziale; Langer invece è l'uomo della carota, che ti fa l'occhiolino per farti desistere dalla lotta perché il patriottismo è una cosa santa ma non va spinto fino alla temerarietà; che dice di capirti perché lui, austriaco, non è insensibile al martirio della sua patria; che promette pane e perdono ai ribelli rinsaviti; che si offre come saggio consigliere per sciogliere i nodi più complicati e per rendere il destino meno duro agli arrestati.

Langer, commediante perfetto, trasformista abilissimo, è un conoscitore delle astuzie più raffinate della tattica disgregatrice; Gaedicke è il prussiano monolitico che assume la solennità di un patriarca nibelungo dall'alto del suo seggio di presidente della corte marziale e quando, in elmetto, deve leggere le sentenze di condanna a morte e comandare il plotone di esecuzione.

Gaedicke è una figura balzacchiana; Langer avrebbe sollecitato l'estro caricaturale di Anatole France.

Il nome di Gaedicke è esecrato come quello di Hitler, tranne che nella ristretta cerchia di coloro che ne hanno scoperto il senso umano e la pena segreta; quello di Langer è quasi popolare nelle valli e in montagna, come quello di un simpaticone, di un doppiogiochista, di un pompiere sul fanatismo degli "ultras" del nazismo, ed è visto in campo cattolico come quello di un'anima bella sotto la croce uncinata.

Nessuno può mettere in dubbio il fatto che, in momenti nevralgici, Langer abbia reso segnalati servigi ai partigiani per conoscerne a fondo la consistenza e le intenzioni ed averne in mano, alla lunga, le sorti. Se così non fosse stato, non avrebbe potuto resistere sino all'ultimo nelle sue funzioni di comandante delle SS: i capoccioni nazisti, che silurano Gaedicke per il suo eccesso di condiscendenza verso don Vismara e per i suoi atteggiamenti di insofferenza verso l'inumano oltranzismo dei fascisti, non avrebbero certo consentito che proprio il comandante delle SS - e austriaco, per giunta - facesse impunemente il disfattista come quinta colonna della "partigianeria".
Indiscutibile, come elemento comune nei due Fritz, è la crescente disistima dei fascisti.
Gaedicke, al processo Maj, non nasconde il suo indignato fastidio per la prova provata delle torture inflitte all'imputato dagli sgherri di Resmini e rinvia il processo; messo al corrente della feroce rappresaglia divisata dai fascisti a San Sebastiano sui colli di Bergamo, si fa promotore del perentorio divieto emanato dal comandante la piazza.
Langer, a Fonteno, tocca con mano la slealtà dei brigatisti neri di Resmini. Egli ricorda abbastanza da vicino il manzoniano Ambrogio Spinola, successore di Don Gonzalo come regista della guerra per la successione nel ducato di Mantova e per il possesso del Monferrato. La Waterloo del comandante Spinola è l'assedio di Casale; la "débâcle" del capitano Langer, comandante la piazza di Bergamo, è la battaglia di Fonteno.
Il 31 agosto '44, per liberare alcuni graduati delle SS che giorni prima erano stati catturati dai partigiani con la macchina su cui viaggiavano, Langer aveva messo in atto un dispositivo-trappola per prendere, come suol dirsi, due piccioni con una fava: liberare i prigionieri e dare una lezione memorabile ai partigiani della 53a brigata Garibaldi. La trappola ideata dallo stratega Langer, concertata col Resmini, era da manuale: mentre le SS al comando di Langer puntavano direttamente su Fonteno ove si trovavano i prigionieri tedeschi, più di trecento brigatisti neri armatissimi, al comando di Resmini, dal monte Torezzo avrebbero dovuto aggredire i partigiani alle spalle. La manovra si concluse con un fiasco solenne: prima che le camicie nere, impegnate in furioso combattimento da poco più di quaranta partigiani sul monte Torezzo, potessero giungere a Fonteno, Langer e i suoi finirono con gli automezzi e l'armamento nelle mani di trenta partigiani che, dopo averli disarmati, li chiusero prigionieri nelle scuole del paese.
Dopo un consulto in piazza coi rappresentanti della popolazione, i partigiani decisero di proporre a Langer di garantirgli la vita, per sé ed i suoi, alla condizione di far rientrare a Bergamo la brigata nera (arrivata a Solto Collina, cioè a tre chilometri da Fonteno, dopo aver lasciato sul Torezzo una trentina di morti) e di rinunziare, sulla sua parola d'onore, a ulteriori invii di truppe nella zona. Langer, ovvio a dirsi, accettò al volo le proposte: una delegazione composta di partigiani armati e di tedeschi disarmati si recò sulla strada di Solto per parlamentare con Resmini; un'altra delegazione, con Langer e il comandante della brigata partigiana ("Montagna") andò sul Torezzo per far cessare il fuoco. Resmini, subì lo smacco con parole di risentimento verso Langer, ma dovette obbedire.
La parola d'onore di Langer, però, va sul fico: i brigatisti neri iniziano la rappresaglia pochi giorni dopo (pare, da informazioni successive, senza veti perentori da parte dello stesso Langer, anzi, col suo coperto consenso) e replicandola in dicembre con uccisioni, arresti, incendi di case e di stalle a Fonteno e nei dintorni.
Il volpino Langer, naturalmente, se ne dorrà (almeno a parole), ma non farà nulla per difendere il suo prestigio di comandante e la sua stessa credibilità.

Commediante perfetto, sarà maestro anche nell'arte del vittimismo: si dirà un idealista incompreso messo dalla sorte tra due respingenti d'acciaio: il fanatismo hitleriano ed il folle oltranzismo dell'infido Resmini.

Nessuno ha saputo, né saprà mai, fino a quale punto fosse sincero verso l'ambiente resistenziale: troppi fatti restano contro di lui, anche se testimonianze autorevoli di personaggi di primo piano della Resistenza bergamasca, nelle loro dichiarazioni di benservito (maggiore tra le quali quella del dott. Bruno Quarti questore della Liberazione) ne attestano il rispetto della parola data come uomo e come soldato ed esprimono l'impressione che egli "non fosse un nazista convinto", mentre era "certamente un antifascista".

Gli aspetti più sconcertanti del "fenomeno" Langer appaiono tuttavia dopo il 13 novembre '44, cioè dopo il famoso proclama del generale Alexander ai partigiani d'Italia, di invito a desistere dalla resistenza attiva per attendere con le armi al piede (invito all'attendismo inerte, alla temporanea smobilitazione che, se non fosse stato prontamente respinto dal CLNAI, avrebbe provocato, col sopravvento del pessimismo e del disfattismo, la Caporetto della Resistenza italiana). Proprio in quel momento cruciale della lotta clandestina, quando i nazifascisti, con l'acqua alla gola, portano all'acme la repressione e le blandizie, cioè la tattica del bastone e della carota, per disperdere il movimento resistenziale, giganteggia l'insonne attivismo del Langer, fiancheggiato dallo slancio missionario di alcune pie signore e dal meno candido fervore dei soliti paladini del compromesso, per indurre i partigiani alla rinunzia, alla resa, all'abbandono, "inermi e inerti", alla "paterna sollecitudine" dei lupi nazifascisti.

Langer, personaggio melodrammatico, conclude la sua vicenda bergamasca, nei giorni della Liberazione, alla maniera degli antichi Germani sconfitti (secondo la testimonianza di Tacito). Anziché costituirsi, tenterà di togliersi la vita mirando al cuore con la pistola d'ordinanza. Ma il proiettile - vuoi perché il tentato suicida era mancino, vuoi perché era un proiettile intelligente, devierà sensibilmente dal cuore lasciandolo vivo. E le solerti cure alla clinica Castelli basteranno a rimetterlo in sesto, consentendogli a fine settembre di tornare a Vienna, la sua città. Da Merano, il 30 settembre 1945, Fritz Langer inviava al dott. Bruno Quarti la seguente lettera (testo tradotto dall'originale in tedesco) :
"Prima di lasciare la Sua bella patria, Le invio i miei ultimi saluti. La ringrazio per tutto ciò che ha fatto per me, e quindi per la mia famiglia. In Lei, combattente per la libertà, ho cercato e trovato un uomo d'onore. Il massimo onore per un uomo è quello di servire la sua patria. La prego di trasmettere i miei saluti anche ai Suoi vecchi, sperimentati compagni di lotta, e di comunicare loro che, nel corso della guerra di liberazione, io non ho mai conosciuto un solo uomo che sia venuto meno al proprio onore di combattente per la patria, tanto che oggi come prima vorrei esprimere a Voi la mia assoluta e piena ammirazione. Auguro alla Sua patria di poter raccogliere i frutti del grande sacrificio che Lei e i Suoi compagni di lotta hanno compiuto per essa".
"Il massimo onore per un uomo è quello di servire la sua patria".
Ma quale patria?
Anche lui, Langer, aveva una patria che era il cuore d'Europa per luce di civiltà, e l'Anschluss, l'atto di rapina di Hitler "compiuto nelle forme più ripugnanti e accompagnato dalle circostanze più infami" - come scrisse Thomas Mann - l'aveva ridotta, come l'Italia, a un distretto tedesco, al ruolo dell'Abissinia.

E lui, cattolico austriaco, portava le insegne militari dell'oppressore, del confiscatore, perfino quel motto Gott mit uns ("Dio con noi") impresso nella fibbia del cinturone delle SS, che era una bestemmia e una profanazione..."

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3 LANGER SUGGERI DI RIVOLGERSI A DON CORTESI CHE SAPEVA TUTTO

Testimonianza del maestro Luigi Stambazzi, studioso delle Apparizioni di Ghiaie di Bonate e autore del libro "Fatti e misfatti di Ghiaie di Bonate", edizioni Villadiseriane.

"Nel maggio 1944, durante il periodo delle Apparizioni di Ghiaie di Bonate, il capitano viennese Fritz Langer era comandante delle SS di stanza a Bergamo. Da mons. Federico Berta, ex segretario del vescovo mons. Bernareggi, seppi che Fritz Langer era stato guardia del corpo del Primo Ministro cattolico Dollfuss che si era opposto a Hitler e da questi fatto uccidere nel 1934 a Vienna, prima dell'occupazione dell'Austria. Con l'avvento del nazismo, Langer si iscrisse subito a quel partito e partecipò alla caccia agli Ebrei a Vienna, come descritto ne "Il grande dittatore". Dopo l'invasione dell'Italia, dopo la caduta di Mussolini, nel 1943 divenne capo della polizia tedesca di Bergamo. Qui dette la caccia ai Partigiani sulle montagne, d'accordo con il capo delle Brigate Nere, Resmini, con alterne fortune. Alla fine delle dittature nazifascite, nell'aprile 1945, Resmini fu catturato e fucilato dai Partigiani, mentre Langer, anziché costituirsi, tenterà di togliersi la vita mirando al cuore con la pistola d'ordinanza. Ma il proiettile, vuoi perché il tentato suicida era mancino, vuoi perché era un proiettile intelligente, devierà sensibilmente dal cuore lasciandolo vivo. E le solerti cure alla clinica Castelli basteranno a rimetterlo in sesto, consentendogli a fine settembre di tornare a Vienna la sua città, RACCOMANDATO "COME UN BUON CRISTIANO" DAL VESCOVO MONS. BERNAREGGI E DA DON CORTESI SUO AMICO, AGLI ALLEATI I QUALI GLI AFFIDARONO LA CARICA DI GOVERNATORE DELLE ZONE LIBERE DI VIENNA FINO ALLA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA. LASCIÒ IL FIGLIO FRITZY NEL COLLEGIO S. ALESSANDRO DI BERGAMO DOVE STUDIÒ PER DUE ANNI, SOTTO LA PROTEZIONE DEL VESCOVO. IL CAPITANO LANGER MANTENNE UNA CALDA AMICIZIA CON DON LUIGI CORTESI CHE AVEVA CONOSCIUTO MENTRE ABITAVA NELLA PARTE ALTA DEL PALAZZO DEI PROFESSORI IN SEMINARIO DI BERGAMO, REQUISITO IN PARTE COME SEDE DEL COMANDO DELLE S.S..

Nel 1978 - sono sempre parole di Luigi Stambazzi - mi ero recato prima da don Cortesi in via Fustina a Ponteranica per avere conferma di quanto dichiarato, il quale mi consegnò una cartolina ricevuta di recente dal capitano Langer che viveva a Vienna sua città natale, con l'indirizzo esatto.

Nel dicembre 1978 mi recai a Vienna per conto del senatore Belotti che preparava il secondo volume del suo libro "I Cattolici di Bergamo nella Resistenza". Cercavo l'ex-capitano delle S.S., Fritz Langer che era stato comandante della gendarmeria tedesca durante l''occupazione di Bergamo. Volevo sapere se Hitler si fosse occupato personalmente della Apparizioni di Ghiaie, dato che lo stesso don Cortesi aveva dichiarato: "Il commando tedesco, che si era installato in Seminario col capitano lager delle SS. portavoce diplomatico, accusava il clero di aver "deviato" la gioventù italiana, al punto di strumentalizzare lo stesso fatto clamoroso della presunta apparizione della Madonna alle Ghiaie di Bonate per agevolare la dissoluzione dell'esercito repubblichino. Al Comando tedesco, infatti, era diffuso il sospetto che la profezia mariana riferita dalla veggente bambina Roncalli, relativa alla fine della guerra entro tre mesi se gli uomini avessero fatto penitenza, fosse una volpina invenzione del clero bergamasco: dire che fra tre mesi sarebbe venuta la pace (e si sapeva bene quale sarebbe stata la parte soccombente) equivaleva a un invito (per di più venuto dal cielo) ai giovani a disertare dalle forze armate del governo di salò; e, per contro, a un incoraggiamento alle formazioni partigiane a tener duro ancora per poco".
Per rendersi conto della fondatezza dell'allarme diffuso nel presidio germanico di Bergamo e negli ambienti fascisti dalla vicenda della Madonna delle Ghiaie, bisogna pensare che la notizia dell'apparizione, della profezia e dell'afflusso di folle imponenti sul luogo dell'apparizione aveva avuto un'eco clamorosa in tutto il Nord Italia e fuori, al punto da indurre lo stesso Hitler a interessarsi del caso" (cfr. "I Cattolici di Bergamo nelle Resistenza", G. Belotti, pag. 117)

Nel dicembre di quell'anno (1978), presi il treno e, a Vienna, tramite l'ambasciata italiana, contattai telefonicamente l'ex-comandante delle SS tramite un interprete. Egli si scusò dicendo che non ricordava più nulla di quel periodo a Bergamo, ma che soprattutto non desiderava parlare con un giornalista, perché i suoi colleghi che lo avevano fatto erano stati riconosciuto dalle loro vittime, denunciati e condannati. Specialmente dagli ebrei che erano sopravissuti scampati dai campi concentramenti.

(Ricordo ancora che a Bergamo, Langer si era conquistato la simpatia di un certo clero conservatore, perché cattolico. Ma non aveva potuto esimersi dal combattere i partigiani. Requisita una parte del palazzo dei Professori del Seminario di Bergamo, aveva convissuto con don Cortesi ed erano diventati amici. Qui venivano portati i partigiani catturati nelle Valli, interrogati e poi avviati alla fucilazione nel carcere di S. Agata. Dopo la guerra aveva mantenuto una calda amicizia con don Cortesi anche lui abilissimo a tenere i piedi in due scarpe. Mentre faceva il finto partigiano "conversando con intellettuali antifascisti nell'albergo della Teresina a Zambla Alta" - parole dello stesso Cortesi -, cercava di distruggere le Apparizioni di Ghiaie che davano tanto fastidio ai tedeschi e ci riuscì tanto abilmente.)

Alle mie domande specifiche - continua Luigi Stambazzi - il capitano Langer si trincerò sempre dietro: "Non mi ricordo niente"; ma alla mia insistenza promise che il giorno dopo mi avrebbe incontrato alla stazione Nord di Vienna, assieme a suo figlio Fritzy che, avendo studiato per due anni a Bergamo, parlava bene l'italiano. Ma non si presentarono all'appuntamento. Già mi aveva detto al telefono che non aveva voglia di parlare trincerato dietro la scusa: "è passato troppo tempo e non ricordo. CHIEDETELO A DON CORTESI. EGLI SA TUTTO!..."

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Commento:
Dobbiamo quindi dedurre che don Luigi Cortesi collaborò attivamente con l'amico Langer contro le apparizioni di Ghiaie di Bonate.

Ci sono molti indizi che avvalorano il fatto che Hitler, saputo della profezia della fine della guerra entro due mesi, si interessò particolarmente delle Apparizioni di Ghiaie, sospettando che esse fossero un'invenzione degli Inglesi per scoraggiare le sue truppe, ordinando di sorvegliare il luogo delle Apparizioni ed eventualmente di sequestrare la bambina. E dopo l'attentato del 20 luglio 1944, anche la piccola veggente corse gravi pericoli e rischiò di essere rapita e deportata in Germania.
Infatti, ci risulta da documenti, che due alti ufficiali tedeschi si recarono all'Italcementi di Bergamo dal sig. Verri e poi in Curia dal vescovo mons. Bernareggi per sapere dove si trovava la bambina e poterla prelevare, ma furono depistati. Qualcuno allarmò il convento dov'era reclusa Adelaide tanto che le suore dovettero inscenare la finta morte della bimba e con la scusa di portarla al cimitero, la trasferirono in un altro posto sicuro.

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4 LE DUE PROFEZIE AVVERATE
Commento del prof. Alberto Lombardoni

"Se gli uomini faranno penitenza la guerra finirà fra due mesi, altrimenti in poco meno di due anni" (3a apparizione, 15 maggio 1944).
"Prega pure per il Santo Padre che passa momenti brutti: da tutti è maltrattato e molti attentano alla sua vita: Io lo proteggerò ed egli non uscirà dal Vaticano. La pace non tarderà, ma al mio Cuore preme quella pace mondiale nella quale tutti si amino come fratelli. Solo così il Papa avrà meno da soffrire." (10a apparizione, 28 maggio 1944).

Riferendo quelle parole della Madonna, la piccola Adelaide non poteva in quel momento sapere e intuire a quali pericoli sarebbe andata incontro.

La notizia della pace imminente, annunciata dalla Madonna, si propagò rapidamente in Italia e all'estero e portò all'umanità sofferente vicina alla disperazione, un'ondata di gioia, di fiducia, di ansia di salvezza che sembravano ormai cancellate per sempre dalla vita quotidiana. Quell'annuncio giunse persino in Germania nei campi di concentramento, ravvivando la speranza di un termine a tante terribile sofferenze.

La profezia della fine della guerra, come riferisce don Cortesi nel suo libro ("Il problema delle apparizioni di Ghiaie", pag. 27) "non fu per ovvi motivi rivelata per intero. Ha detto la Madonna che fra due mesi, un giovedì, verrà la pace, se preghiamo e facciamo penitenza. (La circostanza del giovedì fu aggiunta nella visione del 30 maggio e in seguito ripetutamente confermata da Adelaide come ricevuta dalla Madonna. Per ovvie ragioni conveniva tenerla segreta e infatti fu depositata nella Ven. Curia di Bergamo con atto notarile. Tuttavia, alle Ghiaie, era già diffusa ai primi di giugno, per indiscrezione di alcuno)".

Gli addetti ai lavori disquisirono a lungo e don Cortesi scrisse fiumi di parole sulla profezia di una Madonna che secondo lui parlava ai suoi figli "con restrizioni mentali". Persero tempo inutile a stabilire come si doveva intendere l'espressione "entro due mesi" (60 giorni? 61 giorni?... e da che giorno si dovevano conteggiare?) e la richiesta della Madonna di pregare e fare penitenza passò in secondo piano, almeno per costoro. Alla fine, l'attentato ad Hitler non fu prova sufficiente e convincente, e se da una parte don Cortesi incolpò Adelaide di avere inventato tutto, altri affermarono che era un'invenzione dei comandi alleati e della Chiesa per confondere il nemico.

INTANTO, QUALCUNO CHE FACEVA I CONTI SENZA L'OSTE, NELL'IPOTESI CHE LA GUERRA FINISSE PROPRIO ENTRO QUEI DUE MESI, AVEVA GIÀ STESO SEGRETAMENTE UN PROGRAMMA DI MASSIMA DEI FESTEGGIAMENTI (INCONTRO DI ADELAIDE CON LE AUTORITÀ, VIAGGIO A ROMA E UDIENZA DAL PAPA, ECC...).

Sta di fatto che intorno ai fatti di Bonate si era scatenata l'ostilità dei tedeschi e dei fascisti. Secondo don Luigi Cortesi, "il Comando tedesco accusava il clero di aver deviato la gioventù italiana, al punto di strumentalizzare lo stesso fatto clamoroso della presunta apparizione della Madonna alle Ghiaie di Bonate per agevolare la dissoluzione dell'esercito repubblichino".

Presso il Comando tedesco, infatti, era diffuso il sospetto che la profezia mariana riferita dalla piccola veggente fosse un'astuta invenzione del clero bergamasco: dire che fra due mesi sarebbe venuta la pace (e si sapeva bene quale sarebbe stata la parte soccombente) equivaleva ad un invito (per di più venuto dal cielo) ai giovani a disertare dalle forze armate e, per contro, a un incoraggiamento alle formazioni partigiane a resistere ancora per poco.

Vi sono molte fonti attendibili che confermano che la Madonna avrebbe predetto alla piccola Adelaide "un grande avvenimento" entro due mesi e nell'opinione generale di quel periodo di estenuanti attese e di deprimenti delusioni, questo "grande avvenimento" non avrebbe potuto che identificarsi nella fine di quella guerra sanguinosa. E un "avvenimento" ci fu proprio predetto in quel 3° giovedì di luglio, avvenimento veramente "grande" per le conseguenze che avrebbe avuto sulle sorti della guerra: l'attentato a Hitler del 20 luglio, proprio il 3° giovedì del mese. Non possiamo quindi non ammettere la realtà di quella profezia, che predisse giorno e fatto non pensabile da comune conoscenza umana e specialmente da una povera bimba di 7 anni. C'era dunque grande attesa per quel giorno e quando arrivò la notizia dell'attentato a Hitler, i tedeschi diventarono feroci.

Inoltre, vi era anche la profezia del 28 maggio 1944 che rivelava che malgrado molti attentassero alla vita del pontefice, il Papa non sarebbe uscito dal Vaticano. Sappiamo con certezza oggi che il generale delle SS Karl Friedrich Wolff di stanza a Roma, aveva ricevuto l'ordine di rapire e deportare in Germania Pio XII e la Curia Romana. L'alto ufficiale si era recato in borghese in Vaticano, la sera del 10 maggio 1944, per avvertire in gran segreto il pontefice del grave pericolo che correva, anche se lui diceva che non avrebbe in nessun caso eseguito l'ordine di Hitler. (Per molti decenni nessuno seppe di questo colloquio riservato e solo il 3 marzo 1983, il generale Wolff, che allora aveva 84 anni, intervistato alla trasmissione "Reporter" di Rai 2, rivelò quei fatti). Ora sappiamo che quella profezia si era avverata in pieno. Che ne sapeva Adelaide di Hitler e del suo diabolico progetto segreto di deportare il Papa?

È chiaro che quelle due profezie e l'attentato del 20 luglio 1944 mandarono su tutte le furie Hitler che ordinò telegraficamente al capitano nazista Fritz Langer, comandante le SS. di stanza a Bergamo, di smentire tutto quello che la veggente diceva, di rapirla e deportarla in Germania. (Il capitano Langer era tra l'altro amico di don Cortesi ed entrambi alloggiavano, in quel periodo, nel palazzo dei professori del Seminario di Bergamo.) La piccola Adelaide era quindi in pericolo e occorreva mantenere segreto il luogo della sua "segregazione".

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5 MONS BERNAREGGI SUBI FORTI PRESSIONI POLITICHE E MILITARI?

Ma anche l'allora vescovo di Bergamo, mons. Bernareggi, dovette subire certe pressioni politiche e militari perché mettesse fine a quelle apparizioni. Si ricorda, che il vescovo per "motivi di gravi preoccupazioni civili, politiche, militari", il 31 maggio 1944, telefonò a don Cortesi e alla superiora delle suore perché Adelaide riferisse alla Madonna che il vescovo le ordinava di non comparire più a Ghiaie. "Stasera, devi dire alla Madonna, che, per piacere, non venga più" disse don Cortesi alla bambina ed Adelaide comunicò l'ordine del vescovo alla Madonna che rispose: "Sì, è l'ultima sera, non verrò più".

Che cosa aveva spinto mons. Bernareggi, proprio quel 31 maggio 1944, a comandare alla Madonna di non apparire mai più? Solo la preoccupazione delle autorità politiche impensierite per la mobilitazione di tanta gente o qualcos'altro? Quali pressioni furono fatte dal Comando delle S.S. che aveva requisito una parte del palazzo dei professori del Seminario di Bergamo, e quali ordini furono impartiti da Hitler in persona? Quali sciagure che incombevano sulla città di Bergamo, dovevano essere evitate: la repressione dei nazisti, il bombardamento e la distruzione della città da parte degli alleati?

Oramai più fonti concordano nell'affermare che la piccola Adelaide corse veramente il grave pericolo di essere rapita e deportata in Germania dalle S.S.

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6 I NAZISTI TENTARONO DI PORTAR VIA ADELAIDE

Dalle testimonianze dell'architetto Giacomo Alessandro, progettista e direttore dei lavori della Cappelletta delle Apparizioni, rilasciate il 25/07/1986 e il 07/09/2002, emerge un fatto molto importante: i nazisti tentarono di potar via Adelaide, ma il Vescovo riuscì ad impedirlo promettendo che avrebbe ordinato una Commissione Ecclesiale per smentire ogni cosa.

"... Ricordo anche un fatto: un giorno, non so bene la data, ma certamente mentre la bimba era protetta, due ufficiali superiori tedeschi, con ordini superiori, capitarono con una grossa automobile, alla sede della Società Italcementi a Bergamo e prelevarono d'autorità il sig. Verri, ben sapendo che lui conosceva il posto dov'era la bimba con lo scopo evidente di prelevarla per ordini superiori. Io vidi il sig. Verri mesto fra questi due ufficiali ed impensierì anche i colleghi. Venni poi a sapere dallo stesso sig. Verri, poiché io ero il suo confidente fedele e fraterno, che lui ben sapendo dov'era la bimba, non lo comunicò ai due ufficiali nazisti affermando loro che solo mons. Vescovo lo sapeva. Fu perciò prelevato per recarsi assieme direttamente in Vescovado, col preciso ordine superiore di prelevare la bimba Adelaide. Anche qui io affermo il miracolo!
Il sig. Verri mi disse poi riservatamente che i due ufficiali chiesero esplicitamente al vescovo la bimba e mons. Vescovo, deviando il discorso, li convinse che lui non sapeva niente degli avvenimenti in corso, anzi a conferma, mostrava loro le edizioni ridotte dell'Eco di Bergamo che pubblicavano quotidianamente le proibizioni a tutto il Clero di Bergamo e provincia, pena la scomunica, di partecipare in qualsiasi modo agli avvenimenti in corso alle Ghiaie di Bonate E CHE AVREBBE ORDINATO UNA COMMISSIONE ECCLESIALE PER SMENTIRE OGNI COSA. I due ufficiali soddisfatti, si accontentarono di prelevare un pacco di giornali che il Vescovo porgeva loro, prelevandoli dalla sua scrivania, a testimonianza dei Fatti, e non si ricordarono nemmeno più della richiesta iniziale della bambina, scopo preciso della loro presenza..."

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7 COSTRINSERO LA POVERA ADELAIDE A FINGERSI MORTA

Dopo quell'episodio in Vescovado, qualcuno si premurò di avvertire prontamente le suore Orsoline che custodivano Adelaide per farla trasferire senza indugio in un altro luogo più sicuro. Senza pensare ai traumi che la bimba avrebbe potuto conseguire, le religiose inscenarono la finta morte di Adelaide per portarla via dal convento. Ecco la testimonianza di don Attilio Goggi tratta da un suo studio inedito sull'Affare Ghiaie.

"Avevo sentito dire o avevo letto da qualche parte - racconta don Attilio Goggi - che la bambina dava fastidio a Hitler appunto per la profezia dei due mesi, ma a questa notizia non avevo dato tutto il peso che meritava. Un giorno, venuto sul discorso, la signora Adelaide mi precisò che, essendo ella in convento dalle suore, queste ricevettero una soffiata che le mise in serio allarme: la bambina era ricercata per essere deportata in Germania o altrove. Decisero sul da farsi ed istruirono la bimba: doveva fingersi morta, sarebbe stata avvolta in un lenzuolo e portata al cimitero del suo paese. Fecero così e mentre la trasportavano su di un'auto, le suore, con volto commosso e da commuovere, dissero a chi guardava che purtroppo la bimba era volata in paradiso. La portarono invece in un altro loro convento ove la tennero nascosta per un buon tratto di tempo finché la minaccia parve sfumata..."

Il dott. Giorgio Gagliardi, medico specialista in materia, ha dichiarato il 04 novembre 2004 che al riguardo della messa in scena per salvare Adelaide dalla deportazione in Germania, si può senz'altro commentare che la sceneggiata del finto funerale in una ragazzina di 7/8 anni, nel 1944, ha influito come stress acuto sulla personalità di Adelaide.

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8 UNA STRANA SCARCERAZIONE

Il prof. Cazzamalli, esperto occultista, membro della Società Italiana di metapsichica, era stato arrestato a Premana (Valsassina) con sua moglie dalle SS tedesche la notte del 7 maggio 1944 per aiuto ai partigiani ed ai prigionieri alleati. Tradotto alle carceri di Bergamo e tenuto in ostaggio veniva rilasciato stranamente a fine maggio per insufficienza di prove. "La Provvidenza, che mi è stata estremamente benigna per la mia scarcerazione in quella fine mese, mi consentì l'attuazione del mio profondo desiderio di osservazione e di studio scientifico dei fatti delle Ghiaie e della protagonista" scrisse il prof Cazzamalli alla pag. 20 del suo libro "La Madonna di Bonate"
Accorse alle Ghiaie quel 31 maggio 1944, l'ultimo giorno delle apparizioni. Vi giunse in macchina verso le ore 16.
Dopo essersi recato dal parroco don Cesare Vitali per avere notizie sulla bambina e la sua famiglia, fu accompagnato sul luogo delle apparizioni da un sacerdote e da un incaricato dal parroco cosiché ebbe libero accesso al piccolo recinto e poté studiare Adelaide.

La scarcerazione del prof Cazzamalli, esperto occultista, in concomittanza con le ultime apparizioni detta gravi sospetti, visto che conosceva benissimo don Luigi Cortesi.

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9 INQUIETANTI INTERROGATIVI

Chi scarcerò il prof. Cazzamalli? Con quale motivazione? Quali compiti gli furono affidati per discreditare le apparizioni? Da chi ottenne il lascia passare per Ghiaie di Bonate? Chi lo accompagnò in macchina il 31 maggio 1944 sul luogo delle apparizioni? Quali credenziali aveva per avere libero accesso al recinto delle apparizioni? Perché, successivamente, nessuno impedì al prof. Cazzamalli di recarsi al convento di Gandino per studiare e visitare Adelaide? Quale attendibilità ha la relazione sui Fatti di Ghiaie acquisita dalla Curia di Bergamo, stesa da un medico occultista la cui opera è tuttora pubblicizzata in un sito di occultismo e stregoneria?... ed infine quali rapporti il prof. Cazzamalli e don Luigi Cortesi avevano con la Massoneria?

Quali pressioni politiche e militare furono fatte al vescovo di Bergamo mons. Bernareggi visto che, il 31 maggio 1944, giunse persino a comandare alla Madonna di non apparire più a Ghiaie?
Quali furono veramente le minacce di Hitler al Vescovo e alla città di Bergamo, visto che mons Bernareggi promise ai due alti ufficiali delle SS., giunti in Vescovado per potar via Adelaide, che "avrebbe ordinato una Commissione Ecclesiale per smentire ogni cosa"?
E allora quale ruolo ebbe effettivamente il capitano Langer nell'affare Ghiaie? Quali furono veramente i suoi rapporti con don Luigi Cortesi che abitava nello stesso palazzo in Seminario?
Quali furano i rapporti dell'ufficiale con il vescovo di Bergamo?
Perché il capitano Langer godette della protezione del Vescovo e di don Cortesi alla fine della guerra?
Perché trascorsi tanti anni, nel 1978, il capitano Langer ebbe paura e si rifiutò d'incontrare a Vienna uno studioso delle Apparizioni di Ghiaie? Quale senso dare alle parole dell'ufficiale "chiedetelo a don Cortesi. Egli sa tutto!"?

Ed infine perché mons. Carrozzi dissuase l'amico Papa Giovanni dal riaprire il caso Ghiaie perché sarebbero emersi scandali che avrebbe infangato la figura di mons. Bernareggi? Di quali scandali si tratta?

QUALCUNO PRESTO O TARDI DOVRÀ PUR DARE RISPOSTA A QUESTE INQUIETANTI DOMANDE.

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Fonti:
- "Storia dei Fatti di Ghiaie" di don Luigi Cortesi.
- "Le visioni della piccola Adelaide" di don Luigi Cortesi.
- "Il problema delle apparizioni di Ghiaie" di don Luigi Cortesi.
- "I cattolici di Bergamo nella resistenza" del senatore Giuseppe Belotti.
- "La fonte sigillata" di Domenico Argentieri.
- "Che avvenne alle Ghiaie nel 1944", di Achille Ballini.
- "Una fosca congiura contro la storia" di Achille Ballini.
- "Cronache e immagini storiche di Ponte San Pietro", ed. 1981, Circolo culturale "Il Ponte".
- "Così la Madonna ha salvato Bergamo" di R. Allegri, da "Gente"
- Manoscritti del cardinal Gustavo Testa, Biblioteca Angelo Maj di Bergamo.
- Testimonianze dell'architetto G. A. del 25/07/1986 e del 07/09/2002.
- Rivelazioni di Mons. Vittorio Bonomelli.
- Archivio e testimonianze dello studioso Luigi Stambazzi.
- Ricerche storiche di Alberto Lombardoni.
- Articoli vari di giornali e riviste.
- Archivi privati italiani ed esteri.
- Testimonianze riservate e archivi segreti.


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Allegato   Data inserimento:  31/12/2006