Bellissima e commovente testimonianza di don Martino Angelo Campagnoni (direttore a Clusone -Bg- della casa del Patronato San Vincenzo) tratta dal suo ultimo libro romanzo "Il bambino che giocava con le stelle" finito di stampare l'11 novembre 2009 presso la Tipografia dell'Isola s.n.c. di Terno d'Isola (Bg). Ringrazio don Martino per avermi dedicato una delle prime copie del suo ultimo romanzo e di avermi permesso di includere nel sito la sua preziosa testimonianza sui Fatti di Ghiaie del 1944.
Il libro è reperibile presso la libreria Rossi di Bergamo o presso la Tipografia dell'Isola di Terno l'Isola. Alberto Lombardoni
=======================================================================================
Storie e storie di "un uomo, di un prete, che passati gli ottanta, riesce a far gustare un mondo da rimpiangere senza rimpiangerlo, con la leggerezza di chi crede che tutto si risolva, alzando ogni tanto gli occhi al cielo, dove stanno «quelle stelle che, tanto tempo fa, un bambino di tre anni lanciò per gioco dalla terra al cielo»". (Tratto dalla prefazione di Piero Bonicelli)".
================
"Perché l'importante nella vita è aver visto una volta qualcosa, aver sentito una cosa tanto grande, tanto magnifica che ogni altra sia nulla al suo confronto, e se anche si dimenticasse tutto il resto, quella cosa non la si dimenticherebbe mai più."
================
II FILOSOFO E LA BAMBINA
Un tappeto di gente stava adagiato su un lembo di pianura bergamasca. I bordi frastagliati si estendevano a coprire ogni spazio disponibile, fino a confondersi con l'orizzonte. Come un fiume che esce dal suo alveo, la folla inondava e dilagava. Persino sugli alberi stavano abbarbicati degli uomini. Martino non aveva mai visto tante persone tutte insieme, e in quella ressa cercava di non perdere di vista l'amico Orfeo, con il quale aveva condiviso il viaggio in bicicletta fino a quel borgo di pochi cascinali. Con difficoltà, cercando di divincolarsi dai fili di quella trama umana, raggiunse il ciglio di un vicino dosso, dal quale si poteva scorgere chiaramente il punto dove si concentrava l'attenzione di tutti, il punto dove tutti rivolgevano lo sguardo. Da quella posizione panoramica gli fu facile rendersi conto della marea di persone che stavano riunite lì attorno, "almeno trecentomila" stimò approssimativamente Orfeo. Le nuvole capricciose che ingolfavano il cielo di quel 21 maggio del 1944 non avevano scoraggiato chi aveva deciso di intraprendere un viaggio che aveva il sapore del pellegrinaggio. Molti stavano chini a terra per raccogliere sassolini, fiori, ramoscelli. Alcuni ontani e noccioli furono completamente sfrondati e ne rimase solo il tronco nudo. La gente voleva portare a casa con sé e avere sempre vicino un frammento di quel luogo sul quale sembrava essere scesa una grazia infinita. C'erano uomini e donne, giovani e vecchi, laici ed ecclesiastici, sani e ammalati, ricchi e poveri. Il popolo di Dio non conosceva distinzioni e differenze. Erano giunti da ogni dove e con ogni mezzo, chi a piedi, chi sulle grucce, chi sui carri. Lontano si scorgevano parcheggiati pullman, camion, auto, lettighe, calessi, carretti e centinaia di moto e biciclette.
Erano circa le cinque e mezza del pomeriggio quando il cicalio stonato della folla si zittì, e la gente cominciò a scandire litanie e preghiere. Nella massa compatta di persone, Martino vide aprirsi uno stretto corridoio, creato e mantenuto da alcuni militi della Guardia Nazionale a forza di braccia e con spari in aria. In mezzo al corridoio passò una donna, tra le sue braccia una Bambina che sembrava restare indifferente a quanto c'era ed accadeva intorno a lei. Aveva sette anni, corti capelli biondi, un corpo piccino ma robusto, un viso infantile, paffuto e dolce, occhi accesi di luce, destinati ad essere custodi di un mistero. Al suo passaggio, il corridoio spariva dietro a lei, fagocitato di nuovo dalla folla, richiuso come una ferita che si rimarginava a vista d'occhio.
Intorno alla Bambina si agitavano braccia protese per sfiorarla, si alzavano voci che imploravano una grazia, una guarigione, un miracolo. Quella marea umana era lì tutta per lei, per una fanciulla che tra il tredici ed il trentun maggio 1944 ebbe tredici apparizioni della Madonna e la consegna di altrettanti messaggi incentrati prevalentemente sui valori della famiglia. La Madre di Gesù, parlando in dialetto bergamasco, le disse di raccomandare agli uomini la preghiera e la penitenza per la salvezza della famiglia e per il ritorno della pace. Il popolo di Dio attendeva da molto un segno divino che desse luce a quei tempi oscuri di guerra, da molto attendeva che la Madonna ravvivasse il fuoco della fede e della speranza, come aveva annunciato nel 1917 a Fatima durante la prima guerra mondiale. Per tutti i presenti, quel momento era giunto.
Il corridoio creato tra la folla sfociava in una piccola radura, circondata da noccioli e dal sambuco in fiore. La Bambina fu messa a terra dalle braccia della donna che l'aveva condotta fin lì e, come guidata da una volontà superiore, si mise in piedi sopra ad una pietra, con lo sguardo rivolto ad un punto fisso nel cielo. Erano le ore diciotto del 21 maggio, e si attendeva l'annunciata nona apparizione. Dopo qualche minuto la Bambina venne rapita dall'estasi, la sua mente fu sottratta agli uomini ed elevata alla visione della Madonna. Le sue labbra si muovevano come stesse dicendo qualcosa che gli altri non sentivano, gli occhi erano attenti come stesse guardando qualcuno che gli altri non vedevano. Rimase così per circa quindici minuti. Martino, che dall'alto ammirava la scena, sentì una forte emozione invadergli il cuore, si trovò avvolto da quell'atmosfera carica di vivida spiritualità.
Ad un certo punto, qualcuno tra la folla cominciò ad urlare con voce rotta dall'emozione: «Guardate il sole, guardate il sole!». Una marea di bulbi oculari roteò verso l'alto. Con stupore Martino si trovò a guardare tranquillamente la sfera di fuoco senza venirne accecato. L'astro si tinse d'argento, poi sfumò in vari colori, giallo, rosso, blu, come la tavolozza disordinata di un pittore. Infine il sole cominciò a roteare su se stesso, catturato da un vortice celeste. Sembrava liquefarsi. Una pioggia di minuscole gocce di luce si irradiò sulla terra, come gli zampilli di una girandola pirotecnica. E chi ebbe occhi per vedere vide. Non solo in quel luogo. Non solo nella vicina città, come testimonia uno scritto del Vescovo. Il fenomeno fu visto in molte parti d'Europa, apparve sull'antico continente insanguinato dalla guerra e devastato dalla barbarie delle dittature.
Al risveglio dalla sua estasi, la Bambina narrò di aver visto la Sacra Famiglia in una chiesa, con accanto quattro animali che pregavano inginocchiati: un cane, una pecora, un asino ed un cavallo. Quest'ultimo, ad un tratto, si allontanò dagli altri ed andò a calpestare un campo di gigli. San Giuseppe, allora, lasciò un attimo Gesù e Maria per ricondurre in chiesa il cavallo, che docilmente si lasciò portare e riprese a pregare con gli altri tre animali.
Durante le apparizioni, Maria rivelò alla piccola veggente che il Papa non sarebbe uscito dal Vaticano, secondo quanto previsto da un piano di Hitler, che sarebbe stato reso noto solo dopo la fine della guerra, con l'apertura degli archivi segreti. Annunciò che se gli uomini si fossero pentiti dei loro peccati, il conflitto mondiale sarebbe terminato entro due mesi, altrimenti entro poco meno di due anni. Gli uomini non fecero quanto chiesto, così fallì il tentativo di abbattere il dittatore nazista compiuto il 20 luglio del 1944 da alcuni ufficiali tedeschi, e la pace arrivò con l'aprile del 1945. Chiamandola piccola martire, informò la Bambina che avrebbe dovuto soffrire tanto, e così avvenne. Disse che un amico della fanciulla sarebbe divenuto sacerdote, e così avvenne. Durante le apparizioni ci furono numerose guarigioni, miracoli e conversioni che non vennero mai veramente analizzati da coloro che furono chiamati ad accertarne la veridicità. Un ufficiale inglese, paracadutato tra le formazioni partigiane per studiare un attacco aereo sulla vicina città, si confuse tra la folla dei fedeli, ma colpito da tanta devozione insistette per sospendere il bombardamento già programmato dal comando alleato per il mese di luglio.
Il Vescovo incaricò una commissione teologica di studiare il caso delle presunte apparizioni che, rapido come un fuoco alimentato dal forte vento, stava percorrendo la sua diocesi ed attraeva milioni di fedeli da tutta Italia. A farne parte vennero chiamati uomini illustri, stimati prelati anche delle diocesi vicine. Ma alle indagini, senza essere né incaricato né autorizzato dal Vescovo, s'interessò in particolare un giovane e zelante sacerdote, intelligente e colto, laureatosi nel 1940 in Filosofia all'Università Cattolica di Milano, discutendo con la professoressa Giuseppina Pastori la tesi: "Saggi sulla individuabilità biologica in filosofia". Da questo titolo molto significativo si intuiscono le sue simpatie per le teorie di antropologia e di biotipologìa enunciate da Nicola Pende, che nel 1943 aveva dato alle stampe "Le note per lo studio dell'individualità umana", con le quali voleva dimostrare la correlazione tra la costituzione somatica e la psicologia degli individui.
Dopo la laurea, il giovane Filosofo fu chiamato ad insegnare filosofia in seminario, dove la notizia delle apparizioni venne diffusa fin dalla prima domenica dai genitori degli allievi Gerosa Angelo, Breviario Romano e Togni Mario, compaesani della Bambina. Lunedì 15 maggio 1944, Martino vide il professore Filosofo entrare silenziosamente in classe e chiamare sottovoce il suo compagno di banco Angelo Gerosa, per chiedergli di accompagnarlo sui luoghi delle presunte apparizioni, per avere un primo contatto con l'ambiente della piccola veggente.
Il Filosofo iniziò con fermezza a cercare la verità, ma cercò la sua verità. Una verità che partiva dalla convinzione che studiando i tratti somatici e l'ambiente familiare si potessero trarre delle conclusioni sull'anima delle persone, che l'aspetto esteriore riflettesse in qualche modo la spiritualità interiore. Anche lui vide quello che avevano visto gli altri, ma i suoi studi l'avevano portato alla certezza che spesso gli occhi ingannano la mente, che la verità si cela dietro quello che vogliamo vedere. Si convinse che la Bambina e la gente che credeva alle apparizioni si trovassero prigioniere dell'ignoranza e della superstizione. Toccava a lui e agli altri illuminati dalla verità il compito di liberare l'umanità dalla schiavitù delle ombre, elevarla oltre l'inganno delle apparenze, condurla fuori dalla caverna delle illusioni ad ammirare la luce della verità. Per lui, la vicenda era nata su una bugia infantile ed era cresciuta su fenomeni allucinatori di massa. Le sue indagini si concentrarono così tutte sulla Bambina e non sui fatti che lei narrava, non riuscì a vedere in lei uno strumento della Provvidenza, non riuscì a considerare la Bambina la depositaria di un messaggio per l'umanità e non la destinataria.
Per tre anni il Filosofo tenne la Bambina isolata in vari conventi, lontana da casa, dalla famiglia e dagli affetti più cari, convinto che quell'anima fosse "terrificante, e minacciosa, terribilmente complessa, e anfrattuosa, un nido di vipere, uno scrigno chiuso, custodito da sette draghi; un'anima contorta, velenosa, chiusa, animalesca, raccapricciante, abitata da orrende creature, che rivela la Bambina come una piccola strega, capace di far tremare le vene ai polsi a chiunque". Un giudizio perentorio e spietato su una semplice Bambina di soli sette anni, su un'anima candida che non conosceva malizia o malvagità. L'infanzia della fanciulla venne rubata, la sua innocenza oppressa. Il Filosofo per molti mesi la sottopose a lunghi interrogatori, cercando di farla cadere in contraddizione, minacciandola di castighi divini e di finire tra le fiamme dell'inferno se avesse continuato a sostenere di aver visto la Madonna. La fece visitare da medici specialisti, o presunti tali, che le violarono l'intimità del corpo e della mente, ma il Filosofo tenne conto solo dei referti che avallavano la sua tesi. Così ritenne degna di considerazione la perizia eseguita sulla personalità della Bambina da un discusso professore di neuropsichiatria, uscito dal carcere di S. Agata a fine maggio 1944, presente ad una sola apparizione, ritenuto un esperto in fatto di occultismo. Il Vescovo, più saggiamente, chiese il consulto indipendente di un esimio psichiatra, uno dei più illustri dell'epoca, fondatore e rettore di un'università, il quale concluse che la Bambina "presenta i tratti personali quali socio economici e culturali tipici delle buone famiglie del contado bergamasco: una nutrizione scadente e uniforme (latte e polenta), una limitata educazione ed una scarsissima istruzione. La piccola è dotata di vivo interesse, si comporta con spontaneità, immediatezza e in lei si abbozza già una personalità di bimba caratterizzata da fermezza, aderenza e volontà di agire secondo le proprie convinzioni. La Bambina non sa costruire, per proprio conto, un mondo immaginoso e fantastico. Non si preoccupa del giudizio che fanno su di essa, non prende l'iniziativa per rendersi bella e appariscente. È ragionevole, comunicativa, facilmente chiede di essere aiutata; non si vanta, non è gelosa, ma anzi è generosa, mostra socievolezza ed un istinto gregario normale; ha profondo senso del pudore, e se anche non ha alcuna forma di gentilezza per una adeguata preparazione, attira la simpatia altrui per la grande spontaneità ed affettività che riversa su tutti indistintamente. Sincera e franca, mantiene quanto ha promesso. Non è facilmente suggestionabile. Il suo ideale, che formula solo se richiesta da qualcuno con cui è in confidenza e di cui spontaneamente non parla mai, è di farsi suora. Ama e tratta con bontà gli animali, con gentilezza le piante. Docile verso chi la sta educando, è inclinata a giudicare con bontà gli altri uomini, in lei prevale la compassione, la bontà e la misericordia. Non ammette la vendetta. È da escludere si tratti di soggetto anormale in cui la menzogna dia ragione del racconto delle visioni avute". Il Vescovo fu appagato da queste conclusioni, mentre il Filosofo ignorò questa perizia e tutte quelle che confutavano la sua tesi.
Il Filosofo per tre anni fu di fatto il custode della Bambina, e con una sottile e persistente opera di persuasione il 15 settembre 1945 riuscì a farle scrivere, palesemente sotto dettatura, un biglietto con il quale negava di aver visto la Madonna. Qualche mese dopo, nel luglio 1946, ritornata finalmente libera tra i suoi affetti, la Bambina avrà il coraggio di rinnegare quella dichiarazione, estorta con il plagio. Ma il Filosofo aveva ormai ottenuto quello che voleva.
Nel 1947, in sole cinque sedute venne celebrato davanti al Tribunale Ecclesiastico il processo alla Bambina, basato sulle conclusioni predisposte e già rese pubbliche dal Filosofo mesi prima dell'istruttoria. Una sentenza già emessa, insomma. Non si presero minimamente in esame le tante guarigioni e le grazie dispensate, come quella ad una bambina friulana di cinque anni, prigioniera di una carrozzina a causa di una lesione alla colonna vertebrale, che tornò miracolosamente a camminare. Per i giudici sarebbe stato inutile procrastinare un esito già scritto nelle carte del Filosofo: la Madonna non era apparsa. Il processo si chiuse con la formula "Consta che non...», è certo che la Madonna non è apparsa, cercando così d'archiviare per sempre il caso. Fu il Vescovo, non convinto di questo giudizio perentorio, a voler lasciare ancora una porta aperta, emanando un decreto che modificava la formula precedente con "Non consta che...", non ci sono al momento le prove, alimentando così la speranza che si possano un giorno avverare le parole della Madonna: "...Molti si convertiranno e Io sarò riconosciuta dalla Chiesa". Ogni forma di devozione alla Madonna, venerata come apparsa in quel luogo, fu vietata. Se guarigioni miracolose erano avvenute, bisognava considerarle un premio particolare all'intensa buona fede dimostrata dai pellegrini. La modesta cappella costruita sul luogo delle apparizioni venne spogliata degli arredi. Persino il quadro della Madonna, dipinto secondo le indicazioni date al pittore dalla stessa Bambina, venne chiuso in una sagrestia con il divieto assoluto di mostrarlo in pubblico.
La vicenda delle apparizioni ufficialmente si chiuse così, e a riaprire il caso non bastò la tenace devozione popolare che incessante continuò a gremire quel lembo di pianura bergamasca, e non bastò nemmeno l'interessamento di un Papa buono, che invece dell'opinione di un Filosofo avrebbe voluto scoprire le verità di una Bambina.
Don Martino Angelo Campagnoni 11 novembre 2009
|